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Il Caseificio De Juliis alle porte di Roma ci presenta la mozzapecora, una mozzarella da latte di pecora

Ci troviamo in zona Divino Amore, in piena campagna romana, distesa verde tra l’acceso e l’olivastro, vista che ti rilassa, macchie di vegetazione spontanea a creare tessere di un puzzle che si compenetrano dando vita ad un panorama che a guardarlo è impossibile rimanere indifferenti.

Si sente solo il suono della natura, a prestare attenzione si arriva a percepire il movimento dei cardi selvatici solleticati dal vento, è una sensazione bellissima.

Il cielo è magnificamente ricolmo di nuvole dalle forme strane. A farti compagnia una leggera brezza, i profumi che arrivano alle narici inebriano: terra, humus, il caratteristico odore acre dell’erba, dolci sensazioni di fiori di campo, balsamicità dai cespugli di finocchio selvatico.

Qui si trova il caseificio De Juliis, la cui storia inizia negli anni ’50 con l’acquisto del terreno sul quale sorge e dove, oltre a lavorare, da sempre vi abita la famiglia De Juliis.

A parlarcene è Fabio, che sottolinea la necessaria passione per dedicarsi a questo tipo di lavoro, all’essere casari, o meglio “artigiani evoluti” come ama autodefinirsi.

Dal 2011 sono anche produttori di caglio vegetale di cardo (Cynara Cardunculus) allo stato puro.
Ogni giorno viene lavorato il latte di alta qualità proveniente dagli allevamenti di pecore del territorio agro Romano, da greggi itineranti e stanziali, la cui alimentazione è data da erba di campo e fieno coltivato nelle aziende.

La produzione di formaggi è varia: giuncata, ricotta (nelle versioni fresca e stagionata), Caciofiore , primo sale, caciotte di pecora semplici o affinate e aromatizzate, pecorino stagionato in grotta o affinato nel fieno o nelle foglie di noce o alle vinacce, pressato a mano di Columella, Caseus Romae, Soldo di Cacio, e la mozzapecora (mozzarella di pecora).

Quest’ultima è realizzata con latte ovino crudo. La rottura della cagliata avviene in pezzi della grandezza di una nocciola ad una temperatura controllata di 36°.

Dopo la rottura viene tolto il siero in eccesso e si attende da 1 a 3 ore il raggiungimento della giusta acidità per la filatura, questa e la mozzatura, vengono eseguite a mano.

La mozzarella viene poi posta in salamoia e in un secondo momento nell’acqua di governo dove rimarrà fino al consumo.

Hanno scelto di produrre la mozzarella di latte di pecora grazie alla curiosità scaturita leggendo un testo di Apicio, dove vengono riportate alcune ricette seguite nel periodo dell’Impero Romano, una di queste è “il formaggio tenero lavato in acqua calda”, sapendo che in quel tempo la quasi totalità del latte per fare i formaggi proveniva da pecore e capre, hanno voluto riproporla.
Secondo il CRAN (Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) vanta diversi pregi nutrizionali: è ricca di sostanze antiossidanti, è un’ottima fonte di calcio e proteine nobili, è a basso tenore di grassi rispetto alla mozzarella da latte bovino o bufalino.

I valori nutrizionali per 100 grammi di prodotto sono: Energia (Kcal/Kj) 216/1120 Grasso 15,89 Acidi grassi saturi 11 Carboidrati 0 Zuccheri 0 Proteine 18,31 Sale 0,77.

Ha la forma di un ovolo. La pasta è morbida e compatta con piccolissima occhiatura, il colore è bianco perlaceo, porcellanato all’esterno. L’odore è di latte fresco, leggero, pulito e piacevole, lieve sentore vegetale. Leggermente faticoso il morso dovuto alla recentissima produzione al momento dell’assaggio, stride sotto i denti ma basta staccarne un pezzo e iniziare la masticazione per far fuoriuscire il succo e con esso tutto il sapore. Si distingue il caratteristico dolce, la sobria acidità e il moderato salato.

Sentore di latte fresco leggermente acidulo. Sicuramente dissimile dalle mozzarelle più conosciute ma molto interessante, audace ed unica.
Molto versatile in cucina, ottima resa in cottura.

Per l’abbinamento ho pensato  l’Alborea 2019 dell’azienda agricola Casale Certosa, azienda vinicola che si trova alle pendici dei Castelli Romani, a Santa Palomba, ad “un paio di manciate” di chilometri dall’ubicazione del caseificio.
Il vino nasce da Grechetto e Malvasia puntinata, presenti più o meno in pari percentuali. Le uve vengono raccolte a seconda dell’andamento stagionale valutandone la maturazione. In cantina viene effettuata la diraspatura, la sosta sulle bucce è di un giorno. Avviene poi la pressatura e la fermentazione, che parte spontaneamente. Una volta terminata la fermentazione degli zuccheri presenti vengono allontanate le fecce lasciando il vino a riposare su quelle fini.

La chiarifica viene attuata prima dell’imbottigliamento ma mai prima di 8-9 mesi dalla vendemmia.
L’azienda è portata avanti dai fratelli Cosmi, Fausto e Antonio, che in maniera “certosina” curano la vigna, i vigneti sono coltivati con programma di difesa biologica utilizzando antiparassitari di origine minerale e sovesci. Dal 2004 è riconosciuta come azienda biologica e dal 2011 si sta dedicando all’agricoltura biodinamica.
Il vino nel calice si presenta in tutta la sua cristallina limpidezza, giallo dorato tenue, luminoso, solare.
Al naso fine e leggermente alcolico, profumi delicati e inebrianti con sentori fruttati mela e mango, floreali (tiglio), ricordi di erbe aromatiche, salvia e foglie di origano fresco, frutta secca (anacardo).
Secco, di sottile delicatezza, elegante, caldo, di spiccata sapidità. Raggiunge un buon equilibrio grazie alla vena acida. Il finale è leggermente ammandorlato.

La pausa nel bicchiere lo accresce in piacevolezza arricchendo i sentori e rendendoli più carichi e netti.

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Scritto da

Mi chiamo Emanuela, mi interesso del Mondo del cibo e del vino da sempre occupandomene a tutto tondo, dal punto di vista: - medico/scientifico: ho conseguito l’attestato all’abilitazione alla professione di dietista; - organolettico: sono sommelier classe 1993, maestra assaggiatrice onaf ed ho ottenuto l’attestato onav, umao, onas, aibes e iiac; - storico/goliardico: frequentando e visitando i luoghi del cibo, parlando con i protagonisti con chi produce, chi elabora, chi propone; - di divulgazione di “esperienze”: sono coautrice del libro “Le parole del formaggio - glossario enciclopedico per appassionati e curiosi”, collaborando con varie testate e blog: Vinodabere, Il talento di Roma (nel presente), scatti di gusto, aromarte, newsletter di avis e del circolo del tennis (nel passato), partecipando alle degustazioni per diverse guide con protagonista il vino, l’olio evo e il formaggio e facendo parte del panel di assaggio dell’ex “INRAN”; - lavorativo: ho lavorato, e lavoro, nel dinamico ambiente della ristorazione romana. Ho avuto modo di ricoprire diversi ruoli, incarichi e mansioni, esperienze che mi hanno permesso di conoscere l’andamento e lo svolgimento dello stesso direttamente sul campo.

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