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LA VIDEODEGUSTAZIONE DEI VINI DI BOLGHERI DELL’AZIENDA FORNACELLE

Della storia di Bolgheri e di come abbia dato nuovo lustro al panorama vitivinicolo toscano (non solo), sono state scritte numerose pubblicazioni.
È la storia di una Denominazione nata dal nulla, in un ex feudo dei Conti della Gherardesca; la storia dei Sassicaia, dei Masseto, degli Ornellaia, vini simbolo del nostro saper fare made in Italy.
È anche lo studio incessante sui suoli; una accuratissima zonazione eseguita dal prof. Attilio Scienza; il contributo enologico di Giacomo Tachis, il “Re” dei Supertuscan.
La storia, infine, di un intero movimento sorto tra piccoli e grandi produttori, piuttosto insolito in una regione ricca invece di campanilismi ed invidie persino all’interno dei Consorzi più storici e prestigiosi.
In questo contesto, grazie all’attività di promozione della PR Comunicare il Vino di Riccardo Gabriele, abbiamo potuto degustare per voi lettori di Vinodabere i prodotti di punta dell’azienda agricola Fornacelle.
I coniugi Silvia e Stefano Billi Batistoni, quarta generazione di vigneron, prendono in mano le redini dell’attività di famiglia nel lontano 1998.

All’epoca il successo di Bolgheri cominciava a riscuotere i meritati frutti di tanto impegno e dedizione. Il clima era molto differente da quello odierno, con temperature medie inferiori ed una maggiore ampiezza nelle curve pluviometriche. Qui, più che in ogni altro posto, è stato possibile notare i temuti cambiamenti avvenuti, in particolare, dalla torrida vendemmia 2003 in avanti.


Qui, più che altrove, i produttori si sono dovuti attrezzare con tecniche di cura della vigna che evitassero precoci ed eccessive maturazioni dell’uva. Siamo in una zona marina con rilievi di modesta altezza; il terreno ha origine pleistocenica con sedimenti marini ed eolici, piccola presenza di flisch a oriente, e caratteristiche molto variabili di microzona in microzona. Dalle argille si passa rapidamente a limo, sabbia e ghiaia, persino all’interno di uno stesso appezzamento. Una striscia sottile di territorio, lunga circa 13 km e larga appena 7, mantenuta al riparo dalle correnti freddo-umide dalle Colline Metallifere, in passato unica fonte di ricchezza per gli abitanti.
La particolare forma ad anfiteatro consente buone escursioni termiche grazie alle ventilazioni provenienti dal mare verso le morbide colline assolate, che godono altresì di una importante irradiazione giornaliera.
A tal proposito, Stefano ci racconta la regola dei “3 dieci” da evitare nella coltura: 10 centimetri di vegetazione verde primaverile, almeno 10 gradi celsius di temperatura ambientale e 10 millimetri di pioggia rappresentano infatti il paradiso per la terribile peronospora e l’oidio.
I vigneti internazionali hanno ben attecchito, in particolare il Cabernet Sauvignon per i rossi ed il Vermentino locale per i bianchi.
Nei 15 ettari aziendali (di gran lunga superiori a quel singolo ettaro iniziale da cui l’avo Giulio Batistoni iniziò l’avventura a fine 800), vengono coltivati anche Merlot, Cabernet Franc, Semillon e Fiano. Quest’ultimo viene impiantato da un curioso progetto del 2001, alla ricerca di un vino dolce. In realtà fino al 2010 il bianco di  Fornacelle nasceva da blend in pari rapporto tra Semillon e Fiano, il primo scelto perché molto precoce e dalla buccia sottile, il secondo per l’aromaticità, la struttura e la sua maturazione tardiva.
Dal 2010 si è optato, invece, per la produzione di due distinte tipologie: il “Fornacello“, Semillon in purezza elevato in legno e la rara vendemmia tardiva “Dedicata a Vincenzino“, in onore del papà di Stefano, 100% Fiano.


Altra recente novità è stata la realizzazione di una nuova e moderna cantina artistica, sulla particella storica aziendale.
Dopo questa breve narrazione non poteva dunque mancare lo spazio dedicato alla degustazione dei tre vini rossi proposti:


Zizzolo” 2018 Bolgheri Rosso DOC: la porta di ingresso per scoprire il territorio. Leggera prevalenza del Merlot rispetto al Cabernet Sauvignon. A discapito di un naso piuttosto chiuso, su note volatili di giovinezza, il sorso si rivela denso, piccante e scuro. Ribes nero, pepe rosa, liquirizia e garrigue sul finale. L’annata raccontata nel bicchiere sembra confermarsi eccellente, regalando toni freschi e non stancanti in linea con le nuove filosofie produttive.


Guardaboschi” 2016 Bolgheri Superiore DOC: a far compagnia al Merlot questa volta è il Cabernet Franc ed un maggior affinamento in legno. Attacco olfattivo boisè piuttosto marcato, di vaniglia, talco, torrefazione. Arriva in seconda posizione una bellissima pasta di frutta rossa matura (lamponi e fragoline selvatiche). Bocca decisamente tesa, su essenze di tamarindo e mineralità persistente. Necessita di ulteriore riposo per esprimersi al massimo delle sue potenzialità.


Foglio 38″ 2016 Bolgheri Superiore DOC: un Cabernet Franc da manuale. Classico timbro di pietra focaia e grafite, amarena, cannella ed eucalipto. Al palato è una esplosione di frutti di bosco, in particolare more e mirtilli neri fragranti. Della presenza alcolica non si scorge traccia, con punte di acidità da pompelmo rosa e chiusura su cacao in polvere misto a tabacco da pipa. Complesso ed infinito.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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