Esistono ormai poche certezze nella società ed ancor meno nel mondo vitivinicolo. Una di queste, relegata prettamente a puro esercizio dialettico, è quella tra “modernisti e tradizionalisti”. Eguaglia, se non addirittura scavalca nella classifica i dibattiti da lana caprina sul concetto di “naturale” in un vino.
Lasciamo al palo argomentazioni boriose e pensiamo a valorizzare invece il lavoro di chi, con la terra, si sporca quotidianamente le mani con senso dell’etica e dignità.
Borgo Paglianetto, a studiare le linee classiche del territorio di Matelica, rischierebbe dunque di essere catalogato tra color che son moderni per parafrasare i versi del Sommo Poeta.
L’eccezione, credetemi, è assolutamente d’obbligo ed anzi ne conferma la regola. Qui non si utilizzano estrazioni marcate, malolattica, legni vari e quant’altro possa ammorbidire le tenaci acidità del Verdicchio di Matelica. Il lavoro maggiore, come sempre quando si parla di qualità, lo si esegue nella vigna attraverso tecniche di potatura dinamiche che consentono leggere surmaturazioni direttamente in pianta.
A questo approccio va aggiunta, poi, la bellezza dei terreni coltivati, espressione della diversa morfologia che offre l’entroterra marchigiano rispetto al litorale. Sono 28 gli ettari totali vitati, di cui 6 con vigneti che superano i 30 anni di età siti in frazione Ialunga particolarmente vocata a grandissime espressioni minerali.
L’azienda nasce nel 2007 per volontà di 5 soci che conferivano in precedenza le uve alle Cantine Belisario, uno dei capisaldi nella produzione di etichette passate alla storia.
Matelica ha quasi dimenticato il passato anche da terra di rossi, recuperato solo di recente dalla ostinazione di pochi produttori nell’esaltare varietà da sempre presenti in loco. Ma su questo faremo un discorso a parte analizzando il Montepulciano in purezza valutato a conclusione della visita.
Concentriamoci, prima di tutto, sulle originali versioni di Verdicchio proposte.
“Terravignata” 2020 Verdicchio di Matelica DOC
Vuole essere un punto di partenza e come tale si presenta. Nervoso, a tratti spigoloso, di quella tensione tipica del varietale autentico marchio di fabbrica conosciuto nel mondo. I terreni sono argilloso calcarei, le correnti provenienti dall’Adriatico fresche ed intense, le escursioni termiche poderose, anche al netto dell’afosa 2021. La buccia dell’acino si ispessisce, le sostanze contenute nella polpa si concentrano ed ecco il segreto di tanta potenza muscolare.
Parte agrumato al naso, quasi iodato, per poi esplodere al sorso tra essenze di lime, biancospino e zenzero. Chi cerca la morbidezza si rivolga altrove, siamo di fronte alla stessa ruvidezza paragonabile soltanto ad alcune eccellenti basi per Champagne.
“Petrara” 2019 Verdicchio di Matelica Doc
Il vero capolavoro da appena 9 euro franco cantina. Fa effetto partire dal prezzo, ma il commovente rapporto con la qualità è un fattore inscindibile dalla successiva descrizione organolettica. Lievi affumicature da cenere di camino, frutto maturo a polpa bianca oscillante tra la mela cotogna e la pera Williams e mandorle essiccate nel finale. Secco al palato come il vento del deserto e dalla cospicua vena minerale. Da bere semplicemente così, senza per forza un motivo preciso, per il piacere di concedersi un attimo di inebriante riposo astenendosi da far cadere l’occhio sulle lancette dell’orologio.
“Vertis” 2019 Verdicchio di Matelica Doc
Curioso..stessa annata, ma totalmente diverso dal precedente. Cosa cambia allora? La risposta è ovvia come il principio del rasoio di Occam, la soluzione è sempre la più semplice: cambiano i versanti, le esposizioni e l’età stessa dei vigneti. Siamo passati nel Cru di Ialunga, rivolto a pieno sud, con vendemmie posticipate ai primi di ottobre.
Il vino vira subito all’olfatto verso note idrocarburiche e di ginestre essiccate. Gusto ampio e largo, con riverberi di cedro maturo. Chiude schietto su forti salinità, indice di una gioventù per nulla bruciata e che farà aspettare fino a tardi, come un genitore aspetta il figlio adolescente al ritorno dalla festa con gli amici.
“Jera” 2016 Verdicchio di Matelica Riserva DOCG
Altro giro altro capolavoro. Peccato non venga prodotto (saggiamente) in tutte le annate. Vendemmia tardiva, per un totale di appena 3000 bottiglie. Un anno e mezzo circa in acciaio inox ed il resto del tempo in vetro. Speziato come non mai, da noce moscata e pepe rosa. Seguono in progressione rosmarino, salsedine ed arancia tarocca. Succoso ed equilibrato ai massimi livelli.
“Matesis” 2017 IGT Marche Rosso
Le intenzioni sono ottime: nobilitare un autoctono senza ricercare l’internazionale di turno piacione e restituire fama ai vini rossi di Matelica. L’innalzamento progressivo delle temperature probabilmente aiuterà questo Montepulciano d’altura (che cresce ad oltre 400 metri sul livello del mare), sofferente degli eccessi climatici negli estremi freddo-caldo. Il frutto è interessante, denso e scuro, ma deve ancora combattere una parte vegetale che non contribuisce a dare eleganza al prodotto. Per fortuna corre in soccorso alla bocca la corroborante spezia, giusta miscela tra chiodi di garofano e pepe in grani, assolutamente identitaria. Da rivedere in seguito.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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