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NAPOLI – PALAZZO PETRUCCI: CUCINA D’ALTA CLASSE MA RIVEDIBILI LA CARTA DEI VINI E LE MODALITÀ DEL SERVIZIO

Raramente mi è capitato di trovare in un ristorante stellato tante contraddizioni. Sarà l’aria di Napoli, che tra tutte le metropoli italiane è quella che meglio incarna questo spirito, con le sue zone chic in stile liberty addossate ai “Quartieri”, emblema delle difficoltà partenopee.


Arrivando a Palazzo Petrucci non puoi restare indifferente alla vista superba del golfo di Mergellina, che si spinge seguendo il lungomare Caracciolo fino a Castel dell’Ovo. In lontananza troneggia o’Vesuvio ad eterno monito di quanto siamo caduchi di fronte alle forze della natura.


Diciamo che questo varrebbe già il prezzo del biglietto.

ma noi semplici narratori enogastronomici non possiamo accontentarci della facciata. Dobbiamo sempre scavare in profondità per capire il lavoro insito in un progetto imprenditoriale di questa portata.
E qui inizia la prima delle contraddizioni, ovvero il Menu proposto dallo Chef Lino Scarallo.

Una carta sicuramente dinamica ed interessante, non proporzionata ai prezzi salati di una stella (soltanto), che inevitabilmente finisce per dirottarti sulle più accattivanti offerte Degustazioni. Tre formule per ogni tasca, partendo da 90 euro con 5 piatti, oltre un pre-dessert ed un dessert. Decisamente competitivi rispetto alla location ed alla concorrenza.
La qualità degli ingredienti utilizzati, l’abile mano di Lino e del suo staff, suscitano emozioni semplici, non sofisticate. Per intenderci non sono quelle creazioni che non riesci a pronunciare neanche con un corso avanzato di dizione. Pochi elementi perfettamente amalgamati, degli autentici piccoli capolavori culinari. Ho potuto assaggiare nell’ordine:


L’entrèe: rolls di pasta fillo con cicoli, ricotta e polvere di pomodori.

 

Pralina fritta con provolone del monaco e ciliegia salata.

Patata soffiata ripiena di maionese alle patate crispi, pepe nero, lime e caviale

Bruschetta pan brioche con burro e acciughe.
Ammetto che il secondo e l’ultimo, grazie alla passione per le tapas, erano letteralmente strepitosi (le foto non rendono giustizia).

Passiamo alla lasagnetta di mozzarella di bufala dell’alto casertano, salsa fiori di zucca e germogli di alfalfa con gamberi di Mazara del Vallo. Due simboli del Mediterraneo in un connubio solo all’apparenza incestuoso. La delicatezza è il loro fil rouge.

Il tagliolino di calamaro con vongole veraci cotto a bassa temperatura per me è stato il miglior assaggio di giornata (ed uno dei migliori della mia vita). Una idea originale, da tutelare come patrimonio della nostra cucina made in Italy.

L’insalata di patate con erba portulaca, cipollotto rosso e dressing di acciughe, menta e lime non aveva lo stesso passo. La cottura della patata, portata quasi all’estremo della durezza per esaltare invece la croccantezza della misticanza, non è una scelta che condivido.


Seguitiamo con candela spezzata, mantecata con vitello e maionese d’ostrica. Alla vista sembrerebbe una rivisitazione della “genovese”, piatto storico locale. Lo sprint dato dall’acqua di mare in contrasto con la tendenza dolce del vitello è davvero interessante e ben riuscito.

Rana pescatrice, insalatina riccia, latte cotto di bufala, salsa di ‘nduja e maionese di olive nere. In attesa del dolce finale mi delizio con un piatto eccellente per gusto e inventiva. Il pesce va necessariamente provato con entrambe le salse abbinate, per avere contezza del quadro finale.


Un “chupa chups” ripieno di maracuja mi prepara al dessert fatto da pasta frolla, yogurt magro e gelato alla menta, anche questo nell’efficace stile minimalista dello Chef Scarallo.
Veniamo adesso alle note dolenti, da cui il titolo del presente articolo. Un intero discorso andrebbe fatto sulla carta dei vini. Una contraddizione all’interno delle contraddizioni. Etichette italiane piuttosto commerciali, alcune rinvenibili anche nella grande distribuzione (non te lo aspetteresti mai in un luogo simile) e con ricarichi molto alti.

La parte francese riserva invece qualche chicca con prezzi davvero convenienti. Un mistero.
Il servizio.. Per quanto i ragazzi ed il Direttore di sala profondano un immenso impegno nel farti sentire attenzionato, complessivamente ci sono molte pecche. La scelta di non utilizzare nessun tipo di runner o tovaglia prevederebbe quanto meno la completa pulizia del tavolo prima del cambio posate. Nel proporre il brindisi di benvenuto bisognerebbe specificare ai commensali che quel brindisi ha un prezzo di 18 euro a calice. Andare in un ristorante stellato non significa non dare un peso al denaro, in sfregio alla povertà; queste mode effimere lasciamoli ai parvenu festaioli fissati col sabrage con le carte di credito (o altri utensili simili).
Peccato perdersi in cose facilmente correggibili, penalizzando una cucina di alta classe.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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