Il castello delle favole, è proprio il caso di dire quando si visita Castello di Solfagnano, nel cuore verde dell’Umbria. Una struttura intrisa di storia, dal fascino dei saloni ancora ornati alla perfezione che hanno visto il passaggio di personaggi famosi e persino il G7 dedicato ad inclusione e disabilità.

Costruito nel medioevo come piccolo avamposto benedettino per difendere le derrate alimentari da briganti e cavalieri di ventura – qui imperversava la brigata militare di Andrea Fortebraccio noto come Braccio da Montone – venne ampliato durante l’epoca rinascimentale dagli Antinori di Perugia, che rilevarono l’intero complesso dal papato.
Il palazzo padronale, il giardino all’italiana e la riconversione a fattoria agricola sono i passaggi fondamentali svolti prima dell’arrivo dei conti Bennicelli di Roma a rendere il castello una delle aziende più attive nel panorama umbro fino alla metà del ‘900.

Passeggiare nei sentieri del parco con vista sulla vallata circostante, ammirare le vigne attigue – circa 12 ettari – o festeggiare i momenti di gioia tra corridoi e stanze di valore artistico inestimabile, sono il punto di forza per un turismo che abbraccia l’idea della gita per assaggiare i prodotti della terra o del riposo di lusso in un contesto rurale ambito da molti appassionati.

Ben 25 suite ristrutturate dedicate agli eventi e un centro benessere per ritrovare l’energie giuste ad affrontare lo stress quotidiano. E poi i vini che interpretano con adeguatezza l’espressione del territorio: suoli preappenninici con presenza di argille simili alla ponca friulana. Ad accogliere il visitatore l’esperienza di chi vive il luogo e lo conosce palmo a palmo come Fabio Lampis e Massimiliano Minelli che si occupa invece della parte agricola.

Interessante l’assaggio della Doc Colli Alto Tiberini del Col Marinello 2023 da uve Grechetto declinato per intero su fiori bianchi delicati tra gelsomino e acacia e frutta polposa (pera Williams e susina) su finale iodato di buona tensione.
Bene anche il Rosato “Particella 7” 2023 da Pinot Nero in purezza. Nome evocativo del fondo catastale, rimanda ai classici toni erbacei di bosco e floreali tipici del varietale con nuance di fragoline sul finale.

Si chiude con i rossi ed il “1563” 2016 da Merlot con piccoli saldi di Sangiovese e Cabernet Sauvignon, l’idea contemporanea del vino possente, ma che riesce al tempo stesso a mantenere la bevuta agile. Sensazioni speziate si accompagnano a composta di more selvatiche, liquirizia e polvere di cacao. Allungo ematico succoso.
Le mille sorprese di un posto da fiaba.