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I vini di Tornesi, portavoce della classicità di Montalcino

Il Brunello di Montalcino deve molto del suo inarrestabile successo alle famiglie e agli artigiani che negli ultimi 15-20 anni hanno contribuito in misura decisiva, con il loro lavoro su pochi ettari di vigna e in piccole cantine, ad alzare lo standard della qualità e a farne un’icona: il vero imprescindibile vino italiano assieme al Barolo.
Una di queste famiglie è quella dei Tornesi, che dal podere Le Benducce, subito fuori l’abitato della cittadina, sfornano anno dopo anno bottiglie sempre più convincenti, precise stilisticamente, aderenti a un modello che più che tradizionale sarebbe giusto definire classico, con un legame quasi sentimentale alla più pura espressione del Sangiovese Grosso.
La storia della famiglia Tornesi viene da lontano: è il 1865 quando Narciso Tornesi acquista il podere, a circa 570 metri s.l.m., esposto a sudovest, di fronte all’Amiata, da una parte, e alle colline che pian piano digradano verso la Maremma e il mare, dall’altra.

A lui succedono prima Giuseppe, poi Gino, tra i primi a iscrivere le sue vigne al Consorzio, negli anni Settanta, e infine suo figlio Maurizio, che nel 1993 decide di avviare l’attività di imbottigliatore (la prima etichetta è il Rosso di Montalcino di quell’anno, il primo Brunello, stessa annata, esce nel 1998).
Ancora oggi Maurizio è alla guida della cantina con la moglie e le figlie.

Unico vitigno coltivato, su suoli galestrosi e sassosi, è il Sangiovese Grosso, con piante che ormai superano i trent’anni di età.

Non vengono utilizzati diserbanti e la concimazione è organica. La resa media è di 60 quintali/ettaro.
Ho scoperto i vini di Tornesi giusto una decina di anni fa, grazie a quell’infaticabile scout che risponde al nome di Davide Bonucci e a una delle prime edizioni romane di “Sangiovese purosangue”. Ero già da tempo un assiduo frequentatore di Montalcino e del Brunello, e quel nome sconosciuto mi incuriosì perché trovai nei loro vini, al di là di qualche eccesso nei tannini e nell’alcol, una sincerità espressiva di immediata evidenza.
Per fortuna non sbagliavo, perché anno dopo anno ho registrato un costante miglioramento nel bicchiere di Tornesi, e oggi con convinzione scrivo per raccontare l’ultima annata del Rosso, del Brunello e della nuovissima selezione Benducce 570, che già mi aveva colpito a febbraio durante l’ultimo “Benvenuto Brunello”. In più, per testare l’evoluzione di questi vini negli anni, sono andato a ripescare dalla mia piccola cantina un’annata relativamente giovane ma con qualche anno di vetro già alle spalle, la 2012. Ecco le mie impressioni.


Rosso di Montalcino 2018. Annata difficile, le vigne erano ancora stressate dopo la siccità del 2017. Ha dato vita comunque a un vino convincente, che esprime tutta la spontaneità e l’allegria del Sangiovese giovane. Molto aperto olfattivamente, con lamponi, amarena, spezie leggere (cannella), pepe bianco, erbe officinali, terra bagnata. Sorso fresco, preciso, tannini dolci e gustosi, un calore ben bilanciato da una viva acidità e da una bella scia sapida nel finale, dove si avverte la visciola. Affinato in legno per sei mesi.


Brunello di Montalcino 2015. Già a gennaio, durante il confronto all’americana tra le ultime due annate di Brunello organizzato ormai da anni dal nostro direttore Maurizio Valeriani (link), era stato uno degli assaggi che mi aveva convinto di più, nonostante lo stato ancora “embrionale”. A Benvenuto Brunello, la conferma. Oggi nel bicchiere trovo un bel naso profondo, balsamico (menta) e terroso, con frutto in secondo piano; stecco di liquirizia, foglie secche, sangue, prugna e ciliegie sotto spirito. In bocca è dolce e morbido, armonico, leggermente pungente, asseconda i caratteri dell’annata. Chiusura fresca, tra il sale e gli agrumi, con una lieve sottolineatura vegetale e meno esuberanza fruttata di altri Brunello 2015. Trenta mesi in botti di rovere di Slavonia da 7 a 25 ettolitri.


Brunello di Montalcino Benducce 570 2015. Primo anno per questa ambiziosa selezione che vuole rappresentare la massima espressione del vigneto Tornesi. Profumi austeri e scuri, mineralità decisa, speziato, more di rovo, menta, carne cruda, frutta secca e sotto spirito. Palato ampio e coinvolgente, succoso, di ottima estrazione, tannini fitti e levigati, di grana finissima. Finale ricco e saporito, molto persistente su note di frutta rossa matura (ancora ciliegie, ancora prugne), un vino elegante nonostante l’evidente calore dell’annata. Affinato per due anni e mezzo in botte grande.


Brunello di Montalcino 2012. Anche se è una bottiglia ancora giovane, devo dire che se vado a curiosare tra i miei vecchi appunti lo trovo molto migliorato da questi anni in vetro. Il naso ha il timbro balsamico (tra menta e liquirizia) che a questo punto oserei definire caratteristico della casa ed è molto espansivo, con frutti rossi e scuri (amarena schiacciata), radici, ginepro, pepe nero, una lieve nota affumicata e di cenere spenta. Vengono alla mente il bosco e la campagna di inizio autunno. Il sorso denota, come detto, un’ottima evoluzione, è cremoso e sapido (quasi salato, un altro marchio di fabbrica Tornesi) e con un gioco a due, ancora una volta riuscito, tra alcool e acidità che dà equilibrio e mantiene eleganza. Chiusura complessa e contrastata, profonda, leggermente metallica, con un tocco di arancia sanguinella ed erbe amare ad allungare la beva. Si iscrive a pieno titolo tra i portavoce della classicità e della tradizione. Potrebbe crescere ancora nei prossimi 4-5 anni ma già ora è ottimo.

Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…

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