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Nella Marca Trevigiana non si produce solo Prosecco: Ca’ di Rajo tra Raboso e Marzemina Bianca

Quando si è chiamati a parlare di un vitigno per il quale chi scrive ha un debole, è sempre difficile essere imparziali, e questo è il caso dell’Incrocio Manzoni. Occasione per parlarne ci è stata data da una delle aziende che fa del suo forte la riscoperta dei vini autoctoni del Trevigiano, Ca’ di Rajo.

Questa Azienda ha il merito, nonostante anch’essa ne produce, di rivalutare il territorio vitivinicolo della Marca Trevigiana non solo con il Prosecco, infatti oltre a produrre Incrocio Manzoni produce, tra gli altri anche Raboso e Marzemina.


Ca’ Di Rajo ha sede a San Polo di Piave in provincia di Treviso ed è ora gestita da Simone Cecchetto, con i fratelli Alessio e Fabio, ma la storia dell’Azienda inizia nel 1951 con il nonno Bortolo, per poi passare nelle mani del padre Marino e della madre Sandra De Giusti che, da allora e fino ad una decina di fa, erano solo produttori e conferitori di uva, fino a che si decise di essere protagonisti in prima persona, creando nel 2005 il brand Ca’di Rajo.
Strutture ed edifici che hanno fatto la storia del territorio sono ricompresi nella sua proprietà come la Chiesetta del Carmine con adiacente Casa Convento e la Torre di Rai, sempre visitabili con percorsi guidati. Il recupero di vitigni non è l’unica attenzione che l’azienda ha nei confronti della biodiversità.

Ci sono anche i vigneti storici coltivati a Bellussera, un sistema di coltivazione della vite detto anche a raggi, un antico sistema diffuso principalmente in Veneto e messo a punto dai fratelli Bellussi di Tezze di Piave (Treviso) alla fine dell’800, per combattere il flagello della peronospora.

La Bellussera prevede un sesto di impianto ampio dove pali in legno di circa 4 metri di altezza sono collegati tra di loro da fili di ferro disposti a raggi. Ogni palo sostiene 4 viti, alzate circa 2,50 metri da terra, e da ciascuna di esse si formano dei cordoni permanenti che vengono fatti sviluppare inclinati verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare, formando una raggiera.
Questo sistema di allevamento all’epoca permise di combattere la peronospora e di sfruttare al massimo le risorse della terra, in quanto i contadini mezzadri avevano la possibilità di incrementare la produzione dei terreni condotti anche al di sotto dei filari, molto spaziosi fra loro, procedendo alla coltivazione di ortaggi e cereali.

Questo grande “mondo di sotto” aveva, ed ha, anche un’azione di salubrità per le uve trovando un canale di passaggio di aria che aiuta la circolazione in un territorio dove le nebbie e l’umidità la fanno da padrone.
Tornando alla produzione quattro sono gli Incrocio Manzoni più diffusi, il Manzoni bianco 6.03.13 incrocio Riesling Pinot Bianco, il Manzoni incrocio Raboso Piave e Moscato, il Manzoni Rosa incrocio Trebbiano per Traminer, ed infine il Manzoni rosso incrocio Glera e Sauvignon. Gli incroci genetici sono stati ideati dal prof. Luigi Manzoni, Professore di Scienze Naturali e Patologia Vegetale, negli anni trenta alla Scuola Enologica di Conegliano, e che hanno preso il suo nome. A tal proposito l’Azienda è sponsor del Concorso degli Incroci Manzoni, istituito dalla Scuola G.B. Cerletti di Conegliano.
Ca’ di Rajo ha puntato la sua produzione su due di questi Il Manzoni, Pinot Bianco e Riesling Renano conosciuto anche come 6.03.13 e, il difficile da trovare, Manzoni Rosa, con acini rosa che sono già del colore del vino, di Traminer e Trebbiano.

C’è una storia legata alla produzione del Manzoni rosa, piantato 12 anni fa per caso, perchè l’azienda aveva ordinato le barbatelle di Manzoni Moscato Rosa, ma, nel momento della classificazione dell’impianto, i tecnici si accorgono di avere tra le mani il Manzoni Rosa. A quel punto a barbatelle piantate l‘idea fu di spumantizzare qualcosa che non aveva ancora fatto nessuno.
L’Azienda ha anche un nuovo progetto in Friuli ed esattamente nei Colli Orientali dove potremo cogliere i primi frutti nel 2022. Altro progetto è l’allevamento di un vigneto a bellussera nella laguna di Venezia in un‘ isola, con impianto a forma di ottagoni.


Manzoni Rosa 1.50 Extra Dry Millesimato 2020
Clone di due varietà parte già rosa frutto degli incroci genetici. Trebbiano per Traminer unica Azienda ad imbottigliarlo. Vigneti a Rai di San Polo di Piave ad un’altitudine 30 metri s.l.d.m. su suolo argilloso, sabbioso a tratti anche ghiaioso, con esposizione a Sud-Nord, con allevamento a Bellussera. Unica fermentazione partendo da mosto, con criomacerazione le uve sono rosa identico del colore del vino. Stoccato il mosto unica fermentazione trasformando gli zuccheri presenti, passando dal mosto direttamente alla bottiglia, è stata una prima annata particolare, perchè negli anni si sono accorti che passare da mosto a spumante diventa una grande esaltazione di tutto quello che è l’aspetto aromatico, e che migliora la qualità. Si è quindi affinata la tecnica diminuendo la quantità di mosto in presa di spuma ad un 20-30%, passando dalla prima annata utilizzando solamente il mosto, unica fermentazione direttamente da mosto, alle ultime annate in cui si è ottenuto il 70-80% di vino facendo la prima fermentazione, ed in presa di spuma utilizzando il 20-30% di mosto. Questo permette di avere delle solforose molto basse e di avere una omogenità durante l’anno di carica aromatica grande forza di questa bollicina. La macerazione delle bucce con il mosto è di una notte. Colore scarico residuo zuccherino al limite tra il brut e l’extra dry, di 12-13 g/l, al naso intensità aromatica e finezza, pulizia olfattiva, tappi Diam che mantengono l’integrità del vino e riescono a dare più longevità. Colore rosa tenue, al naso note Fruttate di melone, melograno arancia ed anche frutti esotici. Al palato bollicina ben integrata non invadente e sottile, freschezza, pulizia grande aromaticità anche in bocca. acidità che si equilibra al residuo zuccherino. Bottiglie prodotte 22000. C’è in progetto un reimpianto di Bellussera per il Manzoni Rosa. 11% vol.

Nina, Manzoni Bianco Doc Piave 2020
Identiche al precedente le caratteristiche territoriali. Sistema di allevamento Sylvoz doppio capovolto e bellussi. Il nome del vino Nina è dedicato alla nonna Palmira. Questa versione dell’Incrocio Manzoni è quello di più grande diffusione in italia, infatti troviamo produzioni in Trentino, Toscana, Umbria, Friuli, Veneto, e la provincia di Treviso in particolar modo. Pinot Bianco e Riesling. L’annata è stata molto buona per la vendemmia. Le uve subiscono una leggera surmaturazione in pianta, una prima vendemmia 10/15 giorni antecedenti, del 20/30% delle uve, ed il restante a maturazione. Criomacerazioni di 3/4 ore con poca sosta sulle bucce. Macerazione a freddo per 10 ore, no fermentazione malolattica, solo acciaio, affinamento per 9 mesi sulle fecce fini. Il grappolo è molto piccolo e compatto adatto per una bollicina sia charmat che classico. Colore giallo paglierino intenso al naso frutta esotica ananas pompelmo frutta gialla pesca, in bocca un leggerissimo idrocarburo della componente Riesling apre con una bella voluminosità e prosegue con una verticalità acida ed un allungo sapido. Per le prossime annate c’è l’intenzione di fare anche un passaggio in legno anche se in minima parte. 13% vol.

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