Nei miei viaggi la curiosità mi spinge non soltanto a mirare alberi e colline, ma anche ad imparare usanze, tradizioni e dialetti. Da Stefano Berti, sulle propaggini romagnole di Ravaldino in Monte (FC), ho imparato tanto. Soprattutto che le antiche consuetudini contadine nella coltivazione della vite non sono frutto di casualità, bensì di una pratica osservazione empirica dei fenomeni naturali.
Il Sangiovese in questi pendii si offre più generosamente rispetto alla vicina Predappio, storica menzione geografica aggiuntiva. In realtà la stessa Predappio si diversifica in micro zone non citabili in etichetta, che variano molto per composizione dei terreni, pendenze ed esposizioni. A Ravaldino, ad esempio, le argille dominano, con aggiunta di ciottoli e limo di origine sedimentaria fluviale. Lo spungone ancora ramifica dal lato che guarda Forlì e Bertinoro ed un corposo macigno si trova persino nel giardino di casa di Stefano.
Parlare di Berti, dell’istrionico Berti, non è cosa semplice. Per comprenderne appieno la sua filosofia nel vedere le cose e la vita bisogna porsi sullo stesso piano, quello di cultore della Romagna sanguigna e vera, dove lavoro e umanità sono irrimediabilmente incastrati l’un l’altro in un delicatissimo gioco a domino. I tasselli della memoria rimandano ai tempi in cui le uve venivano conferite quasi unicamente alle cooperative sociali.
Papà Urbano glielo diceva quando era appena un ragazzino: “la vigna va piantata è sùlen, dove è soleggiato già dal mattino, non è basèn quando i raggi coprono a malapena il pomeriggio”. Una massima di vita che Stefano ha reso propria, iniziando la svolta nel 2000 con tanta volontà e ancora poca esperienza. La saggezza gli consigliò di affidarsi ad Attilio Pagli e Leonardo Conti del Gruppo Matura per la gestione enologica e agronomica. Nel 2001 la prima annata in commercio dei suoi vini riscuote subito l’apprezzamento della critica. Ravaldo (omaggio alla località) e Calisto (il Santo del giorno del suo compleanno) dimostrano che il Sangiovese si può concepire elegante, pulito e longevo anche se non “sciacqua i panni in Arno”.
Al vecchio appezzamento del padre impiantato nel ’68 sono seguiti ulteriori ampliamenti per arrivare agli attuali 5 ettari e mezzo e 6 etichette. Iniziamo la degustazione dal Nonà 2021, taglio tra Cabernet Sauvignon e Sangiovese, senza solfiti aggiunti, ideato nel 2014 e caratterizzato da tannini scalpitanti su chiusura di media lunghezza tra succo di mirtilli e pepe verde. Il Bartimeo 2022 è un Sangiovese in purezza fermentato e maturato esclusivamente in contenitori di acciaio inox. Il nome simboleggia il personaggio del cieco miracolato nel Vangelo ed ha riverberi balsamici potenti, uniti a nuance di amarene e prugne selvatiche. Gustoso nell’essenza del Sangiovese d’antan da abbinare ai salumi tipici.
E veniamo ai cavalli di razza, quel Sangiovese Predappio “Ravaldo” 2021 che ha rappresentato il miglior assaggio di giornata. Fiori viola, ciliegie e vaniglia in baccello con una freschezza agrumata fuori dai canoni. Vino meraviglioso che spiazza e convince, complice un’annata perfetta quanto impegnativa. Il Sangiovese Superiore Predappio “Calisto” 2021 subisce una macerazione in parte più lunga rispetto agli altri campioni. Frutta scura, spezie penetranti ed erbe officinali su finale di arancia sanguinella. Gioventù vitale, per nulla bruciata. Tutto a suo tempo…
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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