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“SARDEGNA ON MY MIND” – VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI PRODUTTORI DI MAMOIADA – PRIMA PARTE: ASSOCIAZIONE VIGNAIOLI IN MAMOIADA

Comincia da qui il nostro viaggio in una terra meravigliosa ed ospitale come la Sardegna. Isola a tratti ancora aspra distesa tra macchia mediterranea, alture difficili da raggiungere, tradizioni secolari e carattere sanguigno dei suoi abitanti. Un territorio che sa offrire complessivamente non soltanto turismo balneare con spiagge da togliere il fiato, ma tanta cultura, buon cibo e vini di classe e longevità. Manca la piena consapevolezza di ciò che si può raggiungere a livello dell’enogastronomia mondiale. La nefasta influenza, forse, di una “continuità territoriale” mai realizzata nei fatti, che costringe ad estenuanti attese e costi chi voglia impiantare un commercio vantaggioso, sicuro e rapido. Problemi atavici con i quali il sardo si confronta quotidianamente, sintomo delle differenze mai sanate dall’unità d’Italia.

Uno scorcio di Mamoiada dall’alto

In tale composto baillame spuntano terroir di bellezza indescrivibile come Mamoiada, piccolo comune a poca distanza da Nuoro, nato su terreni agricoli sabbiosi dal disfacimento del granito frammisto a feldspati. Il colore è quello del tramonto che purtroppo non abbiamo potuto ammirare complice un clima di pioggia quasi invernale ed un vento teso di maestrale, anch’esso anima vera di Sardegna.

Le viti, principalmente vecchi cloni di Cannonau ad alberello, talora con supporto di sostegno, crescono superando anche queste inclemenze, in totale armonia con la natura circostante. Ne conseguono vini dalla grande vena acida, con progressioni evolutive che durano lustri e mineralità disarmanti. Altro che le vecchie filosofie di opulenza. Discorso a parte per i tannini, davvero energici, agrumati e potenti che non disdegnano invece lunghi affinamenti.

Ad accoglierci, in questa prima parte del viaggio è Michele Mureddu, promotore enoturistico, e l’Associazione Vignaioli in Mamoiada al suo completo, costituita nel 2021, una delle due associazioni presenti in loco che dimostra la grande vitalità dell’intero comparto vitivinicolo. Racconteremo i nostri assaggi (e le nostre impressioni) sui produttori presenti, sperando di trasmettere al lettore una parte delle emozioni provate.

Cominciamo da Luca Gungui – Cantina Gungui: di lui avevamo già parlato come figura emergente del panorama nell’articolo Il ricambio generazionale nel mondo del vino sardo parte da Mamoiada: l’esempio di Luca Gungui. Uomo di poche parole, ma di grande cuore, propone tra le sue etichette il Berteru “En rose” 2021 Cannonau di Sardegna rosato che nobilita la categoria. Un tempo veniva prodotto per salasso e posto in damigiana, con la parte antocianica che decadeva in fretta lasciandolo di color giallo ocra. Per tale ragione era definito “vino bianco”.

Il residuo zuccherino lo rendeva dolciastro, adatto soltanto a feste di famiglia. Adesso Luca e tanti come lui lo producono con la stoffa di un campione, seguendo le moderne tecnologie di estrazione del mosto fiore senza contatto con le bucce. I vigneti arrivano ad oltre 700 metri di altezza, apportando sensazioni di erbe aromatiche, di mirto ed agrumi rossi. Chiude salmastro al palato. Appena 1273 bottiglie da degustare “a medas annos” ovvero come buon augurio per il futuro.

Marco Canneddu – Cantina Canneddu: una famiglia con la F maiuscola. Due giovani genitori e due volenterosi e dinamici figli. Tutti e quattro insieme hanno dato vita nel 2015 ad un’azienda vitivinicola che li vede  affiancati e coordinati in tutte le attività. Il loro Zibbo 2020 Cannonau di Sardegna merita un circoletto rosso sull’agenda, alla maniera del giornalista Rino Tommasi. Ma non è di questo che vogliamo parlare, quanto piuttosto dell’ottimo lavoro svolto sulla Granazza (o Granatza), varietà a bacca bianca dall’ampio tenore fruttato con chiari ricordi terragni.

Il Delissia 2021 contiene nel nome tutta la piacevolezza del sorso: nuance dorate,  parte olfattiva calda e sorso finale salino. Appena 1,5 ettari dedicati sui complessivi 7 aziendali ed eleganza unica nel suo genere. Spezie bianche, sbuffi di nespola e tamarindo con mordenze persino tanniche.

Dario Gungui – Pub Agricolo: il gigante buono ti ascolta con la voglia di apprendere e capire le tue sensazioni come fa un bravo alunno a scuola. Ama anzitutto la convivialità, da poter condividere nel progetto di bar-ristorazione durante alcune feste come il carnevale, Sant’Antonio e Sas Tappas. Un evento nell’evento e l’occasione per servire i loro prodotti e divertirsi insieme. Non solo: per Dario, suo fratello e gli altri soci fare vino significa poterlo vendere ad un prezzo accessibile a chiunque, pur offrendo una qualità che meriterebbe qualche piccolo ritocco al rialzo.

Caratteristiche le etichette sia del Barallibus Cannonau di Sardegna (servirebbe un articolo a parte per descriverne la storia), sia del Cannonau di Sardegna 2019, ogni anno edizione dedicata ad un particolare evento..e naturalmente come dimenticare quello della pandemia da Covid! Bel sorso, succoso, gradevole; 15 giorni di macerazione sulle bucce in contenitori di acciaio. Frutta rossa di bosco, pot-pourri di fiori rossi e baccello di liquirizia. Tannino setoso che avvolge e non sconvolge.

Pasquale Bonamici: dispiace non averlo potuto conoscere di persona, essendo impegnato nel lavoro di potatura tra i campi. Peccato davvero, perché il campione di botte che ci ha lasciato ha stupito tutti, vigneron inclusi, per la stoffa da grande artista. Lui stesso ama definirsi “vignaiolo ermetico, talvolta dispotico e con la giusta compagnia persino eclettico.” I terreni che coltiva giacciono a 750 metri di altezza, nella zona denominata Sa Oprecada, ovvero “il cappello” per la particolare forma della collina.

Il De Vidda Cannonau di Sardegna 2021 è un tripudio di macchia mediterranea ed amarene succulenti. Il segno dell’esistenza del divino nel regalare con il giusto clima, altitudini e terreni simili gioielli. Riverbera lucente in un finale empireumatico e speziato. Ed è solo un en-primeur.

Toto Mele e Fabiana Gungui – Cantina Muzanu: nella vita marito e moglie. Nell’attività imprenditoriale produttori in quel lembo che a Mamoiada chiamano Sa Lahana, la “cresta di confine” che li separa dal territorio di Orgosolo. Stanno avviando anche una attività parallela di degustazioni ed accoglienza, qualità sempre presente nella gente di questi luoghi. I terreni più poveri costringono la vite ad un duro lavoro, producendo grappoli di minor dimensione e maggior concentrazione. Se ne ricavano vini dalla forte trama tannica, ravvisabile già dai colori scuri impenetrabili.

Il Muzanu Terras de Mamujada 2019 Isola dei Nuraghi IGT scalpita per vibrazioni di erbe officinali e ribes neri croccanti e per tannini saporiti e nervosi che richiedono attesa nella loro integrazione. Un giovincello  che ha ancora tempo davanti a sé.

 

Giampietro Puggioni – Cantina Giampietro Puggioni: Acquisisce nel 2005 l’ex cantina sociale con la torre vinaria, brevettata da un enologo pavese, Emilio Sernagiotto, replicata in varie parti d’Italia e all’estero. La costruzione è idonea a concentrare le utenze e razionalizzare il lavoro in una struttura composta da quattro piani di vasche più il piano terrazzo ed il piano interrato. Una passione che procede in Giampietro da tre generazioni con vini di buona qualità a prezzi assolutamente competitivi.

Il Mamuthone 2021 Cannonau di Sardegna rappresenta il modo migliore per un neofita di avvicinarsi al nobile vitigno autoctono sardo. Non gli manca nulla, né il classico corredo di mirto e rosmarino, né il tannino incisivo al gusto da amarena matura. Prezzo medio tra i  7 ed i 9 euro a scaffale.

Giovanni Montisci – Cantina Giovanni Montisci: che dire di questo autentico vulcano di natura, istrionico, irrefrenabile ed a tratti impulsivo vigneron. Proviene da tutt’altro mestiere, ma come ogni buon sardo che si rispetti coltivava da sempre il proprio pezzetto di vigna, in una sorta di competizione tra le diverse famiglie del paese. Quanti prodotti magnifici ancora nascosti tra le mura di casa ci stanno aspettando! Ottimo il suo Barrosu 2020 Cannonau di Sardegna, puro succo di mirto e promettente nell’assaggio di botte anche della generosa 2021.

Ma ciò che ha colpito la nostra immaginazione è la pazza idea di creare un Nebbiolo di razza in terra ove il sole picchia ed il vento non smette mai di pulsare. Il Barrolu 2019 è l’ultimo nato di casa, ricco di frutta scura matura, pepe nero in polvere e balsamicità finali. Un’ennesima novità che sa spiazzare e dividere chi la assaggia, ma che non manca di eleganza e stile.

Complimenti a tutti, in attesa della seconda ed ultima parte del nostro racconto.

 

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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