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Blandine de Brier Manoncourt signora di Figeac ci presenta la nuova annata en Primeur

Ci ha salvato il coraggio, o se volete anche un pizzico apparente di incoscienza. Ma dietro invece c’è una coscienza profonda. Di quello che siamo, di quello che rappresentiamo, della nostra storia, della fiducia che ha in noi chi ci sceglie, e delle sue aspettative, da rispettare“.

Blandine de Brier  Manoncourt, signora di Figeac, racconta così (lei parlando inizialmente di un’annata, la 2021, che ha messo a dura prova i winemaker bordolesi e non solo, ma finendo poi col sintetizzare una filosofia e una fase intera di eventi relativi al suo Chateau) il vino che sta per presentare.

A Verona, durante la Primeur italiana di un pezzo di Bordeaux, evento davvero interessante (ve ne diremo a parte, in un pezzo riassuntivo e relative valutazioni degli assaggi top) e di cui lei è senza dubbio la stella.

A Sinistra Alexa Boulton, a destra Blandine de Brier  Manoncourt

 

Ha portato con sé – oltre ad Alexa Boulton, impagabile collaboratrice – tre annate: la debuttante “mistero” 2021, appunto, e poi la 2019 e la 2009, tanto per dare una dimensione di quel che è Figeac e  –con coraggio e determinazione ripagate a iosa poi – anche dell’ultimo non facile millesimo rispetto a due (significativi assai) dei precedenti.

Intanto, con semplicità deliziosa (lady Figeac ha la classe disarmante di chi non ha bisogno di tirarsela né di sottolineare nulla: ed è con finissimo understatement che propone contenuti di autentico spessore) m.me Blandine racconta. Di anni del Covid passati a rifare la cantina; ad  ampliare drasticamente gli spazi per i legni; con possibilità quindi di ultra parcellizzare in vinificazione e poi in preassemblaggio il prodotto di singoli “morceaux” di vigneto. Ed è così – dice, aggiungendoci un sospirone e un “per fortuna!” che sa di cuore e di scampato pericolo – che ci siamo letteralmente salvati nel 2021>. Quando proprio la parcellizzazione avviata e ottimizzata e il completamento dei lavori ha messo a disposizione lo strumento per esorcizzare gli ostacoli posti sul cammino dall’andamento del ciclo.

È stato grazie ai nuovi strumenti che è stato possibile decidere di scegliere il blend finale (e centrarlo) del vino. Che già è un unicum per la zona di riferimento: con presenza di Merlot minoritaria (al 30%) e la somma dei due Cabernet (35 + 35) al 70%.

Colpa” de terreni – spiega ancora m.me – che sottendono le vigne di proprietà: quarzo, focaia, sabbia, e sotto – tra sei e dieci metri di profondità – argille blu. Un mix vincente – scandito da tre ben diversificati microclimi all’interno della superficie aziendale e, come detto, da un amplissimo numero e varietà di parcelle – proprio perché così assortito. E a cui fa da péndant il mix colturale deciso a Figeac: con bosco e orto a contornare, intervallare, far respirare la vigna. Con un impegno direzionale verso il recupero di equilibri “ecolòs” e salubrità che include anche la scelta di non solfitare i vini. I quali (serviti da Alexa e raccontati da m.me Blandine in una masterclass ristretta per soli addetti ai lavori) arrivano finalmente a proscenio. Verticale alla francese, ovviamente: cominciando dal…

Chateau Figeac 2009

Fine, elegante, figlio di annata non certo celebre per doti di potenza; ma il frutto, inizialmente un po’ stretto e chiuso (ricordi netti di susina) si apre col tempo e guadagna note fini di ribes e accenni di rabarbaro leggero. In assaggio manifesta tannini presenti ma non ostacolanti la beva; capaci però di fermare l’attenzione e interloquire con il piatto da accompagnare. Vivo e vitale, vale con disinvoltura i 95/100

Chateau Figeac 2019

annata di altro peso e struttura, più calda, certo. Ma piu ampio è anche il frutto che subito si offre: frutto di soddisfazione, con netto ricordo prugna fresca, che si articola poi e si correda in una serie di nuances non solo fruttate. Il sorso è ampoio, avvolgente, importante, soddisfacente. E salato. Meno agrume, più spezia a completarne lo skil. Un vino di estrema, ma tutt’altro che prossenetica godibilità; e comunque di prospettiva. La mia nota ritrosia a certi punteggi mi impedisce adeguarli ai 100/100 di acune rivista internazionali. Ma il 97/100 + o 98/100 – (un decimale di Ph per me lo separa dalla quasi perfezione) è innegabile.

Chateau Figeac 2021

Eccolo qua, il debuttante del miracolo, figlio di un millesimo che ha seminato guai e perplessità, e che poi si è riscattato per chi ha saputo aspettare, lavorare, credere e – soprattutto – come qui a Fuigeac er i motivi su narrati – ha potuto we sapto scegliere. Non profondissimo d’impatto, naso (e poi stoffa tattile, a conferma) meno denso del ’19, ma in sé, definito e preciso. E in bocca più seta grezza che velluto o cachemire, ma personalità e tensione veramente salve. Da 93/100 + oggi con un margine di progresso nel tempo evidente.

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