La prima volta che ho assaggiato gli Champagne Vilmart ho sognato due cose: continuare a berli e volare in Francia, a Rillyla-Montagne, per scoprirne i segreti.
Ed eccomi qui, di fronte ad un edificio di stampo alsaziano immerso tra i vigneti, nella porzione Nord della Montagne de Reims, pronta a bussare alle porte dell’azienda Vilmart & Cie.
Vilmart è uno dei migliori récoltant manipulant della Champagne.
Cosa penso dei suoi prodotti?
Che trasmettono con precisione e continuità eleganza, coerenza, estrema pulizia, in un leitmotiv di incantevole persistenza.
D’altronde basta assaggiare la cuvée di ingresso “Grande Réserve” per recepirne appieno lo stile.
Nata nel 1890, l’azienda Vilmart è attualmente guidata dalla quinta generazione della famiglia.
Laurent Champs è Chef de cave dal 1995, sulle orme del padre René che, come lui, ha sempre professato un lavoro millimetrico sia in vigna che in cantina.
Proprio René Champs (genero di Renan Vilmar e nipote della fondatrice Désiré) fu elevato al rango di “Chevalier de l’Ordre du Mérite Agricole” negli anni sessanta e fu l’autore sartoriale dello stile Vilmart, andando ad introdurre l’uso del legno in cantina negli anni settanta, periodo storico in cui tutti lo cominciavano ad abbandonare.
Ad accogliermi nella struttura c’è Thomas, figlio di Laurent, entrato a far parte dell’organico aziendale nel 2020.
Il racconto di Thomas comincia con l’approccio della sua famiglia alla campagna.
Per la maison Vilmart la viticoltura deve rispettare la biodiversità. Certificata HVE (Haute Valeur Environnementale) livello tre – il più alto – e VDC (Viticulture Durable), esclude l’uso di erbicidi o insetticidi chimici, operando in un contesto di agricoltura biologica secondo i dettami della “carta di qualità Ampelos”.
Metà della produzione aziendale – che si attesta a 120.000 bottiglie annue – viene esportata in più di trenta paesi diversi.
Il mercato nord europeo è quello più attento alle referenze super premium, ma anche l’Italia assorbe un numero consistente di bottiglie.
Undici ettari di proprietà, per il 94% Premier Cru, raggruppati in 12 parcelle in prossimità della cantina: un corpo unico che fa di Vilmart un vero e proprio domaine.
Il 60% del vigneto è dedicato allo Chardonnay, il restante 40% al Pinot nero, interpretazione piuttosto atipica all’interno di un areale dove dominano le coltivazioni di bacca nera.
Le vigne hanno in media trentacinque anni di età, quelle che arrivano ai sessanta sono riservate esclusivamente alla produzione dei top di gamma.
Il singolo vigneto “Les Blanches Voies” è situato più a nord di Rilly, in un’area dove il gesso è affiorante e non c’è foresta a fare da contorno, ombreggiando il vigneto.
Questo appezzamento è suddiviso in due parti: una per le piante fino ai cinquant’anni di vita, l’altra per quelle che arrivano ai sessanta.
Da qui proviene la materia prima per gli Champagne millesimati di Vilmart.
A partire dalla vendemmia manuale, tutti i processi di lavorazione sono finalizzati alla selezione delle migliori uve, nell’ottica di una lavorazione rigorosamente parcellare.
La pressa tradizionale Coquard è l’unico strumento utilizzato per pigiare gli acini. Il suo uso esclusivo riguarda non più di un centinaio di produttori in Champagne, al giorno d’oggi.
Il débourbage si fa per gravità e successivamente i mosti vengono trasferiti in legno per avviare la prima fermentazione. I lieviti sono stati selezionati per lavorare a basse temperature, tra i 18 ed i 19 gradi.
Vecchie foudre da 50 ettolitri ospitano i futuri sans anneé, mentre botti di Mersault da 228 litri accolgono i millesimati.
Sono prodotte dalla famosa Tonnellerie Rousseau ed arrivano a Rilly dopo almeno un anno di utilizzo in Borgogna, in modo che le note boisé più coprenti si siano già attenuate.
Tutti i vini seguono questo iter fino alla prima settimana di giugno, con periodici bâtonnage, per cercare di ottenere un prodotto base sous bois rotondo, ricco, fine e fruttato.
Tutti i contenitori in legno vengono rimpiazzati ogni 6 o 7 anni.
L’uso di questo materiale, però, non spinge verso percezioni boisé eccessivamente marcate, ma regala sottili e vivaci tostature.
Thomas mi mostra altre botti, questa volta più grandi, da 55 ettolitri, che campeggiano in un ambiente separato dall’area di vinificazione che abbiamo appena visitato.
Qui il 20% del pressato concorre a costituire, di anno in anno, le réserve perpétuelle della cantina.
In parallelo all’utilizzo dei legni, la seconda regola del “metodo Vilmart” è impedire lo svolgimento della fermentazione malolattica, al fine di preservare freschezza, tipicità e tensione dei vini, sostenendone al meglio anche il potenziale evolutivo.
“Avant tout et surtout j’élabore un vin. Le Champagne vient ensuite, pour mon plus grand bonheur”
“Prima di tutto e soprattutto elaboro un vino, lo Champagne viene successivamente, per la mia più grande soddisfazione”
Questo è il motto di Laurent Champs .
Ma proseguiamo con il racconto del processo produttivo. Dopo almeno dieci mesi di vinificazione in legno avviene il tiraggio.
I vins clairs vengono messi in bottiglia insieme alla liqueur de tirage affinché si inneschi la seconda fermentazione. Le bottiglie arrivano nelle caves sotterranee della maison per riposare dai tre ai quattro anni per i sans année, da cinque a otto per i millesimati.
Nei lunghi cunicoli scavati nella pietra è presente anche la vinotèque che conserva la memoria storica della famiglia Vilmart.
Ed ora viene il bello, comincia la degustazione.
Lo Champagne d’ingresso lo abbiamo già citato: il Grande Réserve, che da solo copre il 50% della produzione aziendale e contiene la percentuale più elevata di Pinot nero.
Un biglietto da visita più territoriale per Vilmart, uno Champagne di ottima articolazione e decisamente scorrevole.
Segue il Grand Cellier, che è il brut sans anneé di alta gamma, e la Cuvée Rubis, Champagne rosé ottenuto con il metodo saignée.
Dopo la batteria dei sans anneé comincia l’escalation dedicata alle espressioni millesimate: dal Grand Cellier d’Or 2019, al giovanissimo Coeur de Cuvée 2016, fino all’ultimo nato in casa Vilmart, il Blanc de Blancs 2012.
Questi Champagne, come si è detto, nascono dalla selezione di uve provenienti dal lieut-dit “Les Blanches Voies”.
A questi ultimi due desidero dedicare un approfondimento.
VILMART COEUR DE CUVÉE 2016 (20% Pinot Nero, 80% Chardonnay)
Solo 1400 litri dei 2050 della cuvée vengono indirizzati a questa referenza – il “coeur”- appunto. Sei anni sui lieviti ed un dosaggio di 7 grammi/litro. Al naso domina un burro prelibato intriso di note balsamiche, con cenni più scuri di pepe nero, alloro e corteccia, insieme a note più fresche di agrume. Solo con i minuti fanno capolino gli aromi di pasticceria rinfrescati dai profumi floreali. Un quadro olfattivo fitto e profondo, dagli incantevoli contrasti. Al sorso, trainato da una bollicina perfetta, dilaga un rivolo fresco e concentrato, cremoso e dinamico. Troppo giovane da bere adesso – anche se già prelibato – da aspettare, per goderne appieno la progressione.
VILMART BLANC DE BLANCS 2012 (100% Chardonnay dalle piante più vecchie di “Les Blanches Voies”).
Otto anni sui lieviti e due anni in bottiglia dopo il dégorgement. 3000 unità prodotte. Dosaggio 4 grammi/litro. Naso potente ma sottile, con gli agrumi maturi che si intrecciano al pan di zenzero e pepe bianco; seguono crostata all’albicocca e latte di mandorla. Il sorso è voluminoso ma affilato con una gustativa dominata dalla freschezza minerale e dalla sapidità avviluppante. Un vero e proprio palinsesto di aromi perfettamente amalgamati da un sottofondo iodato, con un lunghissimo finale che sfiora il mentolato.
Mi chiamo Paola Restelli, “PR”di nome e di fatto. Creare un nuovo contatto oppure dar vita ad una rete di idee e persone mi ha sempre procurato divertimento e piacere. Avevo fin da piccola attitudine a generare empatia e, quando il vino è entrato nella mia esistenza, questa dote si è rivelata assai preziosa. Lavoro da anni nel comparto come Consulente, con mansioni di Brand Ambassador, ma anche Responsabile dell’ideazione, della produzione e della conduzione degli eventi enogastronomici. Mi sento “al posto giusto”, come il buon vino a tavola. Conferisco alla degustazione una natura simbolica, edonistica, estetica. Penso a me come ad un cupido enoico, che opera in una nicchia privilegiata di cultura.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia