“Torna quando vuoi, mi troverai sicuramente qui in cantina”. Sono state queste le parole conclusive di Ilaria Cocco alla mia visita in azienda. La stessa frase avrebbe potuto stupirmi prima di conoscere di persona questa produttrice caparbia, indomita ed incline alla continua sperimentazione in un territorio non semplice.
Montefalco rappresenta, da sempre, una seconda casa per il sottoscritto: una sorta di buen retiro alla Hemingway nei momenti di stanchezza fisica o mentale. Tra queste morbide colline respiro aria di una ritrovata armonia con la natura circostante, un equilibrio che i vigneron sanno preservare con assoluta sapienza.
Ilaria parte da Terni e decide di muovere qui i primi passi enologici pur provenendo da tutt’altro settore. Dopo la laurea ed i successivi trascorsi londinesi al Consolato Italiano, nasce in lei la curiosità di produrre vino, riprendendo una antica consuetudine di famiglia che stava per estinguersi con la scomparsa di nonno Emilio. Ispirata proprio da quest’ultimo e dai racconti degli imprenditori italiani conosciuti nella City, decide di recuperare i pochi ettari di proprietà ormai piuttosto malconci, destinati soltanto al conferimento delle uve.
L’unico rimpianto è stato proprio quello di non aver potuto dimostrare al nonno di avercela fatta, contro ogni difficoltà.
Ai numeri delle contabilità che ancora segue nelle ditte di famiglia, alterna forbici per la potatura, guanti per la lavorazione delle uve e l’immancabile calice di cristallo, obbligatorio per assaggiare con pazienza il frutto di tanto lavoro. “Miss Sagrantino” potrei definirla senza timori: i suoi vini sono un concentrato artigianale di eleganza, espressione del territorio e prontezza di beva. Non per nulla Ilaria allunga ben oltre il disciplinare i tempi di riposo del vino prima dell’immissione in commercio.
Cinque gli ettari complessivi, rese bassissime per 10 mila bottiglie annue in sole 3 etichette. La consulenza di Massimiliano Caburazzi, già capo enologo da Antonelli San Marco, fa la differenza con il classico timbro di scorrevolezza e succosità. Ciò non basta ad Ilaria per accontentarsi o adagiarsi sugli allori senza sperimentare. Parte sempre dalla vigna, scegliendo differenti tempi di vendemmia; prosegue nello studio di contenitori alternativi sia all’acciaio che al legno, da lei non particolarmente amato. Infine, decide di offrire al pubblico una versione del Sagrantino Passito rara, delicata e convincente, interamente affinata in fermentini inox.
Preambolo doveroso a parte, veniamo finalmente al commento sugli assaggi di giornata.
Camorata 2015 – Montefalco Rosso Doc
Nel vino le annate parlano da sole. La 2015 sarà ricordata per una grande possenza, per il frutto nitido unito alla facilità di beva. Il Montefalco Rosso non è esente da queste qualità, tinte di sfumature fragranti e non scure. Attacco di rosa tea e ciliegine mature, bouquet gustativo perfetto e seducente, dai richiami finali di arancia sanguinella. Tannino ben integrato che contribuisce ad un sorso ampio ed appagante.
Camorata 2016 – Montefalco Rosso
Dicevamo del carattere rosseggiante della ’15 ed ecco la 2016 in versione dark, dal mirtillo alla mora, fino a note decise di spezie nere. Teso, verticale e nervoso nella trama antocianica, dalle potenzialità evolutive sorprendenti, basta solo aver pazienza.
Phonsano 2014 – Montefalco Sagrantino
Quanti pregiudizi ha vissuto questa annata così sublime in alcune espressioni. Il less is more è un concetto sempre valido e consiste nel segnare una sorta di spartiacque in un mondo concentrato sempre troppo sulle estrazioni. L’estate piovosa ha ingentilito l’anima più spigolosa del varietale. Non solo: sono emerse sensazioni floreali bellissime e delicate, per certi versi persino inattese. Acqua di rosa, viola macerata e fragoline di bosco. Cosa conservare da una simile esperienza? L’insegnamento è che si può ottenere qualità anche nei momenti difficili, tagliando la produzione (nello specifico per Ilaria i quattro quinti del raccolto) e ricordando che l’eleganza ha mille sfaccettature. Un fil-rouge seguito soprattutto nelle poderose annate successive.
Phonsano 2015 – Montefalco Sagrantino
Una passeggiata tra i roveti senza però il pericolo di pungersi. Nuances di ribes nero, amarene ed erbe aromatiche come rosmarino e mirto. La liquirizia marca subito il sorso denso, ancora molto chiuso e che necessità di una buona ossigenazione. Da goderne adesso o tra un lustro poco importa, la freschezza gustativa e la finezza degli aromi lo catalogano già tra i cavalli di razza.
Fontiola 2016 – Montefalco Sagrantino Passito
Un altro nome richiamante una piccola sorgente d’acqua che scorreva al limitare del podere. Esattamente come per le altre etichette Ilaria tende a valorizzare i ricordi ed i termini della sua infanzia trascorsa in queste campagne. Ancora non in commercio, spicca per una balsamicità da eucalipto, rabarbaro e china. Bocca da genziana e mirtillo in confettura. Dai filari migliori esposti a Sud e lontani dal fosso Phonsano. Sapidità e freschezza sono in grado di mettere in secondo piano la dolcezza e questo lo rende un vino adattabile a molte pietanze salate e succulenti. Come era una volta.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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