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IL SANGIOVESE (E NON SOLO) DI MODIGLIANA – STELLA DELL’APPENNINO EDIZIONE 2019

Mi ricordo di tanti “tapponi della montagna” visti al Giro d’Italia, nelle telecronache dei De Zan (padre e figlio). Le gesta di Indurain, Tonkov, Bugno e il sempiterno pirata Pantani tanto per intenderci. Mai però avrei pensato di percorrerne uno anche io partendo da Rùfina, salendo per Muraglione e scendendo tortuosamente lungo la Valle del Casentino che unisce la Toscana e la Romagna.

Modigliana è questo e altro. E’ una strada da percorrere tenendo stretti i denti e gli occhi ben aperti rivolti al paesaggio. È bosco, silenzio, pace di montagna, rifiuto totale di qualsiasi forma di stress. Riassumendo in un unico sostantivo: coraggio!

Il coraggio di scegliere, il coraggio del sacrificio quotidiano, il coraggio di difendere un luogo magnifico altrimenti destinato ad inevitabile declino.

Modigliana era e resterà sempre il punto nevralgico dell’Appennino Centrale. Dall’alto dominano verso il mare le bizzarre forme dei calanchi gessosi del Monte Pietramora e verso l’entroterra si erge il Falterone da cui originano le sorgenti dell’Arno.

In mezzo poco più di 350 ettari vitati, frammisti a natura selvatica in perfetto equlibrio eco-sistemico, testimoni veri del depauperamento in termini di risorse umane avvenuto dagli anni 30 del secolo scorso ad oggi.

Le vallate

Durante questo intervallo il bosco si è più che triplicato, in continua competizione con l’agricoltura organizzata. La ginestra preannuncia l’invasione delle piante, con carpino nero e roverella in testa. Dagli oltre 10 mila abitanti e 19 parrocchie se ne contano attualmente appena la metà.

Bisogna dunque resistere, resistere, resistere! Superando le avversità di un clima particolarmente rigido sia d’inverno che d’estate, piogge e frane causate da rocce sedimentarie sopra argille marnose fragili, richiami e tentazioni urbane e valorizzando invece una saggia vita all’aria aperta.

Giorgio Melandri, giornalista di chiara fama coinvolto in prima persona nel progetto viticolo assieme a sua figlia Livia, Alessandro Liverani agronomo forestale e Francesco Bordini winemaker, pezzi da novanta per un grande “happening enoico” programmato dal 7 al 9 settembre grazie ai produttori di Modigliana, Stella dell’Appennino.

I piatti in abbinamento ai vini

Veniamo agli assaggi di serata, in abbinamento con i piatti dello Chef stellato Cristiano Tomei de L’Imbuto (Lucca). Una precisazione è d’obbligo, abbiamo deciso di valutare TUTTI i vini proposti, dedicando in calce lo spazio per gli assaggi migliori. Questo per valorizzare, anche nelle situazioni che presentano delle piccole criticità, lo sforzo profuso dal produttore con la speranza di incoraggiarlo a raggiungere presto vette di eccellenza che certamente merita.

Partiamo dunque da:

– TORRE SAN MARTINO “GEMME” 2018 – ROMAGNA DOC SANGIOVESE MODIGLIANA:  mancava all’assaggio il top “Vigna 1922”, era presente solo il giovanile “Gemme” di Maurizio Costa, un po’ sottotono al naso con accentuate sensazioni rustiche . Recupera in bocca con morbidezze fruttate che giovano al gusto ricco di more selvatiche.

– VILLA PAPIANO “STRADA CORNIOLA” 2018 – FORLÌ IGT TREBBIANO: per chi conosce i Trebbiano Toscano, pomposi e roboanti, questa freschezza citrina può essere una piacevole variante. Tipico del vitigno sono gli aromi molto delicati, che assumono potenza (forse eccessiva) al palato.

– IL PRATELLO “BADIA RUSTIGNOLO” 2007 – FORLÌ IGP SANGIOVESE: Emilio Placci dà la dimensione di cosa significhi il vero spirito romagnolo. Passione, gioia di fare, condivisione. Il suo vino invecchiato (con ben 12 anni di maturità) è austero, concentrato già su note terziarie di cuoio, tabacco da pipa e boisè. Peccato perché il sorso resta comunque gradevole, su note ancora acerbe rispetto alla confettura che normalmente si avvisa dopo tale affinamento.

– FONDO SAN GIUSEPPE “CA’BIANCA” 2015 – SANGIOVESE: cominciamo a salire verso i vertici della degustazione, con un Sangiovese di Mariagrazia Rizzati e Stefano Bariani, che esprime chiaramente “tipicità”. Ciliegia e amarene mature e potenti, tannini di pregevole fattura ben sorretti dalle freschezze. Resta solo leggermente corto alla prova dell’assaggio.

– LU.VA. “CARBONARO” 2018 – ROMAGNA DOC SANGIOVESE MODIGLIANA: Luciano Leoni  e Valerio Ciani lavorano in acciaio con note eleganti di fragola e lampone, ciliegia e mirtillo rosso. Timido alla beva viene comunque premiato per delicatezza e fragranza finale.

– BALÌA DI ZOLA “REDINOCE 2016” – ROMAGNA DOC SANGIOVESE MODIGLIANA RISERVA: terzo posto meritatissimo nei personali gradimenti per il gioiellino di Veruska Eluci e Claudio Fiore. Una Riserva che si apre al mondo intero, per nulla chiusa in sé stessa. Viola mammola e petali di rosa appassiti, taglio minerale e sanguigno ravvisabile anche al gusto pieno di arancia rossa, noce moscata e polvere pirica. 89/100

– AGRINTESA “PODERI DELLE ROSE” 2018 – ROMAGNA DOC SANGIOVESE SUPERIORE:  quando la realtà cooperativa (guidata da Nicola Zoli) possa produrre anche qualità oltre che quantità. A Modigliana molto si deve a queste aziende che hanno fatto da salvaguardia contro l’impoverimento delle vallate. Vino concentrato, morbido, si direbbe “internazionale”, dotato di ottima persistenza e dalla scia finale sapida. 90/100

IL TEATRO “VIOLANO” 2016

– IL TEATRO “VIOLANO” 2016 – ROMAGNA DOC SANGIOVESE MODIGLIANA: Luca Monduzzi e Stefania Montanari si dedicano al vino provenendo da un altro settore. Con cura e amore nasce un prodotto semplicemente squisito, in piena plenitude, agrumato e floreale dalla beva gradevole invitante ad un nuovo sorso. 92/100 augurandoci che continuino nel solco della strada tracciata.

Menzioni a parte vanno a tre etichette diversissime tra loro, che evidenziano la ricerca di nuovi orizzonti di stile:

–  LA CASETTA DEI FRATI “FRACANTO BRUT” 2013 – FORLÌ IGT BIANCO SPUMANTE: Maria Adele Ubaldi e Renzo Maria Morresi creano questo Brut davvero unico nel suo genere. Il brand dei FrawinesTM è già entrato nel cuore di molti, con la loro salinità ed il carattere fruttato. Trebbiano e Chardonnay in perfetto connubio danzante.

– CASTELLUCCIO “RONCO DEL RE” 2012 – FORLÌ IGT SAUVIGNON BLANC: Claudio Fiore riesce nel miracolo di coltivare vigneti alloctoni in terra di Sangiovese, con metodi completamente differenti dai canoni comuni. Ne segue un vino bianco assolutamente eccellente, che non dimostra per nulla di subire lo scorrere inevitabile del tempo. Mineralità, corpo, frutta a polpa bianca e note tostate dalla persistenza infinita. Un rivoluzionario.

– MUTILIANA “ECCE DRACO” 2018 – FORLÌ IGP PINOT NERO: Giorgio e Livia Melandri, sulla falsa riga dei Pinot del Casentino, concepiscono un vino ricco di essenze balsamiche e radicali da rabarbaro, chinotto e eucalipto. Questo perché in Italia si parla solo di Alto Adige…  Meno accattivante il Sangiovese Ibbola 2017 con sentori di maturità forse legati all’annata calda.

Il giorno successivo abbiamo replciato con una degustazione da antonomasia, splendidamente condotta da due critici di eccellenza, come il giovanissimo Nelson Pari (esperienza al Pall Mall di Londra) ed il graffiante Walter Speller.

Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, vini di tutta Italia si sono confrontati in una disfida particolarissima, basata sugli areali di produzione.

Si parte con il CAPITOLO 1 “IN ALTO IN BIANCO”, 4 modi di intendere la montagna.

– LES PETIT RIENS – AOSTA – “PETIT BOUT DE LUNE” 2016 CHARDONNAY: 2 ettari terrazzati per complessive 4000 bottiglie appena. Colore oro antico, molto chiuso all’olfatto con riduzione iniziale poi surclassata da sentori di frutta tropicale (ananas e melone), spezie morbide. Di grande sapidità. Corretta gestione del legno.

– WEINGUT ABRAHAMS PINOT BIANCO V.V. –“ VON MUSCHELKALK” 2017: ruffianamente perfetto, dall’impatto floreale di ginestra appassita, zagara, acacia, susine bianche e sorso teso misto lime-salgemma. Quasi trasparente verdolino.

– VILLA PAPIANO – STRADA CORNIOLO TREBBIANO 2018: vale quanto detto in precedenza per la cena.

– CIANCIULLI FIANO “ARENARIA” 2017 – IGP CAMPANIA”:  mieloso, pesca gialla matura, noce moscata ed erbe officinali. Caldo, accattivante senza la consueta presenza tostata. Fanno solo questo prodotto da una vigna a ben 800 metri di altezza.

CAPITOLO 2 “IL NORD”:

– WEINGUT ABRAHAMS “UPUPA ROSSO” 2013: Schiava unita a Pinot Nero. Non ancora in equlibrio. Ma si sa, dalla Schiava bisogna aspettarsi questo e altro.

– FERRANDO “CAREMA ETICHETTA BIANCA” DOC 2015: preciso come un orologio svizzero (anzi dovremmo dire piemontese). Mister Nebbiolo ricco di spezie scure, torrefazione, violette e marasche. Elegante anche al sorso, da attendere soltanto la completa maturazione di tannini ancora leggermente aggressivi.

– DIRUPI “GESS” 2015 – GRUMELLO VALTELLINA SUPERIORE: bel Valtellina dalla intensa freschezza e finezza. Una vena minerale sanguigna completo un quadro pressoché perfetto.

CAPITOLO 3 “APPENNINO”:

– MUTILIANA “IBBOLA” 2016 – ROMAGNA SANGIOVESE DOC: rispetto alla 2017 più interessante. Ancora vegetale pirazinico dato da oltre 40 giorni di macerazioni. Seguono pepe nero e arance tarocche. Tannino verde da bosco, unito a sensazioni di alloro.

– PODERE DI SANTA FELICITÀ PINOT NERO “CUNA” 2016 – IGT TOSCANA: il capolavoro di Federico Staderini, brillante enologo, che ancora una volta sa esaltare il territorio casentinese con note di liquirizia in stecco, chiodi di garofano, cassis e visciola. Bocca davvero fantastica, coerente, con arancia sanguinella, polvere di cacao e tabacco Kentucky. Eterno.

– VAL DELLE CORTI CHIANTI CLASSICO 2016: zona Radda. Meno fiori e più frutti. Esposizioni rivolte a Nord.

CAPITOLO 4 “SUD”:

– ASTRONI CAMPI FLEGREI PIEDIROSSO DOC “COLLE ROTONDELLA” 2018: bello valorizzare un vitigno spesso dimenticato come il “per’e palummo” direttamente dalla zona dei Camaldoli a Napoli. Fonte di natura e rusticità, denota delicatezze da pot-pourri e ribes rossi. Sapidissimo.

– LE NUVOLE BARILE FRANCO 2014 – VINO ITALIANO: 10 quintali per ettaro di resa media. Fine della storia, di che altro dovremmo parlare? Filone da ancien régime dell’Aglianico. Prima annata da grande attore di un territorio ove si parla ancora l’albanese antico.

– ROMEO DEL CASTELLO CHIARA VIGO – ETNA ROSSO DOC “ALLEGRACORE” 2016: nasce polveroso, cresce su aromi di ciliegia croccante, rose rosse e pepe rosa. Sorso agrumato e materico di ottima qualità.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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