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Lazio – Le stagioni del Bellone de I Pàmpini e la prospettiva d’invecchiamento

A giugno abbiamo partecipato ad un’interessante giornata studio sul vitigno Bellone presso l’Azienda Agricola I Pàmpini  in località Acciarella (LT), ospiti di Carmen Iemma ed Enzo Oliveto. Quest’incontro, condotto dall’enologo dell’Azienda dal 2016, Pierpaolo Pirone coadiuvato dal “capitano” Enzo, ha fatto percepire le potenzialità di longevità ed evoluzione nel tempo di questa straordinaria varietà in una verticale di sei annate (2021/2020 /2019 /2018 /2017 /2013).

 

L’Azienda I Pàmpini

Ma andiamo per gradi.

Nel Lazio il Bellone, autoctono a bacca bianca, vanta una storia antichissima: il Bollettino Ampelografico del 1881 lo riconduceva ai Belli, gruppo di vitigni diffusi nel territorio romano, conosciuto poi nel tempo con un numero elevato di sinonimi, fra cui Cacchione.

È particolarmente diffuso nell’area sud di Roma fino alla pianura pontina, dai Castelli Romani fino a Cori, includendo anche l’area litorale da Anzio e Nettuno sino a Terracina.

A differenza di altre varietà che sono state dimenticate, o addirittura scomparse, sta vivendo una seconda giovinezza, grazie ad una giusta riscoperta e alla valorizzazione da parte di alcune aziende del territorio come I Pampini che ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia.

L’Azienda, situata in un’area storicamente vocata per la coltivazione della vite a pochi chilometri dal mare, tra il Vulcano Laziale e i Monti Lepini, nasce nel 1999 e simboleggia oggi una delle realtà vitivinicole più importanti della provincia di Latina.

Dal punto di vista ampelografico quest’ultimo lembo di terra che fa parte del Comune di Latina, un tempo era storia di Nettuno. Un paese di mare fatto di contadini, e non di marinai, che riuscivano a coltivare in modo consistente l’unica coltura possibile sulla sabbia marina ovvero l’uva di questo storico vitigno. Il grano purtroppo arrivato a maggio non andava in fiore, si seccava e non dava nessun raccolto, ma solo paglia.

I contadini che avevano le grotte, ancora oggi esistenti, vinificavano il Bellone come un vino rosso, con lunghe macerazioni insieme a bucce e raspi, torchiature estreme per tirare fuori tutto il possibile.  Ne usciva un vino che, da uve raccolte surmature, aveva un color legno, aspro, ma con evidenti sensazioni alcoliche (arrivava a 16 gradi).

 

La sala degustazione in giardino

La Cantina ormai è da parecchi anni integrata nel territorio quindi i vigneti hanno un certo numero di anni sulle spalle per cominciare a valutarli nelle diverse annate e tracciare un profilo. Fondamentale sicuramente è l’età del vigneto che risente del clima mediterraneo di questa zona; la piovosità in un’area sabbiosa come questa, influenza la disponibilità idrica ma anche lo stato vegetativo perché tutta la sostanza organica, la parte dei nutrienti del terreno viene mineralizzata o meno in maniera differente. Più è umido meno sarà mineralizzato anche se la pianta ha un equilibrio maggiore; più fa caldo più ha dei picchi durante la fase vegetativa e a fine stagione non ha le riserve per l’anno successivo.

Il Vigneto

Nel 2022, al di là del grande caldo che l’ha penalizzato meno,  il problema è stato l’arrivo del freddo nei primi giorni di settembre e poi di nuovo le alte temperature. La pianta era concepita per andare in riposo, non ha accumulato riserve e ha smesso di finire di maturare le uve perchè idealmente ha pensato di essere a novembre. Quindi probabilmente nel finale di maturazione non è riuscita ad esprimere al massimo quello che voleva perchè la pianta ha staccato l’alimentazione.

Nelle prime cinque annate degustate il vigneto ha una grandissima maturità per cui ha dimostrato di  essere in grado di resistere alle oscillazioni dovute all’andamento climatico nelle diverse vendemmie. Questo ha permesso di tracciare un disegno dettagliato analizzando il vigneto che nell’annata più giovane ha 12 anni, nelle altre 18-20 anni di maturità e quindi meno l’influenza dell’annata più un profilo dalle tante sfumature dove possono variare acidità e struttura, ma riuscendo a mantenere le sue caratteristiche identitarie ben precise.

Evolve il vigneto, evolvono le condizioni climatiche e comunque l’intervento dell’enologo si riduce su un vigneto così maturo;  l’impatto di determinate tecniche è ridotto proprio perché la pianta ha un grandissimo effetto tampone, quindi anche un intervento di potatura va visto e contestualizzato e si vede l’anno successivo. Qui il vigneto era già ben gestito, la produzione per ettaro era già molto bassa quindi non sono stati necessari grandi interventi.

Il “non filtrato” è diventato uno dei punti di riferimento dell’azienda, forse uno dei prodotti più conosciuti, più identitari possibili provenienti da un vigneto con una buona maturità che ha regalato risultati soddisfacenti dandogli la libertà di esprimersi senza andare a forzarlo particolarmente.

Il Bellone fa la classica vinificazione in bianco, decantazione statica, con il mosto pulito parte la fermentazione mantenendo una temperatura costante fino alla fine, intorno ai 18 gradi, al minimo della ricerca dell’espressione aromatica del lievito e al massimo della trasformazione dei precursori aromatici del vitigno. Negli ultimi giorni della fase fermentativa, con ancora gli ultimi grammi litro di zucchero, proprio nell’idea di non filtrare il vino, viene spento il frigo per incrementare la temperatura intorno ai 20 gradi. Terminata la fermentazione, il serbatoio viene sigillato e lasciato sulle fecce di fermentazione il più a lungo possibile e dopo venti giorni viene aggiunta un po’ di solforosa. Dopo poco più di un mese, il lievito comincia l’autolisi, tenendolo in sospensione tutti i giorni per evitare la partenza della malolattica, per evitare che le fecce vadano in riduzione, viene poi travasato più torbido possibile, allontanando solo quello che fisicamente è pesante (residui di polpa e bucce). Tenuto in sospensione tutto l’anno, viene imbottigliato nel periodo che va da maggio a luglio (non filtrandolo la fase di illimpidimento è molto lunga).

Si prende di volta in volta la parte più alta del serbatoio, quella più pulita, si imbottiglia quasi la metà del volume di partenza.

La 2021 – afferma Pierpaolo Pirone – insieme alla 2017, annata storica da ricordare, concordando anche con altre aziende del territorio, in prospettiva degli anni futuri può regalare grandi soddisfazioni e un grande potenziale sia evolutivo che di piacevolezza gustativa nell’immediato.

Quello che ricordo, a dimostrazione della sua longevità non solo qui ma anche in altre aziende con cui collaboriamo, è che i vini a fine vendemmia sembravano quasi inespressivi, allora si è subito pensato al troppo caldo. In realtà non era un’espressività dovuta all’assenza di qualcosa, ma era una sorta di protezione. Non avevamo memoria delle annate in cui a fine vendemmia i vini esprimevano poco ma che avrebbero dato un grande potenziale nel tempo. Infatti giunti a marzo hanno cominciato a liberare tutta una serie di aromi e anche di struttura che non li rendeva banali come all’inizio ma davano l’idea della direzione in cui stavamo andando e questo ha ribaltato le aspettative della vendemmia. Ormai siamo abituati a ragionare che il vino debba essere pronto il giorno dopo, già a dicembre chiedono il vino dell’annata in corso e quindi abbiamo sempre ragionato a fare vini sempre più pronti, immediati ma con pochissime prospettive di invecchiamento. Il vino di qualità è quello che nel tempo riesce a mantenere le caratteristiche varietali identitarie senza stravolgerle. Più a lungo dura questa fase più il vino è di qualità.”

Pierpaolo Pirone e Enzo Oliveto

Bellone Lazio Igp non filtrato 2021 – La parte olfattiva è dominata dal varietale regalando intense note balsamiche che ricordano i pini della zona, con l’esordio, nell’attesa del calice, del the verde. Ci si aspetta la nota fruttata di pera, caratteristica intrinseca, e invece si avverte più una sensazione floreale che ricorda gli oli essenziali.

La beva sapida mostra una decisiva freschezza e una grande acidità piena, larga nel palato, caratteristica più importante del vitigno, data dal malico, ma non tagliente che in questa fase vince sulla struttura e sulla grassezza del vino. Una vena agrumata di cedro, frutta secca maturano assieme ad una sensazione iodata nel finale lungo e persistente .

2020: annata più calda della 2021 e meno piovosa, sempre ventilata di giorno e nella notte a circa 18 gradi costanti grazie alla brezza di terra, il vento fresco che scende dai Colli Albani. In questo caso abbiamo la pianta che combatte con lo stress degli anni precedenti, con meno vegetazione; un’annata tutto sommato equilibrata, non così pessima come possiamo immaginare anche se mediamente più calda con due gradi in più rispetto alla 2021 come condizioni termiche.

Bellone Lazio Igp non filtrato 2020 – All’olfatto si nota maggiore complessità, maggiore evoluzione con sensazioni terziarie che si affacciano appena, ma ciò che impatta differentemente è a livello gustativo.

Si perde quella parte floreale a favore della frutta bianca matura dolce, delle erbe aromatiche che regalano note balsamiche molto più spinte, del miele d’acacia.

Al gusto il malico ovvero quella sensazione di acidità larga non c’è, rimane più citrica e tagliente. Una grande morbidezza combatte con quella percezione di sapidità, una maturità che è andata avanti a scapito della parte del malico cosa che invece nella 2021 era presente.

La struttura tende quasi ad esaltare la nota salmastra presentando una salivazione molto fluida che arriva ad essere viscosa, data da questa grande sapidità molto più spinta. Siamo di fronte ad un bianco che ha raggiunto il primo traguardo, un vino molto godibile e di estrema gradevolezza che mantiene un filo conduttore con l’annata 2021.

2019: dopo le disavventure del 2018, incredibilmente è stata un’annata normale. Le conseguenze della gelata si sono verificate soprattutto nella mancata produzione e nella necessità di operare un intervento di potatura radicale con meno carico sia di uve sia di germogli a causa delle poche sufficienti energie della pianta.

Fortunatamente il Cacchione si trova all’inizio dei filari, fronte strada e il calore dell’asfalto e la protezione degli alberi ha fatto sentire meno la gelata alle piante con quei quattro gradi di temperatura in più rispetto al resto dei vigneti. Questo potrebbe essere un vantaggio nella longevità del vino perché si è ridotta drasticamente la resa per ettaro. Meno uva in pianta ha portato ad un equilibrio e ad allinearsi più o meno a quello che era lo stesso andamento degli anni precedenti.

Per cui la pianta parte con una stagione molto calda ma regolare, una vegetazione anticipata perché l’inverno 2018 non è stato particolarmente rigido e a febbraio 2019 faceva caldo e ha iniziato a germogliare. Poi a fine marzo è arrivato il freddo con il rischio di gelata e si è pensato addirittura di anticipare la vendemmia almeno venti giorni prima. Poi è andato tutto nella norma.

 

Bellone Lazio Igp non filtrato 2019 – Grandissima tenuta di colore, vivido che rimane su note di gioventù, una risposta cromatica che anticipa un po’ quello che è il vino nonostante non sia giovane. Le catechine, sostanze antiossidanti che danno origine a imbrunimenti, ci sono ma non si stanno invecchiando riuscendo a fermare quel processo di ossidazione a carico del colore.

Dimostrazione di carattere del vitigno che viene fuori mostrando un vino complesso, dalle tante sfumature di frutta esotica e mela, che sembra più giovane delle altre due precedenti annate. Avvolgente, morbido, disteso, con un’acidità quasi più tagliente e una mineralità diversa. Nonostante la sensazione pseudocalorica, la struttura e l’acidità tengono e torna la presenza del malico che non è forte come nella 2021 ma molto somigliante. È la versione più equilibrata  delle tre che offre sensazioni identitarie che ricordano il vitigno e continua ad esprimere qualcosa nel calice con il tempo che passa. Il suo lungo sorso sapido continua a regalare freschezza gustativa e acidità sul retro del palato.

2018: per la zona è stata un’annata fuori dagli schemi. È vero che si è abituati ogni tanto a qualche gelata ma non nel mese di aprile con temperature fino a -4 gradi la mattina, con piogge frequenti durante l’estate, alternate da giornate di caldo.

Un vigneto maturo colpito dalla disgrazia che in qualche modo è riuscito a produrre, forse grazie all’età, a differenza dell’annata 2019 che ha fatto un po’ da spartiacque con maggiori difformità e una produzione molto più bassa. Dinanzi ad una 2020 che si trascina la memoria storica della gelata ma nella quale il vigneto è tornato a produrre con una resa di 70-80 quintali/ettaro anche se non ancora con quella forza di sostenere la produzione perché non raggiunto a pieno quell’equilibrio interno.

Nonostante questo, ne è uscito un capolavoro di cui si parlerà molto nel tempo.

 

Bellone Lazio Igp non filtrato 2018 – Tornano i profumi dominanti delle erbe aromatiche, finocchietto selvatico, quella sensazione agrumata tipo bergamotto fusa al cedro in una mixture con il miele. Avvertiamo un’altalena gustativa, da un lato ti ammalia la sua rotondità, dall’altra ti punzecchia con le note dure dell’acidità. Un vino evoluto, in perfetta aderenza tra la parte olfattiva e la parte gustativa, dall’acidità larghissima al sorso e una sensazione sapida che arriva tardivamente. Nonostante la grande morbidezza, denota una complessità che tende a mascherare la mineralità sempre più salmastra, iodata che permane fino alla fine.

Figlio di un Dio minore che dimostra l’anima guerriera del Bellone che storicamente, ce lo racconta l’enologia, fino ad un certo momento ha lavorato come gregario poi da un certo punto in poi qualcuno ha avuto il coraggio di adoperarlo in purezza.

2017: annata estremamente calda e un vigneto in piena maturità, con dieci anni in meno dell’apparato radicale, che non ha bisogno di riprendersi da nessuna gelata, poco produttiva anche in termini di resa di mosto, la più alcolica del gruppo.

Bellone Lazio Igp non filtrato 2017 – Al naso si percepisce una leggera ossidazione che seduce e un ampio bouquet di profumi, dal miele d’acero ai canditi, dalle erbe aromatiche alla frutta secca. Inizialmente ermetico nella beva, si è aperto su sensazioni di mineralità con una buona acidità e freschezza nel gusto; anche se la parte dei terziari la fa da padrone, ancora è percepibile qualcosa di più fresco e floreale che mano a mano esce nel calice anche se in maniera minoritaria rispetto alle sensazioni terziarie.

Un vino snello che mantiene la sua acidità non compensata dalla struttura nonostante ci sia una parte alcolica manifesta a sostenerlo.

Bellone Lazio Igp 2013 – A memoria del produttore è stata un’ottima annata ed è l’unico filtrato della batteria perché all’epoca il non filtrato era ancora in fase di sperimentazione. Elegante ed equilibrato, regala un viaggio sensoriale all’olfatto ricordando i frutti canditi che ritroviamo anche al palato. Quello che non si percepisce è quella struttura, quella grassezza che rende il vino pieno che invece ha caratterizzato gli altri calici. Un vino che ha tra i suoi punti forza la componente ossidativa, con meno intensità di terziari, più balsamicità e mineralità che ancora si avvertono, precursori del vitigno. L’Acidità, la più bassa rispetto al gruppo, ma presente è spostata su sensazioni più citriche e taglienti.

Ha un’evoluzione coerente con i suoi anni senza grossi scossoni e richiama fedelmente la beva. In splendida forma.

 

 

 

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Sono un'Archivista Digitale nel campo editoriale, dedico la mia vita ai libri perché come dice Kafka "un libro rompe il mare ghiacciato che è dentro di noi". Così lo è anche il vino. Lui mi ha sempre convinto in qualsiasi occasione ed è per questo che dal 2018 sono una Sommelier Fisar, scrivo e racconto con passione sui miei canali e in varie testate giornalistiche la storia dei territori, gli aneddoti e il duro lavoro dei Produttori in vigna e in Cantina. Ho seguito un corso Arsial al Gambero Rosso Academy sulle eccellenze enogastronomiche del Lazio e presto servizio in varie eventi per il Consorzio Roma Doc e per il Consorzio Tutela Vini Maremma. Inserita con orgoglio in Commissione Crea Lab. Velletri come membro esterno per le degustazioni, sogno e aspiro a diventare con il tempo una vera giornalista.

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