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“CASA SETARO” LA CASA SPUMEGGIANTE DEL VESUVIO

Nella categoria “ce l’ho, manca” non potevo trascurare il Vesuvio e uno tra i suoi eroici produttori che ne addolcisce, in maniera armoniosa, le pendici solcate da spesse vene basaltiche.
È il primo di due articoli che affronta il tema delle bollicine italiane: alla fine del mio racconto capirete quanto ha da offrire in tema di innovazione e sperimentazione il nostro made in Italy.
Massimo Setaro l’ho conosciuto ad un evento organizzato in collaborazione con Luciano Pignataro, giornalista e guru dell’enogastronomia campana. La location era stupenda, la Terrazza Calabritto posizionata nella liberty Piazza Vittoria a Napoli.
Il feeling è stato immediato, nell’assaggio dei suoi vini eleganti, profondi e visionari. Massimo tiene brillantemente banco alle domande di noi cronisti, compresa la vena marzulliana del sottoscritto che d’improvviso gli chiede quanto fosse realmente soddisfatto del percorso svolto finora e quanto mancasse alla completa realizzazione del sogno iniziale.
La risposta è stata di quelle che spiazzano: “100%” per entrambe le domande! Quando hai a che fare con tale concretezza di idee non puoi che restarne incuriosito, persino attonito; mi riprometto, pertanto, di andare immediatamente a visitare la realtà di cui Massimo e sua moglie Maria Rosaria sono profondamente innamorati.


Arrivo al confine con il comune di Tre Case, in Località Bosco del Monaco, con circa 4 ettari di vigneto considerati “metropolitani”, nascosti tra le piccole case alte appena un piano che si inerpicano a mo’ di presepe sul versante del vulcano.
Un’azienda che vive la seconda vita dal 2005, ma che affonda le radici nel lavoro delle generazioni precedenti, tramandato dal padre Vincenzo al figlio.
Ben 10 appezzamenti, ognuno con le proprie peculiari caratteristiche microclimatiche e pedologiche, compresi tra i 100 e i 400 metri di altitudine sul livello del mare.
Il nostro viaggio inizia proprio da qui, in compagnia del consulente commerciale Andrea Giuliano, nei terreni posti al limitare di Tirone della Guardia.


La presenza silenziosa del Vesuvio si rende evidente dalla massiccia stratificazione di polveri piroclastiche di varia granulometria.

Oltre ad influire positivamente nella complessità aromatica dei vini, consentono un ottimo drenaggio idrico utile nelle arsure estive, preservando le radici delle piante dalle inclemenze di inverni particolarmente rigidi rilasciando calore accumulato durante il giorno.
Infine, dato di non trascurabile importanza, la vite in queste zone può crescere liberamente a piede franco e moltiplicarsi per propaggine, antichissima tecnica agronomica che consiste nel sotterrare un tralcio a frutto e generare una nuova pianta identica alla madre.

Perché l’incubo fillossera non attecchisce in questi luoghi? In realtà, l’idea che l’insetto importato dalle Americhe resti asfissiato dall’impasto dei sedimenti è inesatta; la fillossera è comunque presente e riesce ad attaccare gli apparati radicali delle piante, ma lo fa con estrema lentezza, consentendo alle stesse di generarne sempre di nuovi per poter sopravvivere.
L’effetto è doppiamente positivo, in quanto ne stimola la ricerca della profondità, con conseguente arricchimento in sostanze minerali assorbite nel suo lungo tragitto.

Le piante sono molto vecchie, alcune davvero senza età. Nei filari di Caprettone, Piedirosso ed Aglianico, cloni di elezione per garantire qualità, si possono trovare anche altre tipologie autoctone inframmezzate, ormai quasi scomparse dalle cronache.


Un vecchio palmento risalente al 1300 fa da cornice ad un quadro in cui passato, presente e futuro si confrontano liberamente. Il passato di Casa Setaro ha il sapore dell’antica Roma, nei ricordi di Pompei e dell’eruzione drammatica del 79 dopo Cristo; il futuro invece è rappresentato da una nuova cantina costruita da zero, con annessa sala degustazione e possibilità di pernottare in piccoli alloggi tra i vigneti. E il presente?


Il presente porta con sè ancora i retaggi di un’areale sostanzialmente depresso nel suo tessuto economico/sociale. Rispetto a qualche anno fa però, il miglioramento è sensibile. Massimo non nasconde un velo di amarezza ripensando a quanti compaesani lo avevano deriso nella sua folle idea di non vendere più vino sfuso e nella continua ricerca della perfezione tra rese di uva per ettaro bassissime e rivoluzioni progettuali.
Ma la parte più aspra dei ricordi sa anche di quella “mano nera” che inculca nei giovani l’idea di guadagni illegali solo apparentemente facili, affossando le sane attività produttive, vero fulcro della rinascita. Dalla piccola mosca bianca in un mare scuro, adesso le ombre sembrano schiarite e la luce in fondo al tunnel è diventata ben visibile.
La folle idea (in positivo) resiste: valorizzare il Caprettone, dalla struttura piuttosto ingombrante rispetto all’acidità tenue, non soltanto nella versione ferma, proposta per esempio in purezza nella Lachryma Christi.
Nel 2012 esce così la prima versione spumantizzata, all’epoca chiamata semplicemente CaprettOne, diventata in seguito Pietrafumante.
Oggi festeggiamo un gradino ulteriore nella scala, con l’uscita di un altro Metodo Classico questa volta Brut Nature, stupefacente per finezza di perlage ed aromi, superiore di gran lunga a molti competitors italiani (e non solo).
Andiamo dunque ad assaggiarli entrambi, in una lunga gamma che comprende anche i rossi e una straordinaria vecchia annata finale.


PIETRAFUMANTE – Caprettone Spumante Brut Metodo Classico – millesimo 2017, anche se non indicata in etichetta. La sboccatura è avvenuta a fine luglio 2020. Attacco floreale di ginestra e zagare fresche, subito si innalza verso albicocche mature, cedro e miele di acacia. Numerosi riconoscimenti ottenuti anche nella prestigiosa kermesse di Vitigno Italia, per un prodotto che narra di territorio, del vitigno nativo, che chiude al palato su note di menta piperita e salgemma a ricordare l’occhio della caldera del Vesuvio da cui prende spunto il marchio aziendale. Aperitivo robusto.


PIETRAFUMANTE – Brut Nature – vintage 2016, classe ed eleganza allo stato puro. In tempi difficili, Massimo Setaro aumenta la posta in gioco e rilancia verso una resurrezione enologica dell’intero territorio. Impressiona la forza agrumata, ben compenetrata a fiori di biancospino, macchia mediterranea e mineralità cremosa. Persistente ed efficace, difficile questa volta non immaginarlo in un accompagnamento gastronomico degno di tal guisa. Sboccatura dicembre 2020, ancora un fanciullo.


– “MUNAZEI” Lacryma Christi del Vesuvio DOC Bianco 2019 – il Disciplinare prevederebbe almeno un 45% di Caprettone o Coda di Volpe (erroneamente confusi per anni come unico ceppo), ma Massimo sceglie da subito di farlo in purezza. Ne nasce un vino dai toni caldi ed erbacei, figlio dell’annata particolarmente torrida, con note speziate e di composta di pere Williams. Non mancano mai le tipiche erbe aromatiche.


– “ARYETE” Vesuvio Caprettone DOC 2019 – altra sperimentazione vincente, utilizzando vasi di terracotta dell’Impruneta fatti dall’artigiano Stefano Carboni. Quattro anfore  egualmente suddivise tra Piedirosso e Caprettone. La micro ossigenazione data dai 6 mesi di sosta sulle fecce in questi contenitori, arrotondata da ulteriori 6 in legni piccoli usati ed altrettanti da riposo in vetro accentuano le sensazioni sulfuree e pepate con richiami di pasta d’oliva, pesca melba e susine. Molto largo in bocca.


– “MUNAZEI” Lacryma Christi del Vesuvio DOC Rosso 2019 – diamo un benvenuto al Piedirosso nel suo smalto migliore, non adagiato unicamente su frutta rossa dolce, ma carico di sensazioni ematiche e floreali miste tra rosa rossa e geranio. Al sorso è teso nei richiami di arancia sanguinella e ciliegie acerbe, dal finale carismatico di china e rosmarino. Diverte.


– “FUOCOALLEGRO” Vesuvio Piedirosso DOC 2019 – la sua versione in anfora. Lo spessore dell’amarena scura si fa deciso, anche nel colore. Affumicature che rimandano alla brace del camino, violette e glicini appassiti, pepe nero in grani. Complesso, come il suo dirimpettaio bianco Aryete è sicuramente panciuto che verticale. Due facce intriganti della stessa medaglia.


– “DON VINCENZO” Lacryma Christi del Vesuvio Rosso Riserva DOC 2015 – dedicato al padre scomparso, fa 24 mesi di botte grande ed altrettanto di vetro. Una piccola percentuale di Aglianico lo rende quasi nero, terroso, possente. I tannini si avvertono in tutta la loro forza, ma al gusto resta estremamente agile, con marasche croccanti e more di gelso a simboleggiare l’eterna dicotomia tra “Yin e Yang”.


– “LACRYMA CHRISTI” del Vesuvio DOC 2008 – vi avevo promesso una chicca assoluta, testimone di come si possa lavorare bene sia nella ricerca di immediata bevibilità, sia di longevità. Vivo più che mai, di un lucente color oro e da sensazioni di cedro candito, nocciola tostata, ginestre essiccate. Al palato scorre un brivido dall’inizio alla fine, fatto di essenze marine uniche. Un grande vegliardo del vulcano.
Massimo prende commiato confidandomi le sue considerazioni sull’oggi e sul domani. Ritiene fondamentale per un produttore che voglia chiamarsi tale il confronto continuo, per fronteggiare il mercato globale creando, in primis, IDENTITÀ. Vanno ridotte quantità e inutili speculazioni, ormai facilmente smascherabili dal Web. Andrebbe creata cultura tra i piccoli vigneron locali, che spesso non sanno comprendere appieno l’enorme potenziale nelle loro mani. Solo restando uniti e solidali può crescere l’intero movimento.
Concludo il mio viaggio con un bellissimo pensiero del poeta Cesare Pavese, condiviso sul sito internet di Casa Setaro: “Una vigna che sale sul dorso di un colle fino a incedersi nel cielo, è una vista familiare, eppure le cortine dei filari semplici e profonde appaiono una porta magica. Sotto le viti la terra rossa è dissodata, le foglie nascondono tesori, e di là dalle foglie sta il cielo.”
Ricordiamolo, sempre.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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