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Tenuta La Pazzaglia e il suo Poggio Triale. Il Grechetto che sfida il tempo

A Castiglione in Teverina, ai confini tra Lazio ed Umbria, su una collina che guarda la Valle del Tevere, sorge una Tenuta che ha trovato nella forza e tenacia familiare il segreto del suo successo, conquistando un ruolo di protagonista nel panorama enologico laziale anche grazie ad un autoctono d’eccezione capace di sfidare il tempo: il Grechetto.
Un vitigno, due cloni e tanta potenzialità espressiva. Questo il biglietto da visita di questa varietà. Il G5 o Grechetto di Todi, dall’anima più gentile e dal corredo aromatico più incisivo ed il G109 di certo meno docile del cugino, più strutturato e potente.
A Tenuta La Pazzaglia il grande merito di avere, tra i primi, avviato una vinificazione separata dei due cloni, ottenendo due etichette diverse, due vini dalla differente espressività, entrambi capaci di leggere in maniera netta il territorio d’origine.

La Tenuta nasce negli anni ’90, quando la famiglia Verdecchia, dalla provincia di Roma, decide di rilevare un casale dismesso in quelle che furono le terre degli Etruschi. Un nuovo progetto di vita oggi portato avanti dai tre fratelli Pierfrancesco, Maria Teresa e Laura, affiancati dalla consulenza enologica di Daniele Di Mambro.

Dieci gli ettari vitati, in gran parte destinati a vitigni locali, con qualche sprazzo di internazionalità. “Negli anni ’90 se non piantavi Chardonnay e Merlot non andavi da nessuna parte”, queste le parole di Laura che rivendica il ruolo decisivo nella svolta aziendale apportato dalla sorella Maria Teresa “grande appassionata dei vini di Sergio Mottura” e che da questi ha tratto tutto il know how necessario per puntare proprio sul Grechetto che il papà aveva impiantato in maniera considerevole nei due diversi cloni.
La cosa più bella è che i suoi insegnamenti ci hanno fatto guadagnare almeno 20 anni”. Davvero un grande esempio di cooperazione e valorizzazione territoriale.

Panoramica dei vigneti

Nella Tenuta nulla è lasciato al caso con spiccata attenzione alla gestione dei vigneti. L’azienda anche se non certificata, conduce i vigneti con un sistema BIO, a partire dalle concimazioni che sono fatte esclusivamente con materiali organici, sovesci e potature in pianta dove e quando serve secondo pratiche poco interventiste.

Tra le etichette aziendali il Poggio Triale cattura particolarmente la nostra attenzione, riuscendo ad esaltare tutte le potenzialità del Grechetto in termini di vivacità, data da una spina acida importante, intensa sapidità e raffinata aromaticità. Per Poggio Triale il tempo non è un nemico, ma un perfetto alleato capace di amplificarne l’eleganza ed esaltarne l’intensità gusto olfattiva.
Espressione del clone G5 vinificato in purezza, il Poggio Triale è ottenuto da un’accurata selezione dei grappoli, pressati a grappolo intero, con fermentazione a temperatura controllata e lavorazione sulle fecce fini per circa 6 mesi. Il tempo, poi, fa la sua parte con un affinamento in bottiglia che può arrivare ai due anni. Un Grechetto che si fa attendere e per chi sa attendere. Ecco il nostro responso all’esito di una miniverticale di tre annate 2017, 2016 e 2015.

Poggio Triale IGP 2017. Naso delicato con evidenti sentori minerali, floreali, note agrumate e mandorla dolce. Saporito al gusto, fresco e invitante con richiami fruttati ed un finale in cui la sapidità torna decisa a conquistare il ruolo di protagonista.
Poggio Triale IGP 2016. Più intenso nei profumi con note di salvia, genziana, cedro, uva spina. Sorso pieno e bilanciato con freschezza e sapidità che sembrano quasi rincorrersi per poi cedere il passo ad un ritorno fruttato, vegetale e ad un finale dall’intensa verve minerale.
Poggio Triale IGP 2015. Il nostro assaggio preferito. Grande complessità olfattiva cadenzata in delicate percezioni di scorza di limone, cedro, nocciola, nuance floreali inserite in una cornice di intensa mineralità. Il sorso è pieno, appagante sorretto da una vivace freschezza e da una scia sapida che si accentua, sempre più, man mano che il vino riposa nel calice. Davvero lungo il finale, invita più volte al riassaggio.

Fuori dalla miniverticale, ma altrettanto interessante, è l’interpretazione aziendale dell’altro clone del Grechetto (G109) vinificato in anfora e dal packaging davvero accattivante. Un esperimento che dà forse vita ad un vino meno espressivo del varietale (in degustazione annata 2018), ma che all’assaggio, per gli appassionati del genere, rivela tutta la sua piacevolezza e complessità.

Soc. Agr. Tenuta La Pazzaglia S.S.
Strada Bagnoregio 4

01024 Castiglione in Teverina (VT)
www.tenutalapazzaglia.it

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” In queste parole la condivisione di una nostra passione e la voglia di comunicarla. Salvatore Del Vasto, laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di vino, diventa prima sommelier, poi frequenta il Bibenda Executive Wine Master di Fis e poi consegue il diploma di Master presso l’Università di Tor Vergata in “Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche”. Sabrina Signoretti, laureata in Scienze Politiche, coltiva la sua passione diventando sommelier del vino, assaggiatrice di oli di oliva vergini ed extra vergini e sommelier dell’olio extravergine di oliva dell’AISO. Una delle qualità nascoste, la spiccata attitudine per la fotografia.

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