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Ma il Sauvignon Blanc in Italia è buono solo al Nord?

Sauvignon: alzi la mano chi, in più di un’occasione, non si sia lasciato sedurre da uno dei vini più glamour in circolazione. Da circa un mese sono stati ufficializzati i risultati del Concours Mondial de Sauvignon, competizione organizzata dal ben noto Concours Mondial de Bruxelles.

Nello scorrere l’elenco dei premiati (gli italiani potete consultarli a questo link) mi è venuta una curiosità. Il Sauvignon Blanc è indubbiamente uno dei vini/vitigni più diffusi al mondo e se ne trovano infinite interpretazioni. Comunque lo si declini, resta un vino di grande appeal, capace di far breccia facilmente nel cuore di appassionati e semplici consumatori, grazie ad un patrimonio di odori e sapori che lo rendono intrigante ed immediatamente riconoscibile.

Senza scomodare “mostri sacri” della tipologia – come quelli che abitano nelle terre d’elezione, leggasi Loira e le sue denominazioni Sancerre e Pouilly-Fumé – alcuni più che degni rappresentanti, quando si parla di Sauvignon in Italia, si possono trovare nella zona del Triveneto e del Trentino. Mi sono allora domandato: ma a latitudini a noi più vicine (quelle romane, per capirci) di che livello è questo Sauvignon? Possibile che non si trovino in giro prodotti interessanti, ottenuti da un vitigno di conclamato talento?

Ecco, allora, che ho iniziato una ricerca tra Lazio, Abruzzo, Molise, Umbria per capire se si trovasse qualche produttore che fosse riuscito a tirarne fuori una versione interessante. Metto subito le mani avanti: tale “ricognizione” non ha alcuna pretesa di esaustività e non è stato facile rimediare delle versioni in purezza. La maggior parte (tanti), usano il Sauvignon come vitigno di complemento, per aggiungere un tocco di profumi e acidità (e, spesso, anche “ruffianità”). Qualcuno, però, alla fine l’ho scovato, e ve ne parlerò nei prossimi paragrafi. Prima una digressione generale, utile spero ad inquadrare meglio il soggetto.

Come ben noto, il “nostro” ha origini transalpine. Alcune fonti lo indicano originario dell’area di Bordeaux, dove viene largamente utilizzato – in genere insieme al Semillon – per la produzione di vini bianchi secchi e per aggiungere freschezza ai celebri vini di Sauternes e Barsac. La sua patria d’eccellenza è però senz’altro la Valle della Loira. È qui che l’unione di suolo, clima e sapienza vitinicola riesce a tirar fuori le espressioni più coinvolgenti e di spessore.

Dalla Francia si è diffuso praticamente in tutto il mondo, dal Cile all’Australia, passando per Sudafrica e Stati Uniti. Chi, fuori dalla Francia, ne ha fatto un marchio distintivo, è senza dubbio la Nuova Zelanda, con i suoi profumatissimi Marlborough. In Italia, Friuli (Collio Goriziano), Veneto e Trentino sono in prima linea per la qualità dei vini prodotti con questa varietà.

Profumi, qualità aromatica, acidità e freschezza, sono frecce che i vini a base Sauvignon sfoderano con regolarità, e che ne hanno determinato un pressoché universale successo commerciale. Dal punto di vista olfattivo, gli arcieri principali sono le cosiddette “pirazine”, molecole responsabili dei tipici odori erbacei, di peperone, di foglia di pomodoro, di finocchio, di asparago, di erbe aromatiche, caratteristici di tutti i vini ottenuti da quest’uva. E poi una sinfonia di frutta come lime, mandarino, pompelmo, mela verde, banana, melone e frutti tropicali, frutto della passione, papaya, litchi e uva spina, che emergono specie quando è coltivato in climi freddi (con buona pace della famosa “pipì di gatto” che andava tanto di moda nei corsi da sommelier anni Novanta).

Come sempre tutto dipende dal terroir e dalle tecniche di vinificazione, anche se alcuni tratti sono talmente particolari che permettono di riconoscere immediatamente un buon Sauvignon. Quello che non cambia è l’innegabile personalità di questo vino, la sua carica aromatica talvolta travolgente, a cui fa da contraltare una sapidità e freschezza intriganti, che lo rendono perfetto compagno di un’infinità di piatti.

Venendo alla mia piccola ricognizione intorno al 42° parallelo Nord (quello che taglia l’Italia a metà, più o meno all’altezza di Roma) ecco cosa ho trovato.

Azienda Agricola Nardi – Sauvignon Esuperio 2020 IGP Lazio
aziendaagricolanardi.it

Minuscola azienda a gestione familiare alle porte di Roma, alla base delle colline dei famosi Castelli Romani. Dal 2015 producono in biologico (cosa non facile in quella zona, più adatta ai kiwi dell’uva) pochissime bottiglie di un Sauvignon chiamato Esuperio, vendute sotto la denominazione IGP Lazio. Ne ho provate tre annate in sequenza, ricavandone sensazioni via via più convicenti. La migliore mi è parsa proprio la 2020 che unisce ai tipici aromi varietali erbacei e freschi, un frutto più dolce ed equilibrato, che sa di tropicale, donando sostanza e piacevolezza al sorso complessivo. Nel complesso un vino molto sapido ed avvolgente, fatto con animo sincero, che mi ha positivamente sorpreso.


Cantine Capitani – Sauvignon 2019 IGP Lazio
cantinecapitani.it

Un altro IGP Lazio, stavolta da una zona di produzione leggermente più a Nord, a Trevignano Romano, vicino il Lago di Bracciano. La cantina ha storia “antica”, perché nasce nel 1974 col nome “Trevignano Vino”, e da allora porta avanti con orgoglio la promozione dei prodotti di quel territorio (anche in un ben fornito punto vendita in azienda, dove si possono trovare tante prelibatezze locali). In questo Sauvignon il carattere varietale si riconosce subito: salvia, ortica, frutta fresca, il tutto di media intensità. Il vino è ben fatto, equilibrato e piacevole, gli manca giusto un po’ di grinta e complessità in più, laddove il finale è segnato soprattutto da note morbide e dolci.

Orlandi Contucci Ponno – Ghiaiolo 2019 Igt Colli Aprutini
orlandicontucciponno.it

Ci spostiamo in Abruzzo, a Roseto, nel teramano. Azienda fondata dal diplomatico Corrado Orlandi Contucci, oggi di proprietà della famiglia Beretta, gli industriali delle armi. Qui la scelta di puntare sugli internazionali non è una moda dell’ultimora, ma una profonda convinzione: i terreni brecciosi, con un particolare impasto calcareo, ricordavano molto quelli delle pregiate zone bordolesi e così si piantò Sauvignon ben 25 anni fa. Il vino si chiama Ghiaiolo, dalle “ghiaie” appunto, e si fregia del merito di essere il primo Sauvignon Blanc in purezza prodotto in Abruzzo. Un vino che può davvero sorprendere, e che per aromaticità, complessità, piacevolezza complessiva per me ha poco da invidiare alle migliori espressioni del Nord. In particolare, è la bella e netta mineralità a conferirgli quel tocco in più che lo stacca dalla media.

Agricolavinica – Lame del Sorbo 2018 Sauvignon del Molise Doc
agricolavinica.it/

Dall’Abruzzo al Molise il passo è breve. Ma qui parliamo di un vino completamente diverso dal precedente, ma non per questo meno intrigante. Nella vigna “Lame del Sorbo” il Sauvignon è coltivato a 600 metri di altezza, in regime biologico, con metodi che si ispirano alla cosiddetta “viticoltura naturale”. Vinica è infatti un nome che gira da tempo tra la schiera degli appassionati del genere. L’esposizione e le escursioni termiche conferiscono a questo Sauvignon un profilo per il quale scomodare lo spesso abusato aggettivo “affilato” stavolta ci sta tutto (in pandan col nome della vigna). È vino senza concessioni a morbidezze e dolcezze. I profumi varietali sono forse poco “ammiccanti” per chi ama la carica aromatica tipica del vitigno, ma il sorso è puro e snello.

Poggio Lupo – Delsole 2019 Sauvignon
poggiolupo.com/it/

Poggio Lupo è una frazione del comune di Allerona, a nord di Orvieto, in Umbria. Un territorio dal fascino antico, salubre, ricco di storia e risorse naturali. Qui una storia vinicola di famiglia che risale ai primi del Novecento è stata recentemente ripresa dal giovane Alberto Morgante, che da qualche anno ha iniziato a imbottigliare. I nomi dei vini richiamano quelli delle porte del Castello di Lerona: in questo caso la porta Delsole. Da terreni argillosi esce fuori un Sauvignon che ho trovato in buon equilibrio tra le sfumature più dolci, di passion fruit e agrumi maturi, e quelle più “selvatiche” proprie del vitigno. In vino che fa della semplicità e del suo essere molto beverino il suo punto di forza.
P.S. – Da segnalare, nella linea aziendale, anche un raro ed intrigante Verdello, parente stretto del Verdicchio, di cui in giro non si trovano più così tante espressioni.

Colle Uncinano
colleuncinano.com/

Ancora in Umbria, in un territorio bellissimo nei pressi di Spoleto, a chiudere questa carrellata sui Sauvignon del Centro Italia. Di Colle Uncinano conoscevo già (ed apprezzavo) il Trebbiano Spoletino, un bell’esempio di bianco mediterraneo a tutto tondo, che in azienda viene declinato in varie versioni, compresa una divertente release “pet nat”. Il Sauvignon è, nel complesso, un vino più semplice, giocato soprattutto su toni fruttati dolci, che ricordano la pesca e la frutta esotica matura. Ha tuttavia una buona materia, e lo senti al sorso, che ha “ciccia”, sostanza, e resta appena un po’ frenato dal calore alcolico che torna nel finale.

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Abruzzese, ingegnere per mestiere, critico enogastronomico per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri, con cui ancora collabora. Vino, distillati e turismo enogastronomico sono la sua specializzazione. Nel tempo libero (poco) prova a fare il piccolo editore, amministrando una società di portali di news e comunicazione molto seguiti in Abruzzo e a Roma. Ha collaborato per molti anni con guide nazionali del vino, seguendo soprattutto la regione Abruzzo (ma va?), e con testate enogastronomiche cartacee ed online. Organizza eventi e corsi sul vino...più spesso in Abruzzo (si vabbè...lo abbiamo capito!).

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