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Umbria

Cantina Blasi – A Umbertide è nata la nuova frontiera dei vini umbri

L’Umbria colpisce ancora e lo fa, questa volta, in una zona che aveva dato qualche timido segnale di vita enologica già in passato. Lo fa con una cantina modello, diretta da Michele Serafini giovane e promettente, nipote di una dinastia conosciuta per essere tra i leader della produzione italiana di porchetta: i Blasi. Pane e pane, vino al vino – ovviamente meglio se accanto al pane si unisce una fetta calda del nobile prodotto tipico ottenuto da carne di suino lavorata e cotta a puntino nei forni. Un’antica arte che vede il centro della nostra penisola contendersi un successo mondiale con livelli di qualità impensabili anni addietro. Dal 2008, però, inizia per la famiglia Blasi un nuovo percorso, ancor più stimolante da profani del settore: costruire ex novo una cantina modello, ristrutturando una struttura già esistente dal 1742.

In realtà ben 11 anni prima vennero piantate le basi, con le varie acquisizioni ed il ringiovanimento dei vecchi impianti vitati ormai giunti ad esaurimento. Oggi si parla di circa 30 ettari messi a vigna, composti da numerose varietà, inclusi alcuni filari di Sagrantino distanti dalla loro patria storica Montefalco. I terreni variano dai 250 ai 500 metri di altitudine, con suoli morfologicamente variegati tra argille in cima e sabbie arenarie più in basso. Non sono semplici da lavorare, ma hanno almeno il vantaggio agronomico di favorire un buon drenaggio utile nelle recenti stagioni aride anche dei climi appenninici.

La vecchia cantina è un piccolo gioiello intriso della bellezza del tempo. Michele ha voluto qui una piccola sala degustazione con vista sulle botti utilizzate per le fasi di affinamento. La fase fermentativa avviene invece nei locali sotterranei il nuovo complesso, sotto controllo tecnologico ed in contenitori di acciaio inox. Segue l’intero processo l’enologo Maurilio Chioccia che ha aiutato la proprietà ad intraprendere la strada dell’eleganza, rinunciando a possanza e muscolarità dei vini, continuando il lavoro iniziato dall’agronomo Giovanni Bigot con maggior risalto agli autoctoni umbri.

La sorpresa giunge nel veder realizzato in tale contesto persino un Metodo Classico nato dal blend tra uve Chardonnay e Trebbiano Spoletino. Resta la domanda del cosa possa aggiungere al mercato già inflazionato una bollicina proveniente da una zona poco rinomata, pur di buona fattura. Non può certo trattarsi solo di richieste della linea commerciale, quanto probabilmente di un sogno compiuto ad occhi aperti. Ne parleremo a breve, dando il là alla degustazione con una “dolce” nota finale.

Michele Serafini

“1742” Metodo Classico – sosta 30 mesi sui lieviti, ma l’idea è quella di spingersi molto oltre anche per snellire il perlage esuberante. Appena 1500 bottiglie numerate, una particolarità ricca di erbe officinali e sbuffi agrumati con fiori di gelsomino e pesche succose in chiusura. Convince al palato, ma non siamo del tutto certi che basti questo a renderlo ricercato.

Impronta 2018 – cambio di passo rispetto al passato. Finalmente ci siamo per il connubio stravagante tra Sagrantino, Merlot e Cabernet Sauvignon suddivisi quasi in parti uguali. Dall’annata 2020 verrà eliminata l’ormai rapida sosta in barrique, prediligendo unicamente botti grandi di legno di diversi passaggi. Scuro e sincero tra spezie e gelatina di mirtilli. Termina su toni di liquirizia in polvere e gradevoli sensazioni minerali.

Blasi 2016 – qui il Sagrantino predomina (non indicato in etichetta perché fuori dal disciplinare di produzione) e le varietà si riducono a 2 per eliminazione del Merlot. Un taglio unico, probabilmente irripetibile finite le scorte in azienda. Straordinario nel giusto riposo che ha giovato ai sapori, rendendoli meno pomposi e dotati di buon dinamismo. Arancia rossa, nuance di viola mammola, pepe nero in grani accompagnati da macchia mediterranea. Ottima lunghezza e tanta sostanza.

Avevamo promesso di terminare in dolcezza con un prodotto davero di nicchia, il Mammamia Igt Umbria Passito 2009, ricavato dalla fermentazione di Malvasia, Chenin Blanc e Semillon e successiva sosta di 10 anni in piccoli carati di rovere più un anno in bottiglia. Insolita la freschezza aromatica e le acidità ravvisate al gusto che lo rendono per nulla stucchevole. Gioca la sua onorevole partita tra zagare, ginestra ed albicocche mature; chiosa tra frutta secca e miele di corbezzolo. Squisito ed espressivo.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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