Una tappa allo Zur Rose di Herbert Hintner è per me ormai un obbligo o quasi, quando sono in Alto Adige.
La mia “prima volta” in questo scrigno di sapori posto al centro di San Michele Appiano, in un antico edificio del XII secolo, risale all’estate 2006. Poi, per diversi anni, ho apprezzato la cucina di Herbert in autunno, approfittando delle trasferte organizzate assieme al nostro direttore in occasione del Merano Wine Festival.
Quindi, capitando in zona in questa primavera per le giornate del Pinot Nero, non ho esitato a prenotare un tavolo per provare i suoi piatti, sempre molto condizionati dalla stagionalità delle materie prime, in un periodo per me inedito. E non ne sono affatto pentito…
Zur Rose ha fatto un po’ di storia nella vicenda gastronomica Sudtirolese. A partire dal XVI secolo, in cui già ci sono precise tracce di una locanda chiamata Zur Rothen Rose. Herbert arriva nel 1985, ereditando assieme alla moglie Margot Rabensteiner la proprietà del locale, e in soli dieci anni è capace di conquistare la stella Michelin.
La sua proposta è un mix di valorizzazione della materia prima, regionalità, tradizione e innovazione (mai esasperata). Le parole dello chef, che riassumono un po’ la sua filosofia: “E’ fondamentale utilizzare prodotti agroalimentari locali, poiché questo è l’unico mezzo per preservare la cultura contadina: così facendo si è in grado di utilizzare materie prime di cui è certa la provenienza, che è garanzia di qualità assoluta. Quindi cucinare in modo tradizionale vuol dire avere anche una responsabilità sociale”.
Ecco perché, conoscendo il suo stile, stavolta ho puntato il mio radar sul menu vegetariano, certo che l’estro di Herbert avrebbe fatto centro anche in primavera. E infatti…
La (piacevole) sorpresa, piuttosto, è stata di ritrovare in alcuni piatti suggestioni e citazioni provenienti da altre tradizioni della nostra Penisola.
I PIATTI
Si parte con l’unico piatto non vegetariano della serata, un sostanzioso antipasto-benvenuto in forma di terrina di vitello e misticanza, fresco e gustoso.
Di seguito:
Insalata con foglio di pasta tiepida e carciofi. Piatto originale e riuscito, fresco, forse un po’ asciutto; molto divertente la variazione sul tema dei carciofi, proposti anche fritti, in quella che secondo me è una chiara citazione della tradizione culinaria giudaico-romanesca.
Risotto con limone e burrata (anche se sul menu c’è scritto mozzarella di bufala). Il piatto della serata, coniuga semplicità e intensità dei sapori. La precisione nella cottura del riso, la sapidità e la freschezza della burrata, il tutto esaltato dalla sferzata acida e dalla decisa tendenza amara dell’agrume, in particolare della scorza. Qui Herbert osa parecchio e ne esce vincitore…
Ravioli di canapa ripieni con dente di leone (i.e. tarassaco), ricotta, fonduta al parmigiano. Anche qui mi sembra di scorgere un sommesso omaggio a una cucina tradizionale, stavolta quella ligure (i pansoti). Certo, è diverso il tipo di sfoglia, in questo caso leggermente ruvida e asciutta, che lascia però emergere con nitidezza la cremosità e la tendenza dolce del ripieno, davvero gustoso: una festa per le papille.
Uovo biologico in camicia con panatura alle erbe, purea di patate, asparagi bianchi. Una vera lezione sul tema “esaltare la materia prima”. Uovo e asparagi di grande qualità, una distinzione di sapori netta e appagante, con la panatura e la purea a recitare il ruolo umile e nobile del servo di scena. Piatto perfetto!
Frutto della passione, crosta di cioccolato, mandorle salate, sorbetto al cacao. Chiusura in dolcezza con un gioco di consistenze e tendenze contrastanti (il succo dolce del frutto, il sale delle mandorle, la tendenza amara del cioccolato). Il sorbetto al cacao gioca di prepotenza e tende a rompere un po’ l’armonia delle parti, per questo lo lascio da parte e lo gusto da solo.
I VINI
Guidato dalla sagacia di Margot, regina della cantina di Zur Rose, ho aperto la serata con un fragrante e serio Metodo Classico prodotto a una manciata di chilometri dal ristorante, il Comitissa Brut Riserva Pas Dosé 2014 di Lorenz Martini (Cornaiano). Poi, sempre in vena di prodotti di zona, ho chiesto un calice di Chardonnay Kreuth 2017 della Cantina di Terlano, che ha egregiamente retto il confronto con risotto e ravioli. Infine, non ho resistito alla tentazione e ho approfittato di una bottiglia posta eccezionalmente in mescita, la Malvasia Istriana 1999 di Borgo del Tiglio, vino friulano meraviglioso, integro, una sorta di manuale del bianco italiano da invecchiamento, dedicato a tutti gli scettici sull’argomento, ahimé ancora troppi…
Menu vegetariano a 75 euro, vini esclusi.
Ristorante Zur Rose
Via Josef Innerhofer, 2
San Michele · Appiano (Bz)
www.zur-rose.com/it/
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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