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NEGROAMARO, LE RADICI DEL FUTURO

Da vino da taglio che dona materia e colore a bottiglie più anemiche, a simbolo del riscatto enologico pugliese.

Stiamo parlando del Negroamaro – vitigno portabandiera del Salento – protagonista dell’enologia di qualità di questa regione, grazie alla sua versatilità vinificatoria ed alla sua lodevole longevità.

Di ottima vigoria, il Negroamaro presenta una buona affinità d’innesto e garantisce una produzione costante ed abbondante, con grappoli di medie dimensioni, allungati e piuttosto serrati, che maturano intorno all’ultima decade di settembre (così come il Sangiovese, anche se germogliamento e invaiatura sono più precoci, in paragone).

Ammesso al Registro varietale nel 1970, è presente in tutte le IGP pugliesi e in 14 DOP regionali per un totale di 12.000 ettari vitati, concentrati per la quasi totalità nelle province di Brindisi e Lecce (93% del vigneto).

Bacca ricca di materia colorante, si esprime con una buona complessità aromatica dove prevalgono le note vegetali fresche e secche, i frutti rossi maturi, con cenni floreali e spezie. Il suo tannino è astringente ed amaro (dai 2 ai 2,5 grammi per litro, in media), le acidità sono molto alte (dai 6 ai 9 grammi per litro), nonostante l’habitat caldo.

Questi parametri analitici promettono un interessante potenziale evolutivo.

Ed è proprio tale longevità a caratterizzare la produzione di Garofano Vigneti e Cantine, storica realtà vitivinicola salentina, che in tale virtù identifica il punto di forza per la promozione dei propri vini.

Nel cuore dell’areale leccese, a Copertino, questo “domaine” famigliare rappresenta da più di cinquant’anni un riferimento assoluto per il Negroamaro, declinato nella sua tipica veste rosata, sia di annata che da invecchiamento, e nelle molteplici versioni in rosso, in purezza oppure accompagnato da Malvasia nera o Montepulciano.

Il vino “Fior di Le Braci e di Garofano” rappresenta la punta di diamante della produzione dell’azienda Garofano.

Un grande classico dell’enologia pugliese,  tra i primi vini capaci di dimostrare che equilibrio e finezza possono giocare il campionato dei grandi rossi meridionali.

Le Braci, infatti, predilige l’eleganza al “muscolo”, non ostenta surmaturazioni esagerate ed integra con sapienza tenore alcolico e spina fresco sapida. Un vino che porta la firma di un grande enologo.

Mi sono innamorato del Negroamaro quando il mondo della produzione non era ancora pronto a fidarsi di quest’uva, che dava vini densi, possenti, corposi, neri come il velluto. Fu amore a prima vista

Sono le parole di Severino Garofano, enologo irpino, che arriva in Salento nel 1957 e cambia le sorti di questo vitigno, diventandone il patriarca.

Era l’anno della rivolta dei contadini, che protestavano per i prezzi troppo bassi delle uve: un anno tragico e violento, caratterizzato da scontri con le forze dell’ordine e vittime tra i lavoratori.

Il crollo dei prezzi determinò, all’epoca, una drastica riduzione del vigneto salentino, ma in seconda battuta condizionò anche un cambio di rotta verso una produzione orientata alla qualità, verso il riconoscimento delle denominazioni e l’uscita dall’anonimato.

Severino Garofano fu il timoniere di queste nuove rotte, cambiò lo stile interpretativo del Negroamaro e partorì grandi referenze – ancora oggi emblematiche – come il Notarpanaro ed il Patriglione (per la cantina Cosimo Taurino), il Graticciaia (per Agricola Vallone), il Donna Lisa (Leone De Castris), il Duca d’Aragona (Candido).

Nel 1995 Severino diede vita ad un’esperienza esclusivamente famigliare, insieme ai giovani figli Stefano e Renata.

Stefano Garofano

Nacque così Azienda Monaci, dove l’enologo concepì, nel 2000, il suo ultimo capolavoro: Le Braci, appunto.

Il tappo con scritto Azienda Monaci

Il nome deriva dall’omonimo romanzo dello scrittore ungherese Sándor Márai e gravita intorno ad un’amicizia che arde nel tempo sotto le ceneri.

Nella collezione storica de Le Braci sono conservate le diverse annate prodotte (non tutte, ma solo quelle degne di un’eccellente interpretazione).

In seguito ad un attento test una di esse si è distinta per il profilo evolutivo di smaccato valore e per la nitida personalità.

Stiamo parlando dell’annata 2007 che Stefano e Renata hanno pensato di riproporre sul mercato a tiratura limitata e numerata, dedicandole un’etichetta d’autore e riportandola in auge dopo ben 16 anni dalla vendemmia.

Fior di Braci e di Garofano” è il titolo di un’opera d’arte pittorica realizzata dal maestro Leon Marino nel 2003; essa fu dedicata dall’artista pugliese a Severino Garofano ed al suo vino più emblematico.

La riproduzione di questa tela campeggia su tutte le mille bottiglie dell’edizione speciale, che proprio dal suo titolo prende il nome.

Il 2007 è stato un anno propizio per il Salento del vino: globalmente caldo, ma con condizioni atmosferiche di assoluto equilibrio che hanno garantito una surmaturazione perfetta ed una vendemmia ottimale, intorno ai primi di ottobre.

Da uve provenienti da alberello, la materia prima di questa annata fermenta in cemento vetrificato termoregolato, con una macerazione protratta a dodici giorni, resa possibile grazie ai vinaccioli perfettamente maturi.

Dopo un anno di maturazione in barrique nuove e lo svolgimento della fermentazione malolattica, il vino è tornato in cemento per altri 5 anni. Nel 2012 è stato finalmente imbottigliato.

Quando giunge il momento di degustarlo, Stefano lo presenta con il calore ed il trasporto di un figlio devoto, facendoci immergere nella storia enologica di questo lembo d’Italia. L’energia del “babbo” – cosi lo chiama Stefano – arde nella sua appassionata ed approfondita chiosa.

I profumi di questo vino non hanno bisogno di alzare il volume per farsi sentire: sono netti ed intensi, seppur pacati, come una piacevole musica perfettamente equalizzata.

La marasca sotto spirito si intreccia alle erbe officinali ed alle note fumé, le percezioni dolci della vaniglia, dei fiori e della noce moscata sposano il nero del pepe e del tè.

Con il passare dei minuti il frutto si distende e si amplifica, evidenziando un contributo del legno di estrema precisione: prugna disidratata, uva sultanina, frutta secca fanno capolino insieme a cannella, santoreggia e salamoia di olive, con sottili cenni di sottobosco.

Un gustoso gioco delle parti di spiccata armonia.

Il sorso è delicato e teso, ancora fresco e lievemente amaricante, in coerenza con la natura varietale del Negroamaro. I tannini esprimono finezza e pulizia: sono di velluto, ancora materici ed avviluppanti. L’alcol è compensato dall’acidità in un quadro di spiccato bilanciamento.

Fior di Braci e di Garofano è capace di coniugare una trama fitta e definita con un sorso snello e per nulla stanco. Gli aromi che regala sono netti ed eloquenti, protagonisti di un’elegante funzione d’insieme.

È un maratoneta che, alla lunga distanza, elargisce un’accelerazione inaspettata.

Questo assaggio conferma quanto il Negroamaro sia capace di performance evolutive di tutto rispetto, degne delle più blasonate bacche internazionali.  Ci auguriamo che la sua personalità e la sua profondità vengano apprezzate sempre di più, ben al di fuori dai confini regionali.

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Mi chiamo Paola Restelli, “PR”di nome e di fatto. Creare un nuovo contatto oppure dar vita ad una rete di idee e persone mi ha sempre procurato divertimento e piacere. Avevo fin da piccola attitudine a generare empatia e, quando il vino è entrato nella mia esistenza, questa dote si è rivelata assai preziosa. Lavoro da anni nel comparto come Consulente, con mansioni di Brand Ambassador, ma anche Responsabile dell’ideazione, della produzione e della conduzione degli eventi enogastronomici. Mi sento “al posto giusto”, come il buon vino a tavola. Conferisco alla degustazione una natura simbolica, edonistica, estetica. Penso a me come ad un cupido enoico, che opera in una nicchia privilegiata di cultura.

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