A Borgo Vodice (LT), nelle immediate vicinanze del Parco del Circeo, sorge un’azienda che ha fatto la storia della piccola denominazione Terracina (o Moscato di Terracina). Gabriele Pandolfo e suo figlio Andrea III proseguono l’attività di viticoltori avviata dall’avo Andrea I a metà dell’800. Nel mezzo c’è di tutto, compreso la traversata a remi del capostipite da Pantelleria fino alle coste della Tunisia a cercare fortuna, la fine del potere francese per mano di Habib Bourguiba nel secolo scorso e la successiva nazionalizzazione delle terre nel 1964 con l’espatrio forzato dei coloni verso le nazioni d’origine.
Ho provato ad immaginare come ci si possa sentire, se dalla notte al giorno si finisce in condizioni di assoluta povertà dopo il sequestro di 600 ettari di terreni, dei conti correnti, case, mobili ed automezzi. Per il sottoscritto è impossibile riuscirci, ormai adattato ad una società che non ammette neppure lontanamente l’idea di diventare dei nullatenenti. La famiglia Pandolfo invece non si è persa d’animo: con qualche risparmio nascosto tra gli indumenti ed un mutuo senza interessi concesso con la garanzia dello Stato italiano (unico ristoro per il lavoro di una vita), individuarono l’attuale sede, un luogo ricco di corsi d’acqua, posto al centro del quadrilatero agropontino formato dai comuni di Sabaudia, Terracina, San Felice Circeo e Pontinia.
Il tutto venne creato da zero a cento, esattamente come sono oggi gli ettari di proprietà. Sabbie marine, esposizioni a sud e montagne a oriente per riparare dalle correnti umide e fredde ed una produzione complessiva che rasenta quasi il milione di bottiglie fra le varie etichette. Ciò serve a soddisfare le esigenze dei mercati, senza però rinunciare ad una qualità complessiva decisamente elevata dei vini, anche in funzione dei prezzi di vendita. Prima di iniziare il racconto delle etichette in assaggio, con i piatti dello chef Pasquale Minciguerra nell’altra maison di casa Pandolfo (l’agriturismo “Seguire le botti”), dobbiamo soffermarci brevemente sulla Doc Terracina (o Moscato di Terracina).
Divenuta realtà nel 2007, superate non poche traversie burocratiche, viene delimitata dai confini di Monte San Biagio, Sonnino ed, ovviamente, Terracina. Pochissimi gli ettari in produzione, circa 60, un quarto dei quali appartengono alla Cantina Sant’Andrea. Sul piano ampelografico, tale vitigno viene ricondotto alla numerosa famiglia del Moscato Giallo, ostico da coltivare, ma ottimo da mensa per l’elevato grado zuccherino dei suoi acini. Uno dei motivi che ha reso difficile l’approvazione tra le DOC, necessitando una scelta precisa da parte dei produttori: rinunciare o meno a farne uva da tavola. I vini da esso derivati presentano richiami melliflui e di erbe officinali, con elevata acidità e verve agrumata, per splendide versioni sia secche che dolci, ferme o spumantizzate.
Parlando di bollicine voglio iniziare da un gradevole Aleatico extra dry, metodo Martinotti, in un piccolo appezzamento a Campo Soriano. Si chiama Riflessi, nome aderente a quanto offerto nel calice, tipico, espressivo e succoso. La piacevolezza si palesa non paragonandolo a nobili tipologie o stravaganti abbinamenti, ma consentendo piuttosto un semplice ed amichevole inizio pasto.
Il Circeo Bianco 2021 Riflessi è il vino di ingresso, blend a prevalenza Trebbiano Toscano con un terzo di Malvasie (scelte tra la varietà puntinata e quella di Candia). Note di pesca matura e ananas su chiusure saline. Il Dune Bianco 2020 evoluzione del precedente, sosta per un semestre in barriques di rovere e di acacia. Ottime le vibrazioni da susina matura, pera Williams e mineralità, devono solo superare la fase boisé iniziale.
Moscato di Terracina secco 2021 Oppidum: qui si entra nel vivo della degustazione dalla porta principale. Note di foglia di pomodoro, bergamotto e rosa gialla. Uno spettacolo che termina al sorso con una lunghissima scia di miele di corbezzolo e salgemma.
Il Moscato di Terracina 2016 Hum è dedicato a particolari terreni da viticoltura estrema, con piante di età compresa tra i 40 ed i 60 anni. Idea visionaria del moscato, scevra dai normali canoni: tre vendemmie manuali differenti, in anticipo, a piena maturità ed in leggera surmaturazione, per un affinamento successivo minimo di quattro anni in bottiglia. Un tripudio di erbe aromatiche, pietra marina e scorze d’arancia amara. Non facile da capire, bisogna concentrarsi ed apprezzarne la tensione gustativa adatta a resistere allo scorrere del tempo.
Moscato di Terracina amabile 2021 Templum: uno dei pochi esempi di disciplinari che includono questa tipologia sempre più rara tra i vini fermi. Balsamico, con nuance da crema pasticcera, i 35 grammi/litro di zucchero residuo si bilanciano tramite la onnipresente acidità.
Concludiamo la parte dedicata ai vini bianchi con il Moscato di Terracina passito 2019 Capitolium vera delizia per il palato lontanissimo dalla stucchevolezza, con frutta mista tra fico, albicocca e confettura di pesca. La sapidità finale lascia sconcertati, rendendolo perfetto in abbinamento con formaggi erborinati o a lunga stagionatura, oltreché la classica piccola pasticceria.
Tra le pietanze proposte all’agriturismo segnalo un amuse-bouche composto da finto pomodoro con ripieno di panzanella, in abbinamento al Brut Extra Dry Riflessi, accostamento riuscito grazie al carattere erbaceo e fruttato dell’Aleatico.
Il risotto cacio e pepe con pesto di agrumi, battuta di bufalo in superficie e gel al Moscato di Terracina secco 2021 Oppidum non può esimersi da esso, per la parte rinfrescante del vino che esalta l’aromaticità dell’arancia, pulendo la bocca dal sapore untuoso del formaggio.
Per il filetto di manzo su fondo bruno, sfoglia di cipolla bianca e zucchina alla scapece introduco l’assaggio dei due rossi aziendali, che potrebbero funzionare, ciascuno a modo suo, a completamento del piatto. Incontro al Circeo Rosso 2019 è un Merlot in purezza dalle zone pianeggianti, con leggera sosta in legni piccoli. Tannino palpabile, scuro e speziato, contrasta bene la succulenza della carne. Il Sogno Rosso 2015 invece, nasce dall’unione tra Merlot e Cesanese (clone di Affile), in rapporto tre ad uno. Grande densità, richiama le marasche in confettura con note di torrefazione sul finale. Affina 60 mesi in contenitori di legno di dimensioni e passaggi differenti. Di sicuro impatto, ma forse un po’ troppo sovrastante per la delicata cottura del filetto.
Infine il dessert, composto da un anello di cioccolato bianco ripieno al caffè liquido su crumble di cacao e gelato. Originale e gustoso, un omaggio all’antica tradizione della famiglia Pandolfo, le cui donne preparavano da sempre i dolci.
All’agriturismo potrete trovare anche comode stanze per soggiornare, dotate dei migliori comfort e di terrazzini perfetti per godere del panorama e della tranquillità agreste.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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