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VINIMILO 2019 inizia con vini da terre estreme e con vitigni tutti da scoprire

È iniziata la 39^ edizione della VINIMILO 2019 e richiamando il territorio di Milo (ad un’altitudine di m. 800 s. l. m.) la prima degustazione con i banchi d’assaggio è stata “Vini da Terre estreme”, che ha permesso di trovare un punto d’incontro con altri territori italiani.

È stato così possibile nel pomeriggio di lunedì 26 sagosto 2019, presso il Centro Servizi di Milo, fare un viaggio “virtuale” fra Campania, Toscana e Veneto, assaggiando vini ottenuti da vitigni poco conosciuti.

Avevamo già parlato su Vinodabere di vitigni poco conosciuti. Ora abbiamo potuto approfondire le nostre conoscenze assaggiando dei vini prodotti da alcuni vitigni anch’essi poco conosciuti, prendendo in esame le tecniche di coltivazione e di vinificazione, senza dimenticare il terroir che li accoglie, al fine di avere qualche nozione in più su dei vini e vitigni che fino a poco tempo fa erano a rischio d’estinzione.

Iniziamo con il vino ottenuto da un vitigno a bacca rossa, il Pavana, la cui origine è nel Veneto e/o nel Trentino. Un’uva che sembra essere dal punto di vista genetico parente della Schiava. Il vino ottenuto dal Pavana è il Vanduja 2017I. G. T. Vigneti delle Dolomiti prodotto dall’azienda De Bacco, una cantina sita nell’alto Veneto con vigneti che accarezzano le pendici delle Dolomiti.

I sentori provenienti da questo vino richiamano cipria, ricordi floreali e di chiodi di garofano. Assaggiandolo si sente una bella trama tannica ben sorretta dalla freschezza. Notevole la persistenza.

Andiamo avanti con la Massaretta o Bersaglina, un vitigno autoctono a bacca rossa tipico della Toscana, più precisamente dei Colli Apuani e dei Colli di Luni (tra Toscana e Liguria). Una varietà che ha rischiato l’estinzione come la Pavana, in questo caso perché il vino che si otteneva andava spesso in riduzione. Tale caratteristica gli valse il titolo di “vino puzzon” e ad una conseguente sostituzione dei vigneti con varietà più apprezzate. Fortunatamente grazie a qualche piccolo produttore ed a nuove tecniche di vinificazione si è riusciti ad recuperarlo riuscendo ad ottenere anche buoni vini. Cybo 2017 – D. O. C. Colli Apuani dell’azienda Castagnini è 100% Massaretta. La ciliegia si evince subito, accompagnata da pietra focaia ed accenni di note chinate. Spalla acida notevole e tannini di richiamo. Grande persistenza e buona progressione. Studi morfologici hanno dimostrato diverse somiglianze ed affinità con il Sangiovese, con il quale condivide acidità ed il chiaro sentore di ciliegia.

Sempre la stessa azienda produce il Ceccardo 2017 – D. O. C. Colli Apuani  ottenuto da Vermentino Nero. Altro vitigno che negli anni a seguire il secondo dopoguerra rischiò l’estinzione. Difficile da coltivare soprattutto per la potatura. Alcuni studiosi dalle caratteristiche emerse da studi ampelografici ritengono che possa essere una derivazione del Vermentino Bianco. Il Ceccardo 2017, si presenta con note salmastre, di pietra focaia ed accenni di prugna. Ben bilanciato, armonico con le componenti dure ben amalgamate che gli conferiscono un sorso molto piacevole. Buona struttura e persistenza.

In Campania la Cantina Tagliafierro produce un bianco con Falanghina (70%), Biancazita (20%) e Pepella (10%) e un rosso ottenuto da bland di Tintore (50%) e Piedirosso (50%). Se Falanghina e Piedirosso sono vitigni conosciuti, gli altri tre suscitano molta curiosità. Il Biancazita, conosciuta meglio come Ginestra è oggetto di studi già dal 1875, quando per l’appunto vengono descritte due varietà distinte, ma molto simili, il Ginestra (Biancazita d’Amalfi) ed il Biancazita (Falanghina Flegrea). È principalmente diffuso nella zona campana di Amalfi, Furore, Tramonti e Positano dove viene chiamata Biancazita ed a Scala dove è chiamato Bianca Tenera, oltre a questi ha altri sinonimi come Ginestro, Nocella, Genestrello, Ginestrello. Si sa molto poco sulle origini del vitigno Pepella ed i primi cenni storici risalgono a fine 1800. Si presume che fosse un’uva da tavola. Di questo vitigno rimangono pochi ceppi centenari in vecchi vigneti. Il suo nome descrive l’uva, in quanto gli acini di questo vitigno sono molto difformi ed assieme ad acini di dimensioni normali ve ne sono nel grappolo altri di dimensioni pari al granello di pepe.

Il Tredici 2018 – D. O. P. Costa d’Amalfi Bianco è il vino che comprende Falaghina, Biancazita e Pepella. Dall’esame olfattivo si percepiscono sentori di torba, erba secca, fieno, accenni floreali. Degustandolo, si capisce che ancora è in pieno stato evolutivo, con una freschezza quasi irruenta ed un sorso verticale. Persistenza e progressione notevoli. Nulla è lasciato al caso, come per i vitigni che hanno un nome pertinente alle loro caratteristiche (come la Pepella), anche il nome del vino non è casuale, infatti sono 13 le frazioni di Tramonti. Il Tintore è un vitigno a bacca rossa e viene coltivato solo ed esclusivamente nel territorio di Tramonti. Il fatto di chiamarsi così fa capire che è un tipo d’uva ricca di antociani, che gli conferiscono una tinta forte.

Sempre la Cantina Tagliaferro utilizza il Tintore (50%) assieme al Piedirosso (50%) per fare il Tramunte 2017 –  D. O. P. Costa d’Amalfi Rosso. Il bouquet di questo vino è accattivante. Il Piedirosso fa sentire le note chinate, il pomodoro secco ed il Tintore fa sentire gli aromi di frutta rossa matura. Freschezza notevole e tannini che danno una grande personalità ed una buona struttura. Progressione buona e grande persistenza.

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Come per tutte le cose importanti si inizia per gioco e poi... si fa sul serio. È dal 2006 che mi sono appassionato e sono stato introdotto nel mondo del vino, GRAZIE a MIO PADRE. Poi per capire qualcosa in più ho seguito un corso e..... nel 2013 ho conseguito il diploma di sommelier. A tutti coloro che sono appassionati di vino, dico che bisogna sempre provare e degustare vini diversi, cercando di capire quello che il vino ci trasmette, soffermandoci sulle sensazioni e sulle emozioni che può dare.

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