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Il Taurasi è il vino rosso che più di tutti, forse, rappresenta la tradizione vitivinicola del meridione d’Italia. DOCG dal 1993, la prima della Campania, è prodotto in 17 comuni della provincia di Avellino. Da disciplinare l’apporto di Aglianico è dell’85% minimo, ma nella stragrande maggioranza dei casi è realizzato in purezza. Affinamento minimo di tre anni, di cui uno in botte, per la versione annata, mentre per la Riserva si arriva a quattro anni con 18 mesi in legno.
Di probabile origine greca, tannico e dalla spiccata acidità, a maturazione tardiva, esaltata in questo angolo di Sud che ha un andamento tipicamente appenninico e quindi fresco e asciutto, con inverni rigidi ed estati raramente torride, l’Aglianico è allevato tradizionalmente con il sistema della “starseta taurasina”, ma negli anni sono stati sperimentati metodi più moderni come il cordone speronato e il guyot. Non mancano esemplari di piante a piede franco, prefillosseriche.
Come è noto, la stragrande maggioranza dei vignaioli presenti oggi sul mercato conferivano le uve alle poche grandi aziende della zona, in primis la Mastroberardino, cui va gran parte del merito per la sopravvivenza e l’attuale successo e notorietà del Taurasi.
L’ultima edizione di “Life of Wine” ha permesso agli avventori del Radisson Blu hotel di approfondire in particolare la zona più alta (siamo tra i 600 e i 700 metri s.l.m.) e più a sud della denominazione, l’areale di Castelfranci, scoprendo così vini con un’anima più severa e austera di quanto ci si aspetterebbe. Basti pensare che spesso in zona si vendemmia a inizio novembre, dopo l’arrivo della prima neve…
Due le aziende in gioco, con due mini-verticali di tre annate. Eccole.
PERILLO
Nel 1999 Michele Perillo decide di imbottigliare il suo Taurasi, dismettendo i panni da operaio e scegliendo di vestire quelli del vigneron. Su cinque ettari tra Contrada Baiano e Contrada Valle, a 600 metri di altitudine, si coltivano le varietà più tradizionali, Coda di Volpe per il bianco e per i rossi Aglianico (del tipo “coda di cavallo”), di cui dispone di un altro ettaro a Montemarano. La maggior parte delle viti sono centenarie e pre-fillossera, piantate su un suolo tufaceo-sabbioso con presenza di calcare e fossili marini. La resa per ettaro è intorno ai 30 quintali per ettaro, la fermentazione coi lieviti indigeni avviene in acciaio e legno, poi il vino matura per diversi anni (almeno otto ma anche più, dipende dall’annata) prima in botti di varia capacità per 24 mesi poi in vetro, con tempi prolungati per la Riserva. In tutto si producono circa 20 mila bottiglie di Taurasi all’anno, vendute per oltre due terzi all’estero. La consulenza enologica è affidata a Carmine Valentino, coadiuvato da qualche tempo dal figlio di Michele, Felice.
Taurasi Riserva Docg 2004. Naso sulle prime ritroso, lievemente minerale, poi emerge un profilo balsamico (liquirizia), con terriccio del sottobosco, cuoio, tabacco, prugna, bucce candite di agrumi. Beva magnifica, sanguigna e saporita, ancora giovane e vibrante, di implacabile progressione e profondità: un grande Aglianico di montagna.
Taurasi Riserva Docg 2008. Più velato all’olfatto, caffè tostato, spezie, carne affumicata, cenere, radici, resina; sorso energico, frutto più dolce e maturo, ciliegia e liquirizia in primo piano, tannini vividi e tenaci, ancora da sciogliere, in linea con la tipologia; finale di buona articolazione e sviluppo, con una gentile scia di sale.
Taurasi Docg 2009. Dai profumi intensi ed eccitanti, con bacche (amarene e mirtilli), fiori rossi, cacao, macchia, pepe, roccia bagnata e grafite; bocca armoniosa, tannino già integrato, un Aglianico raffinato ed esplosivo, solido e scalpitante, dalla lunga persistenza agrumata: in una parola, buonissimo.
COLLI DI CASTELFRANCI
Azienda nata nel 2002, fondata da Gerardo Colucci e Luciano Gregorio e oggi guidata in cantina dal giovane figlio di Gerardo, Sabino, enologo e reduce da un’importante esperienza a Bordeaux. Dispone di 25 ettari su terreni argillosi e vulcanici per una produzione totale di circa 150 mila pezzi, divisa in ben 14 etichette. Siamo molto in alto, a 700 metri, e gli impianti, prevalentemente dedicati a Fiano, Greco e Aglianico, godono di un microclima favorevole (soprattutto nelle ultime caldissime estati). Per quanto riguarda il Taurasi annata, qui presente in tre diverse edizioni, è frutto di rese da 50 quintali per ettaro, fermentazione con lieviti selezionati (dal 2016, per scelta di Sabino, è svolta in legno), due anni in botte grande e almeno uno in vetro prima della commercializzazione.
Taurasi Docg Alta Valle 2007. Naso caldo e minerale, con prugna, liquirizia, frutti di bosco (more) e tabacco; bocca freschissima, reattiva, tannini sapidi e di ottima evoluzione, chiusura lunga, succosa e articolata.
Taurasi Docg Alta Valle 2011. Profumi di frutta rossa matura, porcini, sottobosco, menta, mirto, spezie orientali; palato più caldo e meno verticale del precedente, strutturato, conserva la tipica intensità tannica del vitigno. Sembra un vino già all’apice.
Taurasi Docg Alta Valle 2012. Naso tostato e scuro, di impronta vulcanica, camino spento, cannella, caffè, macchia mediterranea; sorso potente e masticabile, tannini abbondanti ma ben calibrati, bel finale di arancia che regala slancio.
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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