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L’Alto Adige dei vignaioli indipendenti: Appiano, Cornaiano e Caldaro

Una piccola serie di articoli per conoscere meglio, attraverso alcuni produttori a mio parere di assoluto livello, quella parte di Alto Adige che gravita intorno a Bolzano (escludendo, per capirci, alcune fette importanti del panorama vinicolo regionale come la Valle d’Isarco, la Val Venosta e Merano). Una regione in cui la presenza di cantine sociali rigorose ed efficienti è assai significativa e quasi proverbiale. Fino a qualche anno fa, addirittura totalizzante: con benefici effetti sia per i vignaioli locali, che hanno sempre potuto contare su un reddito sicuro, sia per i consumatori, visto che le bottiglie delle cooperative altoatesine hanno coniugato puntualmente altissima qualità e prezzi contenuti.

Un discorso più che noto agli appassionati, in particolare se si guarda ai pochi km quadrati della zona a sud-ovest di Bolzano: le cantine di Andriano, Terlano, S. Michele Appiano, Cornaiano, Colterenzio, Caldaro e giù a scendere fino a Termeno e Cortaccia hanno spesso dato grandi soddisfazioni con vini di prim’ordine, a volte condizionati, soprattutto in passato, da un evidente influsso delle mode internazionali nell’uso del legno, ma quasi sempre impeccabili nella tecnica e a volte esaltanti nel bicchiere.

Le vigne

E la storia continua (e migliora). La crescita del livello medio dei vini della regione è ormai continua da diversi anni e sembra inarrestabile, grazie a cooperative e consorzi ma soprattutto a un folto gruppo di vignaioli con le idee chiare, dove da un po’ di tempo si è affacciata una nuova generazione, ricca di competenze e desiderosa di misurarsi sul mercato dei vini di qualità.

Ecco perché stavolta ho scelto di esaminare questi territori attraverso i racconti, i gesti (e le bottiglie) di coloro che da un po’ di anni si sono affrancati dalla benigna dittatura delle cantine sociali per provare ad esplorare una strada propria, personale.

Si comincia con tre sottozone importanti del vigneto sud-tirolese, un tempo dominate dalla Schiava, ma che da molti anni ormai sono invece dedicate principalmente ai vitigni internazionali: Appiano, Cornaiano e Caldaro.

Ignaz Niedrist e Martin Abraham sono due facce diverse ma complementari di questo terroir: il primo sicuro di sé, ricco di esperienza ma sempre alla ricerca di vini migliori; il secondo, al contrario, più timido, riservato, come se non si sentisse all’altezza dei giudizi lusinghieri ottenuti negli ultimi anni da penne autorevoli.

Lo noti da come parla, quasi sempre a testa bassa, con l’umiltà dei ragazzi di una volta, consapevoli di dover imparare ancora molto. Tranne quando, per affermare un concetto a cui tiene particolarmente, alza lo sguardo e ti fissa dritto negli occhi.

Ignaz Niedrist

Del resto la biografia, come sempre, fa la differenza. Ignaz Niedrist è un po’ il decano tra i vignaioli indipendenti di questa zona, essendo stato il primo a decidere di distaccarsi dalle cantine sociali, trent’anni fa, quando decise di lasciare il lavoro di capo cantiniere presso Colterenzio.

La proprietà di famiglia in realtà risale all’Ottocento, ma dopo la morte del nonno di Ignaz, dal primo Dopoguerra non si era più prodotto vino. Oggi, con quasi dieci ettari vitati tra Ronco di Cornaiano (argilla, pietra e sabbia, presso la sede aziendale), Appiano Monte (argilla, ferro e calcare, dedicati per lo più alle varietà a bacca bianca) e Gries (dove la moglie di Ignaz, Elisabeth, ha ereditato una vigna di Lagrein), i vini “della civetta”, il simbolo che compare in etichetta, sono tra i più interessanti della zona per precisione, pulizia e grande coinvolgimento al palato.

Le vigne sono situate tra i 450 e i 600 metri s.l.m. Il protocollo di vinificazione della casa prevede pratiche “miste”, con pied de cuve indigene e lieviti neutri per completare la fermentazione.

Ma ecco il riscontro dei miei assaggi.

Alto Adige Pinot Bianco Berg DOC 2018

Alto Adige Pinot Bianco Berg DOC 2018. Solo acciaio, da uve provenienti dalla zona più a nord di Appiano Monte. Naso molto gentile con erba tagliata, fiori bianchi, mela, buccia di limone, in bocca è molto giovane ma ha già personalità, buon finale leggermente agrumato. Assaggiato in una fase ancora interlocutoria, in vetro da due settimane.

Alto Adige Pinot Bianco Limes DOC 2018. Fermenta e affina per un anno in legno grande sui lieviti. Carattere erbaceo e minerale, leggermente sulfureo (fiammifero spento), rotondo e pastoso al palato, non lunghissimo ma di ottima sapidità e con una bella chiusura su toni di frutta bianca natura (melone). Si tratta di un’anteprima da botte.

Alto Adige Pinot Bianco Limes DOC 2017. Tutt’altro vino, annata molto differente, olfatto su note resinose e balsamiche, con un accenno di frutta. Sorso più fresco e verticale, forse meno espansivo, anche il finale è leggermente più rigido e amaro. In vetro da una settimana.

Alto Adige Sauvignon Porphyr & Kalk DOC 2018. Uve da otto diversi vigneti ad Appiano e Cornaiano. Sette mesi in legno. Profumi varietali molto spiccati (bosso, salvia, frutta tropicale), come è frequente in un Sauvignon così giovane, anche al palato i toni vegetali si fanno sentire ma si allunga bene e resta a lungo, buona dolcezza di frutto e profondità salina. Promette bene.

Alto Adige Sauvignon Limes DOC 2017. Un anno in botte grande, da una singola vigna ad Appiano Monte. Profumi più riservati e sottili, meno espliciti del campione precedente, sempre segnati da una scia vegetale stavolta accompagnata da toni floreali, gesso, buccia di agrumi, e toni più lievi di spezie e fumé. Bocca briosa e glicerica, di grande continuità, ampia e progressiva, tanta potenza e “ciccia”, bel grip acido-minerale che cresce in chiusura, con frutto delizioso di pesca e melone maturo. Impeccabile.

Alto Adige Riesling Berg DOC 2018. È un po’ il primo amore di Ignaz, che nel suo curriculum può vantare un importante apprendistato in Germania, patria d’elezione del vitigno. Viti importate da Alsazia e Palatinato. Naso abbastanza timido ma gradevole di mela bianca ed erbette aromatiche, pietra focaia, poi si affacciano il pepe bianco e gli agrumi. Grande slancio alla beva, completo, sapore che si espande senza mollare più, finisce lunghissimo, pompelmo e una lieve piccantezza. Gran vino, sapido e verticale.

Alto Adige Pinot Nero Riserva DOC 2016

Alto Adige Pinot Nero Riserva DOC 2016. Un anno in barriques, da sei vigne di Cornaiano. Odora di terra bagnata, frutta matura, stecco di liquirizia, bacche scure, cuoio; ha carattere, il tannino sembra un po’ ruvido e scontroso per la tipologia (“ma col Pinot Nero giovane di Cornaiano in realtà succede spesso, e poi invecchia benissimo”, chiosa Ignaz). Buona chiusura con un po’ di alcool in eccesso. Bottiglia meno performante di quella assaggiata durante le Giornate del Pinot Nero, ad Egna, dove alla cieca ha conquistato uno dei primi dieci posti del mio “personalissimo cartellino”.

Alto Adige Pinot Nero Vom Kalk DOC 2016

Alto Adige Pinot Nero Vom Kalk DOC 2016. Stesso protocollo del fratello maggiore (le barbatelle arrivano tutte dalla Cote d’Or), ma uve provenienti da Appiano Monte. È completamente diverso, naso più floreale ed elegante, balsamico, poi tabacco, fiori secchi, ginepro; bocca precisissima sul frutto, tannino setoso e maturo, fresco e sapido, persistenza notevole. Vino fantastico che dimostra quanto il terroir possa fare la differenza.

Martin Abraham

Una coppia giovane e affiatata, quella formata da Martin e dalla moglie Marlies, che una decina di anni fa ha deciso di mettersi in gioco cessando di conferire le uve, provenienti dai cinque ettari degli appezzamenti familiari, alla locale cooperativa e vinificando in proprio. Scelta comprensibile per chi possiede una vigna situata a 500 metri s.l.m. con giaciture di pietra vulcanica, porfido, quarzo e calcare, chiamata In Der Lamm, con piante ultrasessantenni di Pinot Bianco. Ma anche il resto della produzione, divisa in quattro parcelle vitate, si colloca ad alto livello, con una spontaneità nei profumi e nel sorso probabilmente favorita da una filosofia poco “interventista” fatta di fermentazioni spontanee, un’attenta tecnica di macerazione sulle bucce (per i vini bianchi) e.. tanto duro lavoro! Tutti i vini, bianchi compresi, affinano in tonneaux di vari passaggi.

 

Pinot Bianco IGT In Der Lamm 2017. Un anno in botte e sei mesi in vetro. Naso elegantissimo, di grano, erbette aromatiche, fiori e frutta bianchi; bocca molto equilibrata, bella scia sapida e limonosa in chiusura. Un ammirevole esempio di misura nella tecnica della macerazione sulle bucce delle uve bianche, oltretutto alle prese con un’annata molto difficile da gestire e interpretare.

Pinot Bianco IGT In Der Lamm 2016. Più esuberante all’olfatto con frutta esotica matura, mela renetta e scorza di agrumi, sorso più dolce ma di bel contrasto minerale, stuzzicante, tanto sale e succo nella lunga chiusura.

Pinot Bianco IGT Vom Muschelkalk 2017. Uve sessantenni a 600 metri di altezza, dalla parte opposta rispetto a In Der Lamm, ha profumi di montagna, erbe alpine, fiori bianchi, lato balsamico. Slanciato, grande acidità ma ben integrata, la raccolta anticipata dà freschezza, salinità e un frutto meno maturo.

Pinot Bianco IGT Abraham Art 2016. Dieci giorni di macerazione, due anni in botte. Leggerissima tostatura, balsamico, frutta bianca (pera), miele; bella acidità ben supportata da un frutto dolce ma croccante, chiusura esemplare, di grande dinamismo.

Pinot Bianco IGT Abraham Art 2015. “Sente” di più il legno all’olfatto, il sorso è un po’ più ampio e grasso ma si tratta certamente di un bel vino, sapido e complesso.

Upupa Orange IGT 2016 (Gewurztraminer). Sulle bucce per quasi un mese, vino un po’ fuori dagli schemi abituali della tipologia ma con una logica: naso di spezie, menta e rosa appassita; tanta struttura e materia a riequilibrare la tipica languidezza e il calore del vitigno, un po’ asciugante ma di bella scioltezza. Un Gewurztraminer personale, uno dei pochi apprezzati dal sottoscritto negli ultimi anni.

Gewurztraminer IGT 2013. Bella evoluzione, molto elegante, profumato di spezie orientali e frutta disidratata (arancia e albicocca), secchissimo al palato, perde un po’ di forza rispetto al predecessore (anche perché qui non c’era macerazione), guadagna in bevibilità.

Pinot Nero IGT 2016. Due anni in tonneaux. Un po’ timido all’olfatto, frutti di bosco, arance, caffè, terra e tabacco; sorso invece slanciato e succoso, molto elegante e reattivo nonostante un tannino vivace. Notevole la persistenza su toni di frutta secca e bacche scure.

Pinot Nero IGT 2014. Bei profumi, un po’ selvatici, ribes e sottobosco. Anche in bocca è diverso dal fratellino, tannini più setosi e integrati (anche grazie ai due anni di maturazione in più), sapido in chiusura e leggermente amaricante: un classico Pinot Nero altoatesino.

Pinot Nero IGT Abraham Art 2015. Ricavato da vecchie vigne di una parcella a Cornaiano e invecchiato per due anni in tonneaux per lo più nuove. Naso balsamico, frutta rossa matura, più strutturato dei precedenti, potente, tannico e masticabile, un po’ asciutto in un finale che richiama ancora i frutti rossi.

Upupa Rot IGT 2016 (Schiava con un saldo di Pinot Nero). Ottenuto da vari tipi di Schiava di circa 50 anni piantate a 450 metri s.l.m., dal grappolo piccolo. Grande esuberanza aromatica (fragole, lamponi), al palato conferma tutto il carattere del vitigno, sorso splendido, che gioca le sue carte non sulla potenza ma sulla dinamica e sulla freschezza. Grande vino.

Upupa Rot IGT 2015. Simile al precedente nei profumi (violetta in primo piano), con un risvolto terroso e fumé ad arricchire il quadro; molto diverso in bocca, più impettito, serio, carnoso, rustico, ma non perde molto in termini di finezza. 

Niklaserhof (Dieter Sölva)

Sopra l’abitato di Caldaro, nella frazione San Nicola, sorge la cantina (con delizioso agriturismo annesso) Niklaserhof, oggi guidata dalle esperte e sicure mani di Dieter Sölva. Anche in questo caso si tratta di una piccola azienda di sette ettari, nata 50 anni fa per conferire le uve alle cooperative, che a metà Anni Novanta il capofamiglia Josef decise di mettere in gioco provando a fare il “proprio” vino. E anche qui scommessa riuscita, direi. Si punta molto sui vitigni a bacca bianca, Pinot Bianco e Kerner anzitutto, senza trascurare quella che una volta era l’uva principe di Caldaro e dell’intero Alto Adige, ma che oggi è spesso messa in secondo piano dalle varietà internazionali: la Schiava.

Ma ecco i vini.

Alto Adige Pinot Bianco Hos DOC 2018

Alto Adige Pinot Bianco Hos DOC 2018. Naso gessoso, floreale e di frutta bianca (mela). Bella progressione, sapido, minerale, stuzzicante finale di pompelmo.

Alto Adige Kerner Luxs DOC 2018. Profumi leggermente vegetali (erba sfalciata), lieve speziatura, roccia bagnata. Anche al sapore conserva mineralità e sapidità, allungo di pesche e albicocche non pienamente mature.

Alto Adige Sauvignon Doxs DOC 2018. Naso classicamente vegetale con peperone e foglia di pomodoro. In bocca dà l’impressione sulle prime di una certa rigidità, poi si espande bene con un buon contrasto di sale e frutto, regalando una bella chiusura di spezie e sambuco.

“Con la linea classica – chiosa Dieter – cerco soprattutto di far esprimere i vini in termini di freschezza”.

Alto Adige Pinot Bianco Riserva Klaser Salamander DOC 2016. Da singola vigna piantata a metà anni Ottanta a 600 metri s.l.m. su sassi e calcare. Vendemmia tardiva, fa un anno di affinamento in legno e altri nove mesi in acciaio sempre sui propri lieviti. Dieter lo definisce “il nostro cavallo di battaglia”. All’olfatto il legno resta in secondo piano, trionfano note fresche di frutta bianca (pera e melone Cantalupo), vegetali (salvia) e di caramella agli agrumi; lieve sottofondo sulfureo e speziato (cumino). Bel sorso rotondo, sapido e contrastato, di discreta struttura per la tipologia, chiusura scattante e minerale. Un Pinot Bianco quasi extralarge, ma meno grasso di altri esemplari della zona anche celebri.

Alto Adige Kerner Riserva Libellula DOC 2016. Vigna vecchia, di circa cinquant’anni. Affina sui lieviti per 18 mesi in tonneaux usati. Uno dei rarissimi casi di riserva per questo vitigno. Profumi di frutta bianca e gialla, poi spezie orientali; sorso generoso, salato, verticale, molto simile a un Riesling (di cui peraltro è “figlio”), chiusura fresca e affilata. Vino magnifico, che non concede nulla in termini di dolcezza e morbidezza.

Kerner Without IGT 2016

Kerner Without IGT 2016. Senza solfiti aggiunti e con lunga macerazione sulle bucce (un mese e mezzo), stile che in Alto Adige ha preso piede solo negli ultimi anni. L’artefice è il figlio di Dieter, Michael, che racconta: “Finalmente ho voluto provare a fare qualcosa anch’io, di nuovo e insolito. Così ho selezionato solo grappoli maturi e dorati, uve del vigneto Vial, che ho lasciato fermentare, per il 20% intere e per l’80% pigiate, in una botte di legno aperta, direttamente sulle bucce, per poi passare all’affinamento in una botte di rovere usata. Come dice il nome, si tratta di un vino a fermentazione spontanea, non chiarificato né filtrato, ottenuto da uve lavorate senza solforosa”. Profuma di foglie di tè, cera e frutta secca, in bocca ha tannicità evidente e una certa dolcezza, la persistenza è solo media, ma è un progetto che va seguito e incoraggiato.

Alto Adige Lago di Caldaro Classico Superiore Klaser Hecht DOC 2018. Classicissimo ai profumi (fragole, lamponi, ciliegie e tutti i frutti rossi che vi vengono in mente), è molto succoso, elegante, si beve bene e ha anche una discreta struttura. Finale tipicamente ammandorlato e speziato. Il vino fa parte del progetto “Charta del Lago di Caldaro”, un disciplinare autonomo realizzato e sottoscritto da 19 produttori vinicoli locali, di cui Dieter è uno dei più convinti sostenitori.

Alto Adige Lagrein Riserva Mondevinum DOC 2016. Da una vigna che si affaccia sul Lago di Caldaro, passa in barriques per venti mesi. Ha un naso ampio e sfaccettato di more mature, mandorle salate, violetta, spezie scure, liquirizia, radici e inchiostro; sorso molto carico, struttura notevole, leggermente asciugante in chiusura ma con un bel ricordo di mirtilli.

 

* visite effettuate nel mese di maggio 2019

Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…

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