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I RHUM AGRICOLE DELLA MARTINICA DI SAINT JAMES

Premessa: la parola rum si scrive diversamente secondo la zona di produzione. nei paesi di lingua spagnola si usa il termine “Ron”, nelle nazioni anglosassoni  si definiscono “Rum”, nei territori di lingua francese “Rhum”. Ecco perché nell’articolo che segue utilizzeremo solo la dizione Rhum.

Patria dei Rhum Agricole, la Martinica è l’unica ad aver definito una Aoc con un disciplinare di produzione legato al rhum. Scopriamo la Saint James, una delle distillerie dell’isola. Tre nomi si legano alla storia di questo rhum, abbracciando quasi tre secoli di storia. Dalla missione dei Fratelli della Carità fino a diventare un’icona del rhum caraibico.

LA STORIA DEL SAINT JAMES

Padre Edmond Lefébure

Nel 1765, la Martinica è una delle “isole dello zucchero” più produttive nei Caraibi.

Sulla costa occidentale dell’isola, ai piedi del Monte Pelée, i Fratelli della Carità gestiscono l’ospedale di Fort Saint-Pierre, principalmente per curare i soldati feriti, ma anche i bisognosi. Per le esigenze dell’ospedale, il Superiore dell’Ordine, Padre Edmond Lefébure, fa costruire accanto una raffineria di zucchero, nel luogo chiamato “Trou Vaillant”.

La raffineria di zucchero porta alla creazione di una distilleria che impiega i residui di melassa, per un rhum piuttosto rudimentale, sottoprodotto della lavorazione dello zucchero, destinato per lo più al consumo locale.

Il XVII secolo infatti è un periodo cruciale per la nascita del rhum. Uno dei fattori determinanti tra le concause, è l’avvento della barbabietola da zucchero. Questa infatti dirotterà la canna da zucchero prevalentemente verso la produzione di rhum e Padre Lefébure, che aveva evidentemente già intuito il potenziale del distillato di canna da zucchero, proseguirà per questa strada. Del resto già anni prima Padre du Tertre e Padre Labat, entrambi eminenti botanici attivi in Guadalupe e Martinica, avevano già lavorato sul processo di distillazione, apportando nuove soluzioni e migliorie tecnologiche.

Padre Lefébure affida la commercializzazione ad un altro confratello, Padre Gratien. Le opzioni commerciali non sono molte: non si possono vendere distillati dalle colonie in Francia da inizio secolo per una scelta protezionistica, dunque il “Trou Vaillant” può essere venduto soltanto alle colonie inglesi del Nord America, geograficamente vicine.

Il nome non è particolarmente facile in inglese, così ispirato da un dominio vicino, Saint Jacques, sceglie per per il nuovo rhum, il nome di Saint James.

Paulin Lambert

Dopo la Rivoluzione e fino al 1820, i domini religiosi nelle colonie diventano proprietà nazionale dello Stato. Nel 1820, sotto la Restaurazione, questi atti sono annullati per ordine reale.

Nel 1882 un intraprendente commerciante di Marsiglia, Paulin Lambert, decide di dedicarsi alla produzione di rhum in Martinica. Acquista dunque “Trou Vaillant”, registra il marchio “Saint James” e sceglie un formato insolito: una bottiglia di vetro con base quadrata. In questo modo massimizza il carico sulle navi.

L’identità del marchio Saint James nacque con la sua etichetta: un coccodrillo in un campo di canna da zucchero.

Il Saint James è un rhum agricole, ovvero distillato di “vesou” , il succo fresco di canna da zucchero, e non di melassa. A partire dal 1885 inizia la produzione dei rhum di annata, una vera novità. Tuttora esistono rarissime bottiglie di Saint James 1885.

In realtà il Saint James 1885 – come testimonia Luca Gargano, patron di Velier nel suo libro Nomade tra i Barili – “è un rhum di un’altra epoca, fatto in un altro modo, prodotto non dal succo fresco di canna da zucchero, ma da uno sciroppo leggero, il jus cuit”[1]. E così è stato fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1902 il Monte Pelée esplode in un’eruzione violentissima. Distrugge tutto a Saint Pierre, ci sono migliaia di vittime, tuttavia miracolosamente la piantagione e la distilleria vengono danneggiate solo in parte.

È una vera tragedia, ma l’attività continua per soddisfare la domanda. A distanza di pochi anni aprono altri siti: a Saint-Joseph nel 1911, a Lamentin nel 1912 e a Case-Pilote nel 1929.

Jean-Claude Benoit

Nel 1973 la società Cointreau compra la distilleria Saint James e costruisce una nuova distilleria a Sainte-Marie, sulla costa atlantica dell’isola. È un’occasione unica per creare un vasto sito produttivo vicino alle piantagioni di canna da zucchero, su un terreno fertile e ben esposto al sole.

Jacques Chirac, allora primo ministro del presidente Valéry Giscard D’Estaing, accompagnato dal ministro dell’agricoltura, presenzia l’inaugurazione delle nuove cantine di invecchiamento e dei 300 ettari di canna da zucchero di proprietà delle piantagioni.

Nel 1975 entra a far parte della Saint James come direttore Jean Claude Benoit. Vi rimarrà per circa quarant’anni. “È stato l’artefice, dopo vent’anni di battaglia, della AOC Rhum Martinique, e sa tutto del rhum , ha visitato tutte le distillerie del mondo, dal Brasile al Vietnam, adora gli alambicchi e ne ha creato la più vasta collezione al mondo, esposta a la Musée du Rhum”[2]

Attualmente, la Martinica è l’unico dipartimento d’oltremare francese a possedere un’AOC. La denominazione riflette il carattere unico del rhum agricole di Martinica ed esprime il legame tra rhum, produzione, territorio e tradizioni.

A coadiuvare Jean-Claude Benoit c’è Marc Sassier è un enologo francese, oggi responsabile della produzione della distilleria e Presidente dell’AOC Rhum agricole Martinique. È l’erede di Jean-Claude Benoit in continuità con la sua filosofia.

Nel 2003 il gruppo Rémy Cointreau cede Saint James a La Martiniquaise, che diventa così il primo gruppo produttore e distributore di rhum agricole europeo con AOC.

I Distillati

La distilleria Saint James coltiva su terreni vulcanici della Martinica campi di canna da zucchero che si estendono su circa 300 ettari. Il fabbisogno di materia prima è così in buona parte coperto internamente, garantendo che l’autenticità di questo terroir dalle caratteristiche uniche sia preservata.[3]

Sono impiegate 6 colonne créole in funzione per distillare il puro succo di canna, mentre l’affinamento avviene in botti ex Bourbon o Cognac.

La colonna è l’alambicco tradizionale a distillazione continua con colonna singola. in questo caso abbiamo una sola colonna che permette di dar vita a prodotti con più alte percentuali di aromi e congeneri. Per qualità del risultato e aromi, la distillazione continua in colonna creola è spesso paragonata alla distillazione discontinua.[4] Ovviamente è rigorosamente vietata l’aggiunta di zuccheri.

Di seguito i rhum degustati in occasione della masterclass Saint James a ShowRum 2023.

Saint James Rhum Blanc Agricole 55°. Classico Rhum bianco agricolo che permette di apprezzare la ricchezza di congeneri che derivano dalla distillazione continua in colonna creola: frutta gialla e toni smaltati si rincorrono, banana e gomma, prugna secca. Sorso morbido in ingresso che chiude con accenti iodati, salmastri.

I rhum VO, VSOP e XO affinano in legno. Sono sempre rhum agricoli che impiegano due distinte varietà di canna da zucchero (Paille e Roseau) con fermentazione per 48 ore in tini aperti. A fare la differenza è la durata dell’affinamento in botti di rovere, tipicamente americane ex Bourbon.

Saint James Rhum Agricole VO. L’affinamento di tre anni in legno si fa sentire. Note di frutta tropicale, mango, pepe, vaniglia, nocciola. Il sorso è morbido e ben modulato.

Saint James Rhum Agricole VSOP. Affinamento per almeno quattro anni e mezzo. Dunque le sensazioni fruttate virano verso la frutta candita, emerge la tostatura, note speziate e frutta secca. Sorso importante segnato da una discreta acidità e volume.

Saint James Rhum Agricole XO. Sicuramente un salto qualitativo rispetto ai precedenti. L’affinamento in legno dura da sei a dieci anni. L’esperienza gustativa acquista spessore e profondità. Gli aromi numerosi e complessi sono altresì scanditi con maggior evidenza. Legna arsa, zenzero candito, fichi secchi, cacao, spezie dolci, note iodate. Il sorso è ampio e sferico, decisamente morbido e materico, con un finale persistente.

[1] Luca Gargano, Nomade tra i barili

[2] idem

[3] https://www.spiritacademy.it/

[4] https://www.rhummer.it/tipologie-di-distillazione-del-rum/

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Scritto da

Michelangelo Fani, da oltre 15 anni appassionato di vino, distillati e gastronomia. Nel 2010 scrive occasionalmente su Dissapore. Nel 2012 collabora alla guida Bibenda 2013. Negli anni successivi partecipa ai panel per le Guide “ai sapori e ai piaceri regionali” di Repubblica (Lazio, Abruzzo, Marche Umbria, Puglia, Sardegna) e collabora con l’associazione Ateneo dei Sapori. Dal 2019 scrive sulla guida ViniBuoni d’Italia, edita dal Touring Club. Degwineandspirits.com è il suo taccuino di viaggio nel mondo del vino e dei distillati. Perché in fin dei conti, “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla” (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento – Novecento, A. Baricco).

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