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AMARCORD IN ROMAGNA

LA CASETTA DEI FRATI – RENZO MORRESI RACCONTA LA STORIA DA VITICOLTORE PIONIERE A MODIGLIANA

Che fortuna trovare un ex aspirante giornalista (ai tempi del Foglio diretto da Luigi Pedrazzi) che racconta la propria storia meglio di quanto possano fare le mie parole. Renzo Morresi, professione avvocato di successo ed appassionato viticoltore a Modigliana, con la sua piccola realtà familiare La Casetta dei Frati, ci narra uno spaccato di vita, di storia e territorio al quale non posso aggiungere altro oltre i consueti assaggi di giornata. L’incontro propiziatorio è avvenuto grazie al collega Giorgio Melandri che insieme a Renzo organizza l’evento Modigliana Stella dell’Appennino volto a diffondere la cultura di un areale eroico nato sulle arenarie più compatte che esistano.

Buon viaggio, dunque, in un autentico Amarcord di Romagna.

<<Maria Adele ed io (insieme dal ’70, sposati dal ’78), inseguendo il sogno di una vita, comprammo La Casetta dei Frati nel 2005 da una famiglia modiglianese il cui capostipite, Romano Maglioni, era morto senza lasciare alcun “successore agricolo”. Un sogno nostro, ma anche del nonno Ugo mezzadro delle suore agostiniane di Modigliana e mai divenuto proprietario terriero. Era anche il sogno di Romano: la sua cantina, nei primi anni ’70, era stata la prima azienda agricola a imbottigliare il vino sul territorio, quando si vendeva sfuso in damigiane e fiaschi all’uso toscano. Non solo: Romano imbottigliava già allora per singola vigna, come accade in Borgogna, e dieci anni prima che vedessero la luce i Ronchi di Castelluccio di Gian Vittorio Baldi.

Un intreccio di sogni nient’affatto casuale…mia moglie ed io “scoprimmo” proprio i Ronchi di Castelluccio in occasione di una cena romantica, uno dei primi anniversari del nostro matrimonio. Nerio Raccagni, scomparso nel 2017, nel suo ristorante La Grotta a Brisighella (una Stella Michelin) propose un loro vino sapendo le mie origini di Modigliana. Rimanemmo folgorati e, nella primavera del 2005, rintracciammo Remigio Bordini che di Gian Vittorio Baldi era stato l’agronomo, per chiedergli se pensava che si potessero ripercorrere le stesse orme. Remigio venne in azienda, guardò, analizzò e ci disse che si poteva provare a patto di inserire nel progetto anche suo figlio Francesco.

Fummo entusiasti della proposta e da allora Francesco Bordini è il nostro agronomo ed enologo, vero e proprio custode de La Casetta dei Frati. Restava solo un cruccio: il precedente proprietario aveva scelto in origine, come logo, un fraticello con la pancia che mal si addiceva al percorso simile dei Ronchi di Castelluccio. Risalimmo infine a “Frate Sole” del Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, uno dei primi componimenti in lingua italiana nel 1224 e decidemmo che il primo vino si sarebbe chiamato FraSóle, seguito poi da FraVénto, FraCiélo, FraMónte, FraBòsco e così via, ciascuno etichettato con un versetto del Cantico delle Creature a testimoniare il voto di render conto di madre natura perseguendo sostenibilità, semplicità e rispetto del Creato. Siamo arrivati fino all’anno scorso senza mai aver utilizzato uvaggi, ma solo prodotti in purezza (fatta un’unica eccezione per il nostro Metodo Ancestrale Frabòsco). Solo cru e blend da varie particelle, accettando le carenze delle annate meno felici, inseguendo l’eleganza delle fermentazioni spontanee e limitando al minimo l’uso del legno solo per le riserve affinate in botti grandi. Dal 2009, nostra quarta vendemmia, abbiamo introdotto la capsula tipo Stelvin ad atmosfera controllata per abbassare il tenore di solforosa, preservare gli aromi fioreali e fruttati, proteggere la delicatezza dei nostri bianchi e la loro straordinaria longevità.

Tutto avviene in poco più di sette ettari, compresi tra 10 vigne minuscole, alcune di oltre 30 ed anche 50 anni di vita: quattro ettari di Sangiovese (una in corso d’estirpo per manifesta inadeguatezza della genetica presto sostituita da Sauvignon Blanc), due di Cabernet Sauvignon, uno di Merlot, due di Chardonnay, uno di Trebbiano. Domina il massiccio marnoso-arenaceo appenninico, un fondo marino sollevatosi fra i boschi per migliaia di metri a regalarci bocche salate e sottili ricche di frutta, fiori ed erbe selvatiche, sempre sorprendenti e diverse, testimonianze liquide delle stagioni e della vigne. Siamo sulle pendici del Monte San Bartolo, a 555 metri d’altitudine, dove fu rinvenuta la prima attestazione del Sangiovese a Nord dell’Appennino (A.D. 1671; Libro delle Entrate e delle Uscite della parrocchia di San Bernardo; archivio vescovile di Faenza-Modigliana). La “Romagna-Toscana”, toscana per oltre 500 anni fino al 1923, anno di nascita di mia madre nella Modigliana provincia di Firenze. Dove son nato anch’io, divenuta ormai provincia di Forlì, entrambi nello stesso Ospedale dei Poveri di Cristo in riva al Tramazzo>>. Che parlino adesso i vini:

FraGèlso 2021 – dalla vigna Ronco Avellana posta a 370 metri di altitudine. Trebbiano di Romagna in purezza, potrebbe già aderire dalla 2022 alla Doc Modigliana Bianco, (che ne prevede un minimo del 60%), ma Morresi probabilmente la rivendicherà per il FraVénto blend creato ad hoc con lo Chardonnay Musquet. Vino semplicemente godurioso, appagante nell’espressione di una varietà autoctona spesso dimenticata. Richiami terragni e delicati di fiori bianchi, cedro e susine mature. Corredo di erbe mediterranee tipiche con una spiccata sensazione di salvia. Finale minerale stuzzicante, miscelato tra iodio e vento di mare, dotato di serbevolezza impressionante.

FraMónte 2019 – il Sangiovese di queste terre è un ribelle mai domo, proprio per le difficoltà nel raggiungere maturazioni esemplari. Il cambiamento climatico, non nascondiamocelo, sta offrendo un vantaggio quando prima si dovevano aspettare persino i tempi della neve per vendemmiare. Ne guadagna il succo, divenuto più avvolgente e meno scorbutico, ove la nota verde del “Sanzves” si accompagna benissimo a sentori di ciliege mature e spezie scure fini. Grande prontezza ed eleganza al palato, molto duttile tra le semplici compagnie di merenda ed i pranzi robusti delle feste.

FraTémpo 2009 – dimostrazione vivente che dimenticare qualche anno il Sangiovese in bottiglia non può che fargli bene. L’irrequietezza è stata sostituita, con una calma placida, da note terziarie di torrefazione ed amarene sotto spirito. Un accenno ancora di gioventù avvertito nell’impatto con i suoi tannini salati ed agrumati, che richiedono immediatamente un nuovo sorso. L’abbinamento si restringe verso pezzi forti quali cacciagione allo spiedo e lunghe cotture.

Tutto questo è Modigliana!

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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