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Serralunga d’Alba – Le nuove annate del Vigna Rionda e degli altri Barolo di Guido Porro

Scrivere un articolo che riguardi Barolo ed in particolare uno dei suoi figli illustri non è cosa semplice. Essendo il mio primo reportage da questi luoghi magici, ciò non fa che aumentare la pressione nel toccare con le dita la tastiera del computer.

Qui ogni cosa ha un peso sui piatti della bilancia, sorretti dalle mani della Storia. Decido di non fare un semplice, asettico elenco di nozioni o di tecniche colturali; scelgo, piuttosto, il sentiero del feedback emozionale: osservare queste colline sconfinate, ove la vite si perde allo sguardo, è quanto di più bello il sottoscritto abbia ammirato.

Come per altri areali vitivinicoli italiani, anche i produttori della  denominazione Barolo hanno vissuto alti e bassi. Da locomotiva trainante post unità di Italia, al dimenticatoio dei cupi anni ’80 del secolo scorso ove si regalavano bottiglie come omaggio in cambio della vendita di una cassetta di Dolcetto.

Era proprio come la nota pubblicità dei fustini di detersivo scambiati al supermercato e poco importava che storici vigneron vinificassero sempre con la stessa eleganza e meticolosità acquisita nei secoli. Ci voleva una scossa che arriverà soltanto un decennio dopo, dai cosidetti “modernisti”, nuovo impulso dell’intero movimento. I successi (e le quotazioni economiche attuali) scaturenti da tale confronto positivo, le conosciamo tutti.

Da sinistra: Guido, Giovanni e Fabio Porro

Guido Porro non si schiera né da un lato né dall’altro. Potendo scegliere, però, apprezza ancora le vecchie usanze insegnategli dal padre Giovanni, e le sta a sua volta tramandando al figlio Fabio.

Grande lavoro nel vigneto, con cura quasi maniacale su terreni non facili ricchi di tanta materia argillosa e arenaria biancastra da sembrare un paesaggio lunare.

Guido è uno dei pochi (10 produttori in tutto, parliamo un cru al quale abbiamo dedicato molta attenzione: link) ad avere anche una etichetta Vigna Rionda, la nuova frontiera della qualità, con vini semplicemente commoventi. Accanto ad essa altre etichette leggendarie come Lazzairasco (che è all’interno del cru Lazzarito, una sorta di sottocru), Santa Caterina e Gianetto, ciascuna con speciali peculiarità.

Dal 1997, anno in cui abbandona l’idea di fare il finanziere per cominciare ad imbottigliare su richiesta di un grosso importatore, le cose sono migliorate a passi di gigante. Non si può dire la stessa cosa per quanto concerne il prezzo al consumatore, rimasto contenuto e conveniente.

Il nostro racconto comincia dal sancta sanctorum aziendale, ovvero la bottaia di invecchiamento dove vengono utilizzati in stragrande maggioranza legni di grandi dimensioni, consuetudine del passato.

Ho potuto assaggiare, direttamente da quest’ultimi, i campioni dei Cru annata 2018, evidenziando nel Gianetto un frutto succoso dall’elegante corredo speziato e nel Santa Caterina finezza del tannino con essenze marcate di violetta.

Chi mi ha letteralmente sbalordito è stato l’en primeur proveniente dalla vigna Lazzairasco, vibrante, teso e minerale e la potenza cinetica del Vigna Rionda, che risente maggiormente del contatto con il contenitore di affinamento, in particolare nelle nuances tostate, ma che promette una longevità da fuoriclasse.

La vera bellezza di tali capolavori sta nel poter soddisfare i propri desideri personali, in base alla capacità degustativa ed alle preferenze individuali. Non esiste lo stesso Barolo per tutte le occasioni, ma probabilmente tutte le occasioni sono buone per scegliere una diversa espressione di Barolo e ritrovarsi in Paradiso.

Una cosa che spesso dimentichiamo di narrare è l’ordine e la pulizia regnante in una cantina che si rispetti quando si vuole raggiungere livelli di eccellenza assoluta. In questo caso la famiglia Porro ha una minuziosità praticamente certosina.

Dalle botti alle bottiglie il passo è breve e salendo al piano superiore, nella sala degustazioni, vediamo se le impressioni positive sono confermate o meno dalle annate in commercio.

Prima una piccola digressione su due gioiellini di casa Porro, anch’essi nati dal retaggio del tempo che fu: Nebbiolo e Barbera d’Alba.

Nebbiolo 2020 “Camilu”

Dai filari sottostanti la Vigna Rionda, un vino semplicemente straordinario nella sua facilità di beva. Gustosa miscela di frutta di bosco gelatinosa, sia rossa che scura, e di pompelmo rosa. Gioca sulla prontezza, dal finale speziato che suona giocoso al palato come la campanella della ricreazione.

Barbera d’Alba 2020 “Santa Caterina”

Pure questa è storia del territorio, perché Nebbiolo sempre, ma anche la Barbera aveva un ruolo da protagonista. Alcuni filari sono stati conservati amorevolmente, verso il limitare delle menzioni geografiche aggiuntive, dalle quali prendono il nome. Comincia verdeggiante, poi vira subito deciso su more e mirtilli maturi, liquirizia e tabacco kentucky. Espressivo, dal rapporto qualità-prezzo da brividi (circa 8 euro).

Barolo 2017 “Gianetto”

Altro mito da sfatare: che la 2017 rappresenti un’annata dalle eccessive estrazioni e surmaturazioni. Preconcetto valido al massimo per le sfumature del suo colore, che contano poco nel giudizio complessivo. Naso da erbe aromatiche e petali di rosa rossa; gusto da scorze di arancia, rabarbaro e china. A voler fare i pignoli la parte glicerica prevale appena negli aromi di bocca, rendendolo un vino “largo”, per nulla stanco od evoluto.

Barolo 2017 “S. Caterina”

La parte del leone la fa la viola mammola appassita. Molto mediterraneo dai sentori di bacche simili al mirto e al ginepro. Chiude ancora timido su nocciole tostate, cannella e noce moscata. Da attendere con vivo piacere.

Barolo 2017 “Lazzairasco”

Inutile nasconderlo: il mio preferito. Completo, appagante, frutto nitido e maturo di mirtillo e mora selvatica. Si alternano ad essi glicine, viola, giaggioli freschi e pepe verde in grani. Sorso verticale, iodato, dalla trama antocianica integrata ed intrigante. Ammirabile come un quadro di Matisse.

Barolo 2017 “Vigna Rionda”

La densità materica si ravvisa immediatamente. Sfocia in una struttura imponente, ancora da evolvere in vetro per raggiungere la completezza armonica. Composta di lamponi e fragoline sorrette da pepe nero macinato, caffè e sigaro sbriciolato. La soluzione perfetta per ogni palato.

 

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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