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“SARDEGNA ON MY MIND” – MANDROLISAI DOC IN DUE TAPPE: CANTINA FRADILES

Abbiamo esaltato, nei vari assaggi finora proposti, la peculiarità dell’uva Cannonau con il suo carattere mediterraneo. Esiste però, nel centro della Sardegna, un piccolo areale compreso tra 7 Comuni (6 in provincia di Nuoro e solo Samugheo in provincia di Oristano), che dà luogo ad una denominazione dove “il re” deve cedere il passo ad un nobile principe più delicato e gentile, con richiami floreali, speziati e di frutta succosa. La Doc Mandrolisai è il regno del Bovale Sardo o Muristellu, autoctono, territoriale e per nulla imparentato con l’omonima varietà spagnola.

Circa 1.200 ettari vitati, per meno di 15 cantine imbottigliatrici, sono numeri esigui nell’ambito delle denominazioni di origine. Il Bovale Sardo (Muristellu) rappresenta il 25% della produzione totale, pur ricoprendo un ruolo da assoluto protagonista nell’ambito del disciplinare di produzione, che fissa la soglia minima al 35% per ottenere la certificazione DOC del vino. Compagni di viaggio l’inossidabile Cannonau ed il Monica, altra rarità locale. Infine qualche produttore coltiva una varietà chiamata in gergo Uva di Sant’Antioco, per parentela (probabilmente addirittura stesso DNA) con il Carignano.

Paolo Savoldo

Le differenze tra le zone a vocazione enologica sono minime seppur sostanziali. Si passa dai terreni del disfacimento granitico di Atzara, a quelli scistosi e su maggiori pendenze in località Meana Sardo, fino ai declivi inferiori e più caldi di Ortueri e Sorgono. Paolo Savoldo – Cantina Fradiles – rappresenta una delle anime autentiche del Mandrolisai. Gestisce con il cugino Antonio i circa 10 ettari di vigneti ad Atzara, a quote altimetriche che variano tra i 500 ed i 700 metri. Detta così sembrerebbe una storia come tante, se non fosse per il panorama da togliere il fiato: alcune piante madri superano abbondantemente i 100 anni di età, pur dimostrandosi delle tenere fanciulle molto lontane dal pensionamento. La difficoltà nel coltivare e nel mantenere intatto uno dei giardini ad alberello più belli del mondo sta nel dover addomesticare le sue “viti selvagge” per rendere agevole e produttivo il lavoro nei campi, soprattutto in fase di vendemmia.

Antiche tecniche di impianto delle barbatelle di Cannonau

Il miracolo continua nel bicchiere, con vini di rara eleganza, nonostante alcune aziende vivano ancora nell’ottica di un quadro familiare ed artigianale con tecnologie e spazi non sempre ammodernati. Poesia del vino che sostanzialmente si crea in vigna (e meno in cantina), tra rese bassissime e controllo delle maturazioni. Fradiles ha ingranato una ulteriore marcia, grazie ai proficui scambi commerciali con l’estero ed al continuo confronto con professionisti del settore. Lo vedremo meglio, però, nell’interessante analisi degli assaggi di giornata.

Funtanafrisca 2021: il bianco che mancava all’azienda per completare la gamma dei prodotti. Blend di Nuragus e Vernaccia quasi in parti uguali, parte su note tropicali e melliflue per chiudere sulle classiche erbe aromatiche tipiche dei varietali di provenienza. Bocca su riverberi melliflui, più potente che agile.

Discorso a parte per il Durusia 2021, con buone sensazioni di frutta di bosco, fiori bianchi ed un allungo minerale inebriante. La conferma, qualora ce ne fosse bisogno, dell’ottimo livello raggiunto dai rosati sardi.

Fradiles 2020: benvenuti dunque nella Doc Mandrolisai..dalla porta principale! Affina in botti grandi da 75 ettolitri esauste. Uve provenienti dalle vigne più giovani; vino che declina interamente verso macchia mediterranea, liquirizia e creme de cassis. Pulito, delicato e convincente.

Memorias 2019 “Creccherie”: il CRU di casa Savoldo. Letteralmente vuol dire campo di querce di cui l’areale è fittamente provvisto. Bevibilità smisurata, mantiene una finezza tale da renderlo appetibile da subito e serbevole a lungo. Agrumi rossi e ciliegie mature a profusione senza alcuna sbavatura: memorabile in ogni senso.

“Bagadiu” 2020 Bovale Igt Isola dei Nuraghi: in purezza, questo “scapolo” (il significato del suo nome) è pronto per sposarsi alla cucina tipica isolana, tra pecore, porcetto e cacciagione saporita. Tratti genetici simili alle viti selvatiche, rinvenuti nei vinaccioli presenti in anfore di epoca nuragica. Un Muristellu che danza tra ribes rossi, chiodi di garofano ed essenze balsamiche non scalfite dal lieve passaggio in legno.

Istentu in due versioni: IGT Isola dei Nuraghi 2019 e Doc Mandrolisai 2016. La prima è Bovale Sardo 100% che sosta in legni piccoli usati. Densità, spezie dolci, ma anche visciole mature e more selvatiche. Tannini sempre gustosi e non invadenti. La 2016 fa fede al suo epiteto: quello di attendere, trattenersi. Il top di giornata, tra amarene sotto spirito, tabacco scuro e pepe nero in grani. Qui si ritrova la salinità finale tipica di queste terre, all’apparenza aspre ed incontaminate eppure così genuine ed autentiche.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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