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I TANTI VOLTI DI FOOD & WINE IN PROGRESS 2019

Ottima presenza di pubblico nell’evento organizzato alla Stazione Leopolda di Firenze il 30 novembre e 1 dicembre.

Food & Wine in Progress compie giusto un lustro da quella prima edizione sperimentale, dove tutto sembrava difficile (se non impossibile). Invece le aspettative di produttori, chef, imprese a km zero (ribadiamo l’importanza di una filiera corta in un mondo troppo globalizzato) e organizzatori è stata ampiamente ripagata.
Chi leggerà le mie note di autore troverà che, prima di dilettarmi umilmente nella scrittura (sperando di non creare troppo tedio), ero e resto un sommelier-degustatore nato nelle file dell’Associazione Italiana Sommelier.

La riconoscenza non prevede il dono dell’imparzialità ovviamente; ciò nonostante un plauso obiettivo va fatto ai numerosi amici e colleghi in divisa che hanno accompagnato le nostre “fatiche degustative”.
Preambolo dovuto.. passiamo ora al sodo. Il piatto (anzi il “desco” trovandoci in territorio toscano) è veramente ricco.

Si parte da alcune curiosità, ben rappresentate da due aziende del cuore, come PODERE PELLICCIANO – AGRISOLE e FATTORIA AMBRA
La prima proveniente da San Miniato e curata enologicamente dal grande Emiliano Falsini, presenta un prodotto innovativo per il panorama regionale: un Trebbiano 2017 in purezza da 60 giorni di appassimento in fruttaio e 100 giorni di macerazione sulle bucce.

Lo vuoi classificare e non ci riesci. Sembra Orange, ma non ha quei classici sentori ossidativi che rendono grandissimi alcuni vini sopratutto al confine tra Friuli e Slovenia. Quindi non resta che dare una valutazione sommaria, fatta di salinità imperante, di fiori secchi, frutta bianca concassè, cannella e nepitella.

La carrellata prosegue nei monovitigni con la Malvasia Nera 2016 parente prossimo del Tempranillo che in zona sa esprimersi su eleganze e freschezze uniche. La vaniglia del legno presto sarà sostituita (ci auguriamo) da sensazioni più cupe e compatte date dal cemento.

Un Sangiovese da vigne di 60 anni molto tufaceo ed un Colorino sempre 2016 dal tannino soft ma di bella fattura.
Fattoria Ambra del bravo Giuseppe Rigoli rappresenta la Carmignano bene, fatta di finezza espressiva, di potenza e di brio.

Quello di un Santa Cristina in Pilli 2016 da brividi e della Riserva “Elzana” 2016 in perfetto equilibrio tra macchia mediterranea e pepe nero.

Il vino dei Medici troppo spesso snobbato sulle tavole che contano andrebbe invece rimesso sul trono che merita grazie a simili produttori. In fin dei conti qui si parla di vino ancora dall’ 800 dopo Cristo.

Più in sordina l’altro CRU il “Montalbiolo” 2016 lievemente corto nel finale, dovuto a terreni ed esposizioni profondamente differenti.

Antonio Arrighi

Dal cuore passiamo agli altri assaggi importanti di giornata, partendo dal progetto Nesos di Antonio Arrighi direttamente dall’Elba, nato nel 2018 a seguito di un rapporto del prof. Scienza sull’isola di Kios ed i suoi vini antichissimi reputati eccellenti dagli antichi greci.

Grappoli di Sideritis e Rhoditis (probabili progenitori dell’Ansonica) venivano posti in mare ottenendo in parte eliminazione della pruina ed ingresso per osmosi delle parti salini con concentrazione di fenoli e zero solforosa residua.
Dal mare alla pianura o meglio alla collina toscana di Suvereto e della Rufina con Casadei e Castello del Trebbio facente parti di un’unica proprietà.

Della prima non possiamo dimenticare il meraviglioso Filare 18, un Cabernet Franc 100% fermentato parte in anfora e parte in barrique “T5” provenienti dal Medoc con tostature morbide che evidenziano una delicata frutta rossa croccante corredata da pepe nero e pot-pourri di violette.

Del secondo rammentiamo il Lastricato 2015, Sangiovese single vineyard di un unico appezzamento da 2 ettari, coltivato ancora a doppio capovolto.

Interessante resta infine il Syrah 2017 di Suvereto fermentato con parte dei raspi in anfore georgiane.Sottobosco e balsamicità sono il suo biglietto da visita.
Restiamo vicini, precisamente a Castagneto Carducci della DOC Bolgheri per assaggiare i prodotti di Campo al Signore, azienda innovativa Luca Parenti e Valentina Sicca che grazie alle cure di Alessio Bandinelli realizzano vini pieni di freschezza e mineralità.

Degno di nota il rosato da vinificazione in bianco Sangiovese (40%) e salasso invece per il Merlot (60%) di carattere e pieno di quei richiami di bosco che allietano i sensi. Troppo giovani per essere degnamente valutati i rossi, attendiamo ulteriore evoluzione in bottiglia per esprimerci al meglio.
Alle due espressioni maremmane come Montauto e Morisfarms dedicheremo apposito articolo nella consueta rubrica “Un viaggio in Maremma“, così come necessita più spazio la splendida verticale di White Label e Black Label de I Balzini insieme a Diana D’Isanto erede aziendale.
Chiudiamo le nostre esperienze enoiche narrando di un territorio spesso dimenticato (non dagli esperti di settore): quello del Madeira.

Madeira

Ne parliamo con il dovuto tatto, non essendo pratici delle innumerevoli sfaccettature tra Sercial, Verdelho, Bual e Malmsey (ovvero Malvasia).

Uve straordinarie, tecniche di produzione verosimilmente rassomiglianti al nostro Marsala, che evitano il classico metodo Solera, utilizzando piuttosto affinamenti in botti (c.d. “Canteiro”) che partono dai piani superiori (e più caldi) della cantina, scendendo con il passare degli anni verso quelli inferiori (più freddi).

Il tutto con una perdita complessiva quasi del 40% di vino (la parte del diavolo), ma con note ossidative non forzose che mantengono intatta vivacità ed intensità agrumata.

Naturalmente frutta secca e caramello così come miele e tabacco fanno da cornice a tutte le tipologie, ben colorate di topazio brillante. Le versioni più commerciali utilizzano le famose “Estufagem“, contenitori che riscaldano i mosti artificialmente fermentati fino a 50 gradi e che compromettono inesorabilmente gli aromi più fragranti.
Veniamo ora allo spazio dedicato ai cuochi, avendo intervistato lo Chef Franco Maffei, più volte presente in televisione sui canali nazionali, grande sperimentatore.

La sua filosofia è poter realizzare piatti gourmet per tutti i gusti unicamente con gli ingredienti della propria dispensa. Il suo piatto dedicato alla manifestazione, in collaborazione con una eccellenza siciliana di olio d’oliva ed amari è bon bon di ricotta con gocce di amaro, scorza di arancia e limone su polvere di pistacchio croccante, bucce di pomodoro, melanzane fritte, alici e liquirizia.


Chiudiamo i sipari infine con la storica Pasticceria Bonci fondata nel lontano 1953, sita a Montevarchi, ideatrice del famoso “Panbriacone“, una variante gustosa (ed alcolica) del Panettone tradizionale tutta da provare.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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