Nella mia visita da Sequerciani in località Tatti di Gavorrano (GR), con gli assaggi dalle vasche di affinamento accompagnato dall’enologo Laura Zuddas e dal Direttore Paolo Menichetti, ero rimasto stupito dalla golosità dei vini in esse contenuti ( link).
In particolare, accanto al campione di razza Verment’Oro, versione naturalizzata e macerata del vermentino toscano, notai con stupore un Ciliegiolo delicatissimo, quasi floreale più che fruttato, a riposo nella terracotta (ormai una moda), che non sempre dà prodotti così eleganti e delicati.
Mi ero riproposto di assaggiare nuovamente i campioni giunti in bottiglia;
E allora partiamo proprio dal Ciliegiolo 2018, per andare a ritroso a passo di gambero verso il “TuscanOrange” Verment’Oro 2019.
Devo dire che l’attacco iniziale non è stato dei migliori; molti i sentori di riduzione, che in questo caso si esprimono in aromi penetranti di zolfo e cavolo. Chiariamo un concetto essenziale, la riduzione (quando non eccessiva) non è un difetto, anzi può nascondere molti pregi.
Il primo in assoluto è di preservare il vino da quel fenomeno disgregativo che ha il nome di ossidazione, per la quale non esiste rimedio purtroppo.
Un vino “ridotto” va semplicemente ossigenato, agitando di tanto in tanto il bevante ed aspettando qualche minuto affinchè gli aromi primari riemergano dalla tana olfattiva in cui si erano nascosti.
Dopo pochi istanti, ritrovo in toto quella massa floreale che avevo sentito nel contenitore. Rosa rossa, geranio e giaggioli freschi. Segue un frutto denso di ciliegie croccanti, visciole, lamponi aciduli. Macchia mediterranea in sottofondo. Il sorso è ancora irrigidito da una tensione vibrante, con richiami ferrosi ed agrumati. Tannini che si allargano dolcemente, pizzicando la punta della lingua al sapor di zenzero. Davvero un bambino, merita di attenderlo nell’evoluzione in bottiglia.
E veniamo al Verment’Oro 2019 DOC Maremma Toscana, “un zucchero” come direbbe Mario Brega. Il caldo dell’annata lo si avverte dalla pienezza di bocca, preceduta da un naso carico di scorza di cedro, albicocca disidratata, salvia-felce-rosmarino, litchi e zagare appassite. Note mielose/iodate per non farci mancare nulla. Palato particolarmente speziato, da pepe bianco, cannella, noce moscata, anice stellato. Salinità lunga dai bordi di pesca sciroppata e nocciola tostata.
Diamoci appuntamento a febbraio per le nuove scoperte targate Sequerciani.