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AMARCORD IN ROMAGNA

Azienda Agricola Trerè: amarcord di Albana e di Sangiovese

Rieccoci dove eravamo rimasti. L’anno riparte a pieno ritmo e con esso i viaggi, le visite in cantine e le mille esperienze enogastronomiche da provare in giro per lo Stivale. L’Italia è ricca di angoli magnifici, di rara bellezza, luoghi dove sentirsi sempre ed orgogliosamente “a casa”. La Romagna è uno di essi, troppo legata nel passato al retaggio delle spiagge affollate, della piadina a pranzo e cena, del divertimento e turismo a basso costo. Nulla vieta che la regione benefici di tali potenzialità economiche; ma per fortuna esiste anche un lato meno appariscente romagnolo, dove la sosta bucolica tra valli e colline coltivate aiuta a recuperare le energie smarrite nella routine quotidiana.

Una tappa fondamentale per il sottoscritto, che qui trova la dimensione giusta per raccontare storie di vita e di vite diverse dal solito, come quella dell’Azienda Agricola Trerè. Il percorso comincia oltre mezzo secolo fa con l’acquisizione del Podere Saccone da parte di Valeriano Trerè. Pochi gli ettari iniziali, divenuti oggi ben 35 vitati, compresa una vecchia vigna di Albana a pergola romagnola, antica forma di allevamento salvaguardata dalla scomparsa da un piccolo gruppo di agricoltori, che vede nella tradizione anche la speranza per combattere il cambiamento climatico. <<Nel 1976 dopo i miei studi letterari, il matrimonio e un figlio (Massimiliano), quasi per caso decisi di iniziare a interessarmi dell’azienda paterna. Improvvisamente nacque in me una grande passione per la produzione del vino. Mio padre, che non si aspettava che la sua unica figlia amasse tanto la terra, fu talmente felice che decise di affidarmi la responsabilità della cantina>> racconta Morena Trerè, figlia di Valeriano.

Oggi l’attività comprende anche un agriturismo resort, con 15 alloggi, una Spa privata, piscina e ristorante. Il numero complessivo di bottiglie prodotte rasenta le 170 mila unità, vendute per metà all’estero e per una buona parte della rimanenza agli operatori del settore locali e spesso in cantina. Emiliano Falsini ne segue il processo enologico, puntando sull’eleganza e la bevibilità dei vini. Qua si mastica il dialetto dell’Albana e del Sangiovese di Romagna, divisi nel colore e nelle espressioni finali dei prodotti, ma uniti da un carattere schietto e gioviale, quasi fossero diretti discendenti degli abitanti di queste terre.

Terreni tipici del faentino, argillo-ferrosi a quote più basse e vieppiù calcareo-marnosi mano a mano che l’altimetria sale. L’attenzione odierna verte proprio sui due protagonisti indicati, con gli assaggi delle varie etichette proposte da Massimiliano Fabbri, figlio di Morena, perfettamente calato nel ruolo di vigneron verace e appassionato. La voglia di confrontarsi senza paura di eventuali valutazioni negative è un pregio che caratterizza il territorio, ancora alla ricerca di un faro guida per emergere dai confini stretti del passato, quando si parlava solo di quantità e meno di qualità.

Romagna Albana secca Docg Arlùs 2022 è l’embema di come si possa coniugare perfezione stilistica a prezzi contenuti. Un corredo di cera d’api, propoli, albicocche mature, miele di millefiori ed erbe aromatiche con sorso declinato piacevolmente tra agrumi e sensazioni marine. L’identikit completo del varietale, ben delineato nel calice. Solo acciaio.

Albana secco Romagna Docg Amarcord d’un Bianc 2019 fermenta e matura sulle bucce in vasche di cemento per almeno 12 mesi. Ne conseguono nuance terziarie ed eteree di zafferano, pepe bianco e ceralacca, cui seguono in successione pesca disidratata, liquirizia, cardamomo e rosmarino. Potente e mordace nelle sue componenti più forti, identità di un’uva dalla buccia spessa, che rilascia al mosto quantitativi impressionanti di catechine. La 2020 sembra mancare di nerbo, pur mantenendo un’eleganza pari se non superiore rispetto al campione precedente. Non essendo ancora in commercio, siamo certi che l’ulteriore sosta in vetro saprà modificarne alcuni aspetti.

Proseguiamo con 3 dei Sangiovese scelti con motivazioni differenti, per avere un quadro esaustivo delle potenzialità del vitigno.

Lôna Bôna 2023 è il più immediato, concepito per non avere pretese nell’abbinamento con il cibo e per catturare l’attenzione di palati meno esigenti. Il marcatore al sapor di ciliegia domina sulle altre sensazioni, con una trama tannica di lieve impatto.

Sangiovese Superiore Riserva Docg Amarcord d’un Ross 2020, il primo vino prodotto da Trerè nel 1974, è strepitoso. Solo acciaio e maturazione per un anno in fusti grandi di rovere usati, denota ricchezza di spezie, frutta di bosco e petali di viola. Tannini setosi e saporiti, dalla grande attraenza e dal finale lunghissimo quasi ematico.

Sangiovese di Romagna Superiore Riserva Violeo 2020, selezione dalle vecchie vigne, riposa 12 mesi in botti grandi, con note nebbioleggianti di bosco e ruggine, su chiosa di fiori secchi e dolcezze di vaniglia bourbon e cacao. Materico, sembra aver percorso già l’arco completo evolutivo rispetto agli altri.

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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