Bron e Rusèval sembrano termini arcaici quanto le tenzoni del Medio Evo o le feste danzanti tra gavotte e minuetti. Credereste mai, invece, che nel dialetto romagnolo (di influenza bizantina) Bron e Rusèval è il modo affettuoso usato dai compaesani per riferirsi a Mauro Sirri ed Emanuele Casadei, titolari dell’Azienda Agricola Celli a Bertinoro? Ritornando in queste calde terre familiari, dove all’ospite che chiede da bere si offre vino e non acqua, ci siamo accorti che mancava ancora all’appello il racconto di un importante protagonista del panorama enologico locale.
L’occasione è ghiotta per la rubrica Amarcord in Romagna, con una seconda serie di appuntamenti che ci condurrà a scoprire altri angoli nascosti, da vini unici che allietano le nostre giornate. Il progetto era già esistente prima di passare nelle mani degli attuali soci. “Lo scuro” – Mauro – ed “Il rubicondo” – Emanuele – traduzione dei loro soprannomi, si appassionano di agricoltura da giovanissimi negli anni ’90 e nel 1998 comincia il loro percorso, contando adesso ben 35 ettari vitati ed una cantina di vinificazione ed affinamento. La parte enologica e l’implementazione delle moderne tecnologie viene affidata alla competenza di Emanuele, mentre Mauro è l’anima commerciale dell’azienda, ricoprendo ruoli istituzionali anche all’interno del Consorzio Vini di Romagna.
I suoli di Bertinoro sono caratterizzati dall’importante presenza del cosiddetto spungone, una roccia di matrice calcarea con inserti fossili, ben cementata da argille e sabbie fini. A macchia di leopardo la si può trovare un po’ ovunque nell’areale, ricordo del mare preistorico scomparso nel corso dei millenni. Lo si rinviene, in particolare, negli appezzamenti denominati Massa, Cellaimo, Maestrina e Campi di Fratta: per quest’ultimo la complessità morfologica aumenta con marne compatte e piccole vene di gesso tipiche della parte interna collinare che dalla via Emilia guarda verso gli Appennini.
Una media di oltre 300 mila bottiglie annue, di gran lunga superiore alle altre realtà del Comprensorio se si escludono le Cooperative. L’eccezione che conferma la regola, quando fare quantità e qualità allo stesso modo non è un’utopia da idealisti. I prodotti sono ben fatti, a volte basati su uno stile di perfezione tecnica a discapito di palpiti di cuore, altre volte allineati sulle migliori espressioni artigianali, quelle insomma che fanno tremare i polsi di chi li assaggia.
I Croppi Docg 2020 da Albana in purezza calza a pennello nel discorso: colore oro zecchino lucente, da manuale dell’Albana. Naso quasi sulfureo, descrittore non del tutto estraneo al terroir per via della presenza di sorgenti fredde sotterranee richiamate per osmosi in superficie da rocce salate e gessose. Emerge con rapidità la classica albicocca matura segno indelebile del varietale, con sfumature di agrumi gialli. Sorso terragno ed officinale, molto salino con un tocco tannico sul finale di bocca. Fermenta in acciaio inox ed affina in cemento.
Bron & Rusèval Sangiovese Bertinoro 2017 – prosegue nella scia positiva del campione precedente. L’annata è stata a dir poco torrida, ma il vino non sembra risentirne. La piacevolezza appagante del gusto di ciliegie selvatiche unite a spezie fini di pepe nero e ad uno sbuffo di eucalipto omaggiano degnamente il Re della viticoltura di Romagna. Chiosa minerale e succoso, molto gastronomico.
Veniamo adesso all’assaggio di due prodotti “dolci” ritornando nuovamente sull’Albana, varietà che ha rischiato e rischia di continuo l’estinzione, non fosse per l’impegno di un gruppo stoico di produttori. Economicamente è un vero problema, richiede molto lavoro nei campi, spesso eseguito a mano dalle maestranze, e soffre di una marea infinita di problematiche. Come dicono alcuni viticoltori in zona, “è un gigante dalle gambe di cristallo”.
Le Querce 2020 Dolce – particolare versione prevista dal disciplinare. In Italia non trova l’attenzione che merita, avendo le carte in regola invece a rappresentare la giusta composizione tra chi vuole un fine pasto lieto, senza incorrere in prodotti eccessivamente melliflui. Solo 80 grammi/litro di residuo zuccherino ed un’acidità vibrante declinata per intero tra cedro ed arancia. Intrigante l’abbinamento con il cibo: dalla piccola pasticceria, al ciambellone delle feste, senza temere pietanze ardite come ostriche o foie gras. In Francia li classificano sotto la dicitura vini Moelleux, apprezzatissimi dagli estimatori di tutto il mondo. In Italia siamo, a volte, troppo miopi. Immancabile la chiusura salina molto espressiva.
Romagna Albana Passito 2018 Solara – buon equilibrio, tra ricordi di cenere, albicocche disidratate e canditi da pastiera. Vibra affatto stucchevole; in origine era il vino delle feste quando veniva volutamente stoppato nella fermentazione per lasciare l’alcool non svolto che spesso rifermentava in maniera spontanea, assumendo la connotazione di un liquido frizzantino dolciastro. Fortunatamente le tecnologie sono cambiate e si possono ottenere passiti deliziosi come questo, senza sbavature di sorta.
Che la seconda edizione di Amarcord in Romagna abbia dunque inizio.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia