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Al Cantàra, l’arte del… vino

L’azienda Al Cantàra è sita nel territorio di Randazzo (CT), dove con circa quindici ettari di vigneto e tre ettari di uliveto, produce sia vino che olio. I quindici ettari vitati sono per la maggioranza a Nerello Mascalerse, con il Nerello Cappuccio (in percentuali inferiori) e per una parte vengono coltivati il Pinot Noir, il Cabernet Sauvignon ed ultimamente il Carricante. Le etichette rappresentano delle vere e proprie opere d’arte, tutte variopinte e traggono ispirazione dal nome dei vini (O’ scuru O’ scuru, Cappiddazzu Paga Tutto, A Tistimunianza, Lu Disìu, etc.), che riportano il titolo di poesie di Nino Martoglio. Tutto questo è legato alla grande passione del padrone di Al Cantàra, Pucci Giuffrida per le opere di Nino Martoglio ed alla sapiente immaginazione e bravura nell’interpretare le poesie di Annachiara Di Pietro, che dà vita alle etichette dei prodotti dell’azienda. A causa dell’emergenza sanitaria l’azienda ha dovuto aspettare, per poter presentare i nuovi prodotti (uno spumante, un vino, un passito ed una grappa). La presentazione è stata fatta per l’appunto presso la cantina, a Randazzo (nel pieno rispetto delle regole anti COVID) ed in presenza di alcune testate giornalistiche, blogger ed addetti del settore. La testata giornalistica Vinodabere, ha avuto il piacere di essere stata invitata per tale evento, per poter degustare i nuovi prodotti ed allo stesso tempo poter visitare l’azienda, in particolar modo il museo aziendale, dove sono conservate le bottiglie che hanno le etichette ideate da vari artisti e che a fini di beneficenza sono state messe all’asta negli anni passati onde poter reperire fondi per i bambini orfani. Perchè in fin dei conti vino ed arte camminano di pari passo.


Durante la visita l’enologo di Al Cantàra, Salvatore Rizzuto, ha evidenziato come ogni passaggio sia di importanza fondamentale, dalla cura della vigna, alla vendemmia per la raccolta delle uve per ogni vino , alla fase di vinificazione (per lo spumante, il rosato, il bianco ed il rosso). A questo bisogna aggiungere che Pucci Giuffrida è una persona molto dinamica, che vuole sempre proporre novità ed arricchire la gamma dei prodotti aziendali, così la parte iniziale (tramite lo spumante) e quella finale (con la produzione della grappa) della vendemmia e vinificazione si sono ampliate e tutto deve essere pensato e concepito, in modo tale da non pregiudicare ed intaccare il ciclo ed a sua volta il prodotto successivo.
Lo spumante Re Befè, un Etna Brut D. O. C., sosta sui lieviti per trentasei mesi. Le uve vengono raccolte ai primi di settembre, in modo tale da avere la dovuta acidità. Il perlage è fine. La nota agrumata (delicata) si percepisce per prima, lievi accenni di pietra focaia, con erba tagliata che va a chiudere il corredo dei profumi. Sorso verticale, con una freschezza gentile, che lo rende particolarmente idoneo per antipasti e pietanze delicate. Ha una buona progressione.


L’Etna Rosso D. O. C., Liolà ullarallà 2017 è la vera e propria opera d’arte,  prodotta in 999 bottiglie. In pieno stile Maranello (Scuderia Ferrari), la presentazione dell’Etna Rosso accentra su di sé tutte le attenzioni dei partecipanti. Allo stesso tempo Pucci Giuffrida riesce a rendere l’atmosfera allegra e conviviale, raccomandando che se pur essendo un vino a tiratura limitata, va consumato, ogni occasione può essere quella giusta. Frutta sotto spirito e ricordi di ciliegia acerba, aspettando un po’ emergono sentori di humus e di muschio, con un lievissimo accenno di nota chinata. Agile e scattante all’assaggio, con una spalla acida in evidenza ed una scia salina che lo arricchisce. Quasi brioso all’assaggio. Beva verticale. La retronasale fa sentire un uso sapiente della botte. Fa affinamento per il 50% in tonneaux di castagno e per il 50% in tonneaux di rovere.

Si arriva al passito ottenuto da Nerello Mascalese, Lu Disìu 2017 I. G. P. Terre Siciliane. Con questo passito iniziano le sorprese, per come riesce ad essere beverino e per nulla stancante e soprattutto quando l’enologo parla dei g./l. che ha questo vino dolce. Sono ben centottanta, che lo dovrebbero rendere stucchevole e stancante, ma l’acidità gioca un ruolo determinante perché controbilancia la quantità di zuccheri e lo rende un vino dolce veramente piacevole e volendo anche da “semplice” meditazione. Dal calice si sente la prugna disidratata,  pesca e ricordi di mobilia vecchia. Piacevole alla beva e di grande interesse con una buona corposità. L’appassimento delle uve viene ottenuto a seconda dei casi, per vendemmia tardiva, o tramite torcolatura, o tramite incisione sul picciolo.
Si conclude con la grappa e si conclude in bellezza. Rosa fresca aulentissima (è il nome della grappa che produce Al Cantàra) è veramente una grappa che non può passare inosservata e non solo per l’etichetta (di Annachiara Di Pietro), ma per la picevolezza e la delicatezza di beva (è una grappa giovane) ed allo stesso tempo per l’eleganza e la personalità che allo stesso tempo riesce ad avere. Accenni di affumicatura, note di camomilla, uva sultanina e lievi accenni di frutta candita. Ha una “giusta” spigolosità che gli dona carattere e nerbo. Molto piacevole ed equilibrata.

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Come per tutte le cose importanti si inizia per gioco e poi... si fa sul serio. È dal 2006 che mi sono appassionato e sono stato introdotto nel mondo del vino, GRAZIE a MIO PADRE. Poi per capire qualcosa in più ho seguito un corso e..... nel 2013 ho conseguito il diploma di sommelier. A tutti coloro che sono appassionati di vino, dico che bisogna sempre provare e degustare vini diversi, cercando di capire quello che il vino ci trasmette, soffermandoci sulle sensazioni e sulle emozioni che può dare.

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