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Il mestiere di una guida sul vino e la fallibilità del giornalista degustatore

Nell’immaginario collettivo assaggiare per poi redigere una guida sul vino sembra uno dei mestieri più belli del mondo. Non nascondiamo la nostra passione per questo lavoro ed anche che ci riteniamo fortunati nel poterlo svolgere,  ma non è tutto oro quel che luccica. Forse solo chi ci ha provato sa quanto possa essere stancante assaggiare fino a 100 vini al giorno, e meno ancora sono quelli che hanno la consapevolezza della difficoltà di valutare un vino in un tempo relativamente ristretto  (un quarto d’ora o 20 minuti per ogni batteria da sei) cercando,  a bottiglia coperta s’intende, di essere il più oggettivi possibili sulla qualità intrinseca dell’etichetta che poi sarà scoperta solo a fine assaggio.

In questo senso l’intervento di un panel (commissione) di degustazione (per quelle guide che si affidano a questa metodologia, e la nostra è tra queste) diventa fondamentale per cercare di stemperare le soggettività dei singoli e per tenere alta l’attenzione sul calice che abbiamo davanti.

Ma il pericolo di sbagliare è sempre dietro l’angolo. Ecco perché,  con onestà intellettuale, riportiamo una serie di ulteriori pericoli/difficoltà che si possono affrontare in questo tipo di attività, e che ci inducono a pensare che nessuna guida (inclusa ovviamente la nostra, come serenamente dichiariamo ai nostri lettori)  è infallibile:

 

  • La preparazione di batterie omogenee diventa fondamentale. Qui la discussione è sempre accesa tra chi vorrebbe all’interno della stessa denominazione mettere i “pesi massimi ” in batterie da soli, e chi invece vuole metterli in batteria anche con “pesi piuma”. Ovviamente non c’è un metodo oggettivamente migliore, anche se, a mio parere, è preferibile il secondo (mettere alla cieca a confronto diverse etichette della stessa denominazione, a prescindere dalla fama dei singoli vini). È chiaro invece che all’interno della stessa tipologia o denominazione, le etichette vadano il più possibile confrontate per annate uniformi.
  • L’arrivo delle bottiglie e come sono state trasportate è un altro elemento determinante. Capita a volte (e questo il degustatore non può saperlo) che siano state tenute in magazzini troppo caldi da parte del corriere, e che quindi giungano in condizioni non idonee; a volte, scoprendo l’etichetta, si riesce a intuire che qualcosa non funziona, e si richiede un’altra campionatura (da assaggiare sempre alla cieca) all’azienda interessata; a volte invece non si riesce ad avere questa consapevolezza;
  • L’affinamento del vino è un tema sempre caldo. Le degustazioni della gran parte delle guide si svolge da metà aprile/maggio fino a fine luglio (a volte inizio agosto). Spesso i campioni in assaggio risultano ancora di difficile lettura, ed il panel fa un grande sforzo per prevedere come sarà quell’etichetta al termine del necessario affinamento; qui c’è sempre la solita diatriba tra il produttore che dice “Mi chiedete i campioni troppo presto” ed il giornalista che risponde “Perché non salti un’annata di presentazione dei tuoi vini alla Guida, così ci fornisci dei vini in condizioni ideali?”; ma il mercato, si sa, ha forzatamente la priorità;
  • Il fenomeno dei diversi imbottigliamenti di una stessa etichetta (pratica assolutamente lecita) rappresenta uno degli ostacoli più grandi per l’omogeneità di valutazione tra guide che assaggiano in momenti diversi, ma anche tra le guide stesse e la valutazione del consumatore, cui potrebbe arrivare una bottiglia anche molto diversa da quella assaggiata dalle guide. Emblematica è l’esperienza da noi vissuta : un produttore (di cui non cito il nome) in buona fede a febbraio ci ha invitato ad assaggiare un vino, da noi premiato nella edizione precedente, che aveva subito un altro imbottigliamento dopo più di 6 mesi di affinamento ulteriore in barrique nuova; ovviamente, cambiatissimo;
  • La lettura dell’etichetta può risultare più difficoltosa di una ricetta del medico. Capita spesso infatti che, non avendo a disposizione le nuove etichette, i produttori modifichino scrivendo a mano l’etichetta, a volte dimenticando di cambiare anche la retroetichetta; un bel rebus per chi asssaggia..
  • La richiesta dei campioni non è un processo semplice come si potrebbe immaginare. L’invio della prima mail ai produttori in genere corrisponde all’arrivo (secondo le scadenze programmate) dei campioni di circa il 40% delle aziende contattate. Sono sempre necessari ulteriori solleciti (sia via telefono che via mail) per arrivare alla quasi totalità dei vini richiesti;
  • Il rapporto con quei produttori che si aspettavano di essere premiati l’anno precedente (e magari sono stati “sempre” o quasi premiati dalla tua guida, come ti fanno puntutamente  notare quando li senti) e che quindi ti fanno penare per inviare i campioni. La sportività delle aziende non è affatto da dare per scontata. E neppure l’accettazione piena e consapevole della pur cantata e ricantata differenza,  in certi casi anche abissale di esito da annata a annata, lavorazione e lavorazione dello stesso vino. Tanto più schietta e artigiana è la metodologia che c’è dietro.

 

Questo è solo un elenco delle prime cose che ci vengono in mente per descrivere le difficoltà ed i rischi di errore di questo mestiere, che tuttavia mantiene un grande fascino, soprattutto per chi lo pratica con passione sincera e la indispensabile pervicacia.

Ma allora  vi state certo domandando non siamo sicuri delle nostre valutazioni?

A questo punto indosso i panni di vice-curatore della Guida I Vini de L’Espresso e vi rispondo che siamo ragionevolmente convinti che i premiati nelle nostre classifiche top (i 100 Vini da Bere Subito, i 100 Vini da Conservare, i 100 Vini da Comprare, ed i 100 Vini da Riassaggiare) meritino il riconoscimento, così come siamo anche fiduciosi di non esserci sbagliati sull’inserimento in Guida dei vini non premiati nelle classifiche di denominazione regionali. La base ampia (davvero tanto, e davvero con tantissimo lavoro dietro) del campo di assaggi annuale e la ristrettezza voluta e premeditata del nostro “vertice”, cioè del numero dei vini selezionati come top e proposti come tali a chi ci acquista, garantisce se non altro che i 100 siano TUTTI ottimi vini. E il rapporto di classifica tra loro è frutto ai valutazioni e confronti (anche tra gli assaggiatori) scrupolosissimi.

Non possiamo invece avere la sicurezza per i motivi sopra-elencati, che qualche vino non presente in Guida non sia a sua volta meritevole di esserci. E neppure che qualche piccola penalizzazione, o premio nella classificazione, non “punisca” o premi qualcuno dei presenti. Ma sulla sostanza, ribadiamo, ci sentiamo tranquilli.

E in ogni caso, visto che trasparenza per noi è il primo valore di ogni lavoro che abbia come target i lettori/consumatori (e non magari, come capita larvatamente per alcuni altri, i produttori stessi..) ecco perché l’introduzione della nostra Guida (in edicola dal 13 ottobre prossimo) riporta le seguenti parole finali:

“Ci siamo assunti in questo modo – lo ripetiamo – una grande responsabilità. Con chi c’è, e in modo particolare nei confronti dei “non raccontati”: i vini, cioè, dal posto 101 in giù nelle “top”, o magari dal 4°, 6°, 11°, 21° o 26° per le classifiche di denominazione. Vini pressoché altrettanto meritevoli, ed esclusi per scarti a volte davvero minimi. Ma è proprio quello che, secondo noi, il critico assaggiatore deve fare per onorare la sua responsabilità nei confronti del lettore-consumatore. Con

trasparenza, onestà intellettuale (cioè nessuna prevenzione di genere, tipologia o appartenenza a questa o quella “chiesa” del vino) e pronti ad ammettere, fin da subito, e com’è naturale, di essere competenti e scrupolosi, ma non infallibili. Perché chi nel nostro mondo lo dice, o peggio ancora lo pensa, secondo noi – tanto per dirla con una locuzione tristemente familiare agli

appassionati di vino – è un critico che “sa” un po’ di tappo…”

Ecco l’elenco dei nostri non infallibili:

Colophon Guida I Vini d’Italia 2018 de L’Espresso

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Scritto da

Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice del Concorso Mondiale di Bruxelles e membro del Comitato Editoriale del Concorso Mondiale del Sauvignon, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.

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