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MARCHE – L’AZIENDA AGRICOLA DI EMANUELE DIANETTI E LA MAGIA DEI VINI DEL PICENO

“Sim sala bim” pronunciava il grande Silvan prima di qualsiasi trucco magico. Perché di magia propriamente dobbiamo parlare quando si visitano territori meravigliosi come le Marche ed in particolare la provincia di Ascoli Piceno, già famosa per aver ospitato l’evento Grenaches du Monde 2021 (vedi articolo Grenaches du Monde 2021 – I vini italiani premiati ed i restanti risultati)

Invece del “senza mani” vale la pena, per un istante, seguire piuttosto il “senza agenda”, lasciando parlare le emozioni provate nel vedere colline prospicienti il mare curate in ogni minimo particolare. Dai campi di girasole ai vigneti estesi a perdita d’occhio, irti su crinali dolci e luminosi, la strada si immerge in un caleidoscopio infinito di colori e profumi.

In tale anfiteatro di bellezza nasce l’azienda di Emanuele Dianetti e di mamma Giuliana. A dirla tutta, le vere origini si hanno prima con il nonno e, successivamente, con Luciano, padre di Emanuele, scomparso troppo prematuramente.

La terra qui si coltiva da sempre: da semplici mezzadri i Dianetti si affrancano dal legame con i padroni, rilevando un piccolo appezzamento ignorato dagli altri ed utilizzato come stabbio. La lungimiranza sta proprio nell’aver notato la fertilità di questi pascoli, dove le piante crescevano rigogliose e dai frutti belli e succosi.

Era l’epoca del maggese, pratica agronomica ormai scomparsa e di un panorama che alternava campi di seminativo a vigne destinate prettamente a soddisfare il consumo familiare. Perché, dunque, non cercare di ottenere anche qualità oltre alla quantità? Detto fatto vennero impiantati circa 5 ettari tra Passerina, Pecorino, Montepulciano e Grenache, varietà localmente chiamata Bordò.

E, già che ci siamo, perché non creare 6 etichette ciascuna con la propria anima, a mo’ di piccoli capolavori artigianali?  Vini che lasciano il segno, come lo hanno lasciato nella degustazione dei Pecorino piceni raccontata di recente dalla squadra di Vinodabere Non solo “Grenaches du Monde” ad Ascoli Piceno: le nostre impressioni sulla degustazione dei Pecorino

Prodotti in tiratura limitata che entrano dalla porta principale nel cuore di chi li assaggia, raccontando un territorio ed una storia, come il “Luciano – Campo Vallerosa” Offida Pecorino 2018 concepito già nella annata 2017 troppo torrida per dare sufficienti quantitativi di uve. Cosa che, per fortuna, non è accaduta nella 2018 semplicemente perfetta nelle sue fragranze delicate. Fermenta direttamente in legno, con sperimentazioni su diverse dimensioni alla ricerca del giusto equilibrio gustativo. In bocca non resta nessuna sensazione spigolosa del contenitore, anzi: viene amplificato l’elegante corredo di fiori gialli, miele, spezie bianche e frutta sciropposa.

Emanuele la intende come una sorta di selezione dei migliori grappoli provenienti dalle vecchie viti, impiantate oltre venti anni fa.

“Vignagiulia” Offida Pecorino 2017

Raccoglie le uve che non sono state utilizzate per la Riserva, oltre a quelle provenienti dai filari più giovani. Ne consegue un vino a dir poco onirico, che parte timido all’olfatto per aprirsi in un crescendo di mimose fresche, vento di mare, fiori di magnolia e gelsomini e l’immancabile nota di cedro maturo. Il sorso è ricco, appagante, giocato maggiormente su ampiezza con una scia sapida lunghissima ed un ricordo fumoso di cenere da camino.

“Michelangelo” Igt Marche Rosso 2016

L’emblema degli sforzi compiuti dai vignerons piceni e dell’ormai consapevolezza acquisita nei confronti della Grenache. Ad assaggiarla nella versione 2016 sembra sia stato un gioco da ragazzi, eppure i sacrifici e lo studio a monte è stato davvero imponente.

Dalle marze innestate su vecchi tralci a tecniche di potatura da veri cerusici, come ci racconta la signora Giuliana che si occupa della gestione in vigna. I grappoli devono respirare, temendo muffe e marciumi vari, senza però ustionarsi ed i cambiamenti umorali climatici non agevolano certo il lavoro.

Una piccola mano, quasi assente in questa pazza estate, la dà il vento del mare che in zona soffia teso e fresco garantendo buone escursioni termiche tra il giorno e la notte.

L’intervento in cantina deve essere il minore possibile e richiede, sostanzialmente, pulizia estrema e scelta dei legni adatti per l’affinamento: vengono utilizzati in parte quelli provenienti dalla fermentazione del Luciano, delicati e non invadenti al bouquet. Il vino derivante commuove e diverte al contempo, su sensazioni di viole appassite e frutta di bosco gelatinosa, chiudendo tra pepe nero, iodio e macchia mediterranea. Un sussurro saporito che non stanca mai.

 

Nel “laboratorio”, così come viene chiamato da Emanuele, abbiamo anche degustato direttamente dalla botte un campione del suo Sangiovese 2019, da cui nascerà probabilmente una etichetta celebrativa aziendale, semplicemente immenso per acidità e trama antocianica. Saranno solo 150 bottiglie che, speriamo con trepidazione, possano vedere la luce.

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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