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La Blanche di Christian Drouin, un Calvados “bianco” tutto da scoprire

Qualche tempo fa abbiamo raccontato dell’usanza del “trou normand” e per farlo abbiamo descritto una diversa bottiglia di La Blanche di Christian Drouin.

Oggi invece vogliamo raccontare un’altra La Blanche​ (sempre di Drouin) e cioè la Release 2017, più complessa e intrigante, più morbida e accattivante.

Ma prima dobbiamo ricordare che queste due acquaviti rappresentano il Calvados “ante litteram”,​ quello che nei primi anni ’40 (prima dell’approvazione del disciplinare del Calvados Pays s’Auge che prescriveva almeno due anni di invecchiamento in legno) veniva prodotto distillando il sidro di diverse varietà di mele, con​ ​ tutte le tipiche caratteristiche del frutto: dolce, amaro, tannico, acidulo e dolce-amaro.

 

Un Calvados “in nuce” prima dell’invecchiamento in legno: semplice, puro e cristallino.

Ma tanto, tanto profumato dagli aromi varietali delle mele e, nel caso della Regione del Domfront, anche delle pere.

Christian Drouin dal 2003 ha voluto riportare in auge quel Calvados degli anni ’40, distillato essenzialmente per uso personale prima che commerciale, e siamo così arrivati a La Blanche de Normandie, nel nostro caso del 2017.

Doppia distillazione in alambicco di rame e in “small batch” senza invecchiamento in legno.

Conservazione quindi in contenitore neutro.

Puro come la frutta da cui deriva (almeno una ventina di varietà di mele), si presenta al naso con forti aromi varietali accompagnati da sentori di albicocca, dattero, ciliegie sotto spirito e brioche.

Al palato,​ oltre a un deciso gusto di mela e in piccola parte di pera, si apprezzano ricordi di confetto all’anice, liquirizia, zenzero e frutta secca (nocciola).

Il tutto con una bella sensazione di freschezza, ancora più accentuata e gradevole se la bottiglia viene conservata in frigo.

Quaranta gradi alcolici che scivolano via con leggerezza. E poco più di 30 euro per un gusto davvero piacevole e soprattutto di tradizione.

Superfluo aggiungere che questo distillato è perfetto per la mixology.

P.s.-​ un particolare, forse un piccolo vezzo: la capsula bianca che ricopre il tappo probabilmente e lì per ricordare la purezza e la tipicità di quest’acquavite.

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Scritto da

Carlo Bertilaccio vive a Roma ed è attualmente curatore della rubrica "di...stillati" per la testata giornalistica Vinodabere (www.vinodabere.it). Collabora anche con Luciano Pignataro (www.lucianopignataro.it) e ha collaborato per le edizioni 2017/2018 con la guida "I vini d'Italia" de l'Espresso. Ha collaborato per le edizioni 2015-2016 con la guida Slow Wine, e con la guida "Vini buoni d'Italia" dall'edizione 2010 fino all'edizione 2013. È autore di diversi articoli su distillati e vini su Scatti di Gusto (www.scattidigusto.it). Ha infine scritto diversi libri per Palombi editore su cocktails e altri argomenti, e prodotto inoltre quattro dischi di giovani talenti italiani nonché le canzoni per un musical su Marilyn Monroe, recentemente premiato al teatro Sistina di Roma. Giudice per Spirits Selection by Concours Mondial de Bruxelles. Giudice di Radici del Sud. Giudice di Grenaches du Monde.

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