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SUD, ANDATA E RITORNO – Resoconto di un viaggio con ricetta finale per i nostri lettori

“In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare”.

 

Lo afferma il regista, figlio di un poeta e poeta delle immagini anch’egli, che più di ogni altro amiamo: Andrej Tarkovskij.

Questa ricerca di se stessi attraverso il viaggio la percepisco intensamente, perché l’aprirsi alla conoscenza di cose nuove, tipica motivazione del viaggiare, in realtà non è altro che un modo per approfondire la propria intimità.

Secondo Tarkovskij quindi tutti abbiamo necessità di viaggiare, e per chi come l’artista vive della propria creatività diventa obbligatorio. Stessa cosa dovrebbe fare un cuoco, perché la contaminazione con un’altra cultura è utile a migliorare il suo lavoro.

E proprio un viaggio è stato il tema e motore di un evento enogastronomico svoltosi presso il ristorante romano Velavevodetto ai Quiriti, dal titolo “Sud, andata e ritorno“.

Un viaggio tutto italico effettuato ai primi dell’anno nell’ingiustamente vituperato meridione, nelle regioni di Calabria e Campania, da due chef, Franco Franciosi dell’Osteria Mammaròssa di Avezzano e Flavio De Maio, romano della Garbatella patron dei due ristoranti Velavevodetto a Testaccio e ai Quiriti, che ha scaturito l’idea di organizzare una cena con dei piatti composti da ingredienti incontrati in queste regioni, abbinati a dei vini calabresi. Regioni che non solo hanno dato un forte contributo alla cucina italiana, ma che hanno ancora realtà inespresse o da far conoscere, e la metodologia di un tempo è spesso la normalità.

La storia di Flavio è semplice: un quarto di secolo lavorando presso un’azienda informatica e poi l’illuminazione della cucina, con sei anni da Felice al Testaccio ad apprendere le metodologie di lavoro, e poi l’attività in proprio nel 2009. E la Calabria è la sua terra d’adozione: ancora da un quarto di secolo è la terra dove si reca ogni anno e spesso, al suo rientro a Roma, fa tappa intermedia presso una pizzeria ristorante del salernitano, Le Grotticelle di Caggiano, località posta a oltre 800 metri, a salutare Angelo Rumolo.

Si è giunti così a una serata a sei mani, dove la principale, per coloro che conoscono la sua cucina, la mano che emergeva attraverso personalizzazioni  ormai diventate un suo stilema, era quella dell’ospite Franco Franciosi di Mammaròssa, Osteria di Avezzano, che oltretutto ha accompagnato i piatti col suo  celebre pane appositamente sfornato, nel caso specifico con farine Solina, Rosciola e Bolero. È doveroso ricordare che Mammaròssa ha conseguito nel 2023 dalla guida L’Espresso il premio di “Miglior pane al ristorante d’Italia”.

A mescere in sala l’altra anima di Mammaròssa, Daniela Franciosi, e Jun Ge apprezzato ristoratore col suo “Sinosteria” che definire di cucina cinese è fortemente riduttivo, grande amante del vino.

Dicevamo che gli ingredienti dei piatti erano il frutto del viaggio nelle due regioni del Sud, ma con qualche incursione abruzzese, terra di origine dei Franciosi.

Come è avvenuto con la pietanza con cui si è iniziato, Uovo Contadino, con uovo dell’azienda agricola Gàrgano di Tagliacozzo, che fluttuava in zammedda (termine che indica la buccia di pomodoro), composta da una salsa di stracotto di pomodori freschi, fatta sia con la polpa che con la buccia del pomodoro sopra la quale si gratta un pecorino con almeno un anno di stagionatura, e per cui Angelo Rumolo a Le Grotticelle è celebre per la sua pizza omonima. Il piatto era delizioso, gustoso, saporito e con dolcezza al punto giusto.

Uovo Contadino

 

L’abbinamento è stato con un vino proveniente dalla cantina Casa Comerci di Badia di Nicotera presso Vibo Valentia, sotto il Monte Poro, denominato Il Mio Sogno, un metodo ancestrale da Greco Bianco in purezza, una limited edition del 2022.

Il Mio sogno – Casa Comerci

Prima di proseguire, una doverosa precisazione riguardo allo scrivente: al fine della comprensione del piatto, per l’occasione ci siamo concessi una deroga, assaggiando in forma estremamente limitata quelle pietanze che prevedevano l’utilizzo di alimenti non compresi nella dieta alimentare che seguiamo da anni, vale a dire quella vegetariana.

 

Seconda portata è stata la Suriaca Bianca (un fagiolo originario della Calabria) con calamari arrosto e olio al prezzemolo. Questa vellutata ha visto l’aromaticità del fagiolo in primo piano, con i calamari delicati che facevano da sfondo.

Suriaca Bianca

 

A seguire un Risotto (Carnaroli della Riserva San Massimo) cotto con cipolla rossa di Tropea, caciocavallo del Caseificio Pascoli Del Poro di Jonadi, a sud di Vibo Valentia, e speziato da pepi e alloro. Pietanza veramente equilibrata, con riso al punto corretto di cottura, una cipolla presente ma delicata e mai protagonista, le spezie molto aromatiche, e il formaggio che rendeva il tutto cremoso, filante e appagante.

Risotto

Il momento successivo è stato decisamente piccante: Cavatelli con ‘nduja e ricotta di pecora, sempre proveniente dal Caseificio Pascoli Del Poro. In questo piatto la Calabria incontra la Campania perché i Cavatelli (di loro veramente molto, ma molto buoni) sono stati prodotti a Caggiano, a mano e in casa da una signora di ben 87 anni di nome Antonia.

I cavatelli fatti a mano dalla signora Antonia di Caggiano

A nostro avviso, però, la presenza della ‘nduja è stata un po’ in eccesso e andava dosata in misura inferiore.

Cavatelli con ‘nduja e ricotta di pecora

 

A questi ultimi tre piatti è stato abbinato un unico vino, ancora un metodo ancestrale prodotto dalla Casa Comerci denominato Non Sense, Rosato millesimo 2021 da uve Magliocco Canino, pigiadiraspatura soffice e macerazione per circa dieci giorni, successiva fermentazione a temperatura di 24°C, maturazione in acciaio per circa ventiquattro mesi, e affinamento in bottiglia per circa sei mesi. Sentori di fragola matura, agrumi e buccia di cipolla, lo abbiamo apprezzato soprattutto in abbinamento con il risotto e meno con i cavatelli per via dell’effetto ‘nduja.

Non Sense – Casa Comerci

La quinta pietanza è un recupero della tradizione, dove il pane raffermo (che nel nostro caso era invece fresco, appena sfornato da Mammaròssa) veniva ammorbidito da un guazzetto. Capra con erbe e pane è stato un piatto riuscitissimo. Su una morbida fetta di pane era posto lo stracotto del ruminate più simpatico del regno animale la cui carne era morbida e dolcissima (ne abbiamo assaggiato veramente pochissima), e l’apporto delle erbe coltivate da Mammaròssa nell’orto adiacente al ristorante (aneto, maggiorana, salvia, timo selvatico), sorprendente.

In cucina i tre chef compongono il piatto

 

Capra con erbe e pane

 

Necessitava a questo punto un rosso di struttura che è prontamente arrivato in formato magnum targato 2010, il Toccomagliocco prodotto da L’Acino, proveniente da uve Magliocco di vigneti con 60 anni di età, e che dopo un anno di permanenza in tonneau da 500 litri subisce altri tre anni di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Ampio, rotondo, con tannini levigati, e note di piccola frutta a bacca rossa come il mirtillo e la ciliegia matura, e tante spezie orientali e non (cumino, pepe nero, chiodo di garofano).

Rossomagliocco – L’Acino

Gli ultimi due piatti sono stati dessert abbinati a un Moscato d’Asti dei Vignaioli di S. Stefano Belbo (una deroga del viaggio).

Moscato d’Asti dei Vignaioli di S. Stefano Belbo

Il Panettone Sud, Andata e Ritorno, rivisitazione del panettone di Mammaròssa con, al posto della ventricina, la ‘nduja di Vibo Valentia, e che in questa occasione si amalgamava perfettamente all’impasto, donando peraltro un bel colorito, e non risultava invasiva regalando l’aromaticità del piccante solo nel finale, e consentendo di percepire la morbidezza del burro di Normandia.

Panettone Sud, Andata e Ritorno

E per finire Torta bruciata, con marmellata espressa (davvero deliziosa) d’arancia. Una variante della cheese cake il cui impasto delicato e gustoso ben si contrapponeva ai sentori di agrume.

Torta Bruciata

Complessivamente il dolce ci è talmente piaciuto che abbiamo chiesto e ottenuto da Franco Franciosi la ricetta da regalare ai lettori di vinodabere.

 

Ricetta della Torta Bruciata

Ingredienti per una torta:

720 gr. ricotta di pecora asciutta

260 gr. zucchero

7 gr. sale

40 gr. farina 0

300 gr. uova

540 gr. panna fresca

la scorza di un arancio

 

Procedimento:

In una planetaria con foglia mixate lo zucchero, il sale, la ricotta e la farina.

Separatamente con l’aiuto di un mixer mescolate velocemente le uova con la panna fresca.

Aggiungete lentamente al composto nella planetaria il composto di uova e panna.

Fate amalgamare omogeneamente il tutto.

Passate il composto al setaccio a maglia fine in modo che non rimangano dei grumi. Aggiungete al composto la scorza di un arancio grattugiata.

Mettete in uno stampo (foderato da carta forno) del diametro di circa 22-24 cm.

Infornate a 200°C ventola bassa (con un piccolo pentolino di acqua nel forno per creare umidità) per circa 45 min.

Sfornate, riponete in frigo e consumate il giorno dopo.

 

Noi ci cimenteremo, con le arance del nostro albero domestico, poiché tentar non nuoce!

 

Concludiamo l’articolo con un doveroso ringraziamento a Franco Franciosi e pubblicando la locandina dell’evento, constatando che il suo amore per la grafica non è scemato per nulla, creandone ogni volta di molto belle e centrate sull’argomento.

Locandina evento

 

 

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Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.

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