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LANGUEDOC: TERRASSES DU LARZAC E MONTPEYROUX

Un territorio sconfinato che produce circa un terzo di tutto il vino di Francia. La Languedoc è un complesso crocevia di percorsi, culture e naturalmente vitigni. Un passato recente lega la sua produzione alla quantità piuttosto che alla qualità, con un complicato sistema di denominazioni. Ma qualcosa sta cambiando. Ne approfittiamo per un focus sul territorio di Terrasses du Larzac che a sua volta comprende la Aoc Languedoc-Montpeyroux.

PREMESSA: LA COMPLESSITÀ.

Comprendere e conoscere la Languedoc, territorio minore e non troppo blasonato nel panorama francese, è tutt’altro che semplice. Da qualsiasi parte si inizi infatti, ci si scontra con la vastità e la complessità del territorio o meglio del terroir, nella sua accezione più ampia, tirando uno dei fili dello “gnommero” di gaddiana memoria, che diventa sempre più aggrovigliato, interconnesso ed inestricabile.

La ricognizione proposta da Luca Missori si pone dunque l’obiettivo di avviare una prima decodifica della complessità della Languedoc, scoprirne i tratti essenziali e tentare di trovarne una chiave di lettura, attraverso un focus sulle Aoc Terrasses du Larzac e Languedoc-Montpeyroux.

TERRITORIO

La Languedoc oggi è compresa nella più vasta regione amministrativa dell’Occitania. Si può definire nella mappa politica con i quattro dipartimenti: Aude, Gard, Hérault, Lozère. Con il dipartimento Pyrénées-Orientales si ha l’intera regione denominata Languedoc-Roussillon. Infine unitamente con l’attigua Provenza, questo territorio corrisponde all’antica Gallia Narbonense dei romani.

È una regione molto vasta, con oltre 220.000 ettari vitati ed un vasto mosaico di terreni e climi differenti, cui non manca l’influenza del mare oltre che un clima asciutto nell’entroterra.

La dimensione produttiva è smisurata: circa un terzo del vino di tutta la Francia proviene da qui. È la regione più produttiva e contiene circa il 70% dei Vin de Table della Francia. Più quantità che qualità: è il sud e come in Italia funziona da serbatoio produttivo per vini da taglio o low-cost. Curiosamente siamo all’incirca alla stessa latitudine della zona di Bolgheri.

Il territorio, così vasto, è ovviamente variegato: in collina prevalgono suoli calcarei, scistosi e sassosi, mentre in pianura i terreni sono generalmente di natura alluvionale.

La produzione dei vini rossi è ampiamente più rilevante rispetto i bianchi ed una piccola quota di rosé e spumanti. Moltissime le uve che troviamo in questo territorio: Carignan, Grenache, Cinsault, Syrah e Mourvèdre, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Sauvignon e Chardonnay. In Languedoc troviamo anche vini dolci di un certo rilievo, ottenuti da Grenache, Malvoisie, Maccabeu e Muscat.

La frammentazione non riguarda solo la ricca base ampelografica e l’eterogeneità dei terreni, ma anche il terzo elemento che completa il concetto di terroir: il fattore umano.

UN CROCEVIA DI CULTURE…

Qui la vite arriva in tempi molto antichi e non dall’area continentale, bensì dal mare.

Nella Gallia Narbonense sono i fenici prima ed i greci poi a portare la viticoltura su queste coste. Ma vi furono anche i romani e forse anche la viticoltura gallica, “caratterizzata da vitigni ottenuti dalla domesticazione di viti selvatiche locali.”[1]

Fu una zona di tesa competizione commerciale e la viticoltura greca non ebbe più di tanto sviluppo “per la forte ostilità dei paleaoliguri e delle tribù dei Galli attorno a Marsiglia. Inoltre il commercio del vino marsigliese subì la forte concorrenza del vino etrusco.” [2] Con la colonizzazione romana si diffuse poi “una viticoltura molto competitiva nella quale furono impiegati come viticoltori le popolazioni locali.” [3]

Si evidenziano fin dagli albori due fattori che segneranno il passo della viticoltura in questa regione: eterogeneità nella viticoltura e, in definitiva, quantità e non qualità.

Il concetto di crocevia culturale viene confermato nei secoli: fu occupata dai Visigoti (V sec.), cui seguirono i Franchi (VI sec.) e ancora dagli Arabi (VIII sec.), poi cacciati da Pipino il Breve nel 759.

Nel medioevo fu un centro ricco ed influente sul piano culturale. Qui si parla l’Occitano, ovvero la “langue d’oc”, la lingua francese antica, diversa dal “langue d’oïl” parlato nel nord della moderna Francia. Dall’Occitano si sono progressivamente distinti il Provenzale ed il Catalano pur conservando tratti comuni.

… E DI UVE

Le rotte tracciate dagli intrecci linguistici si riflettono in parte nelle uve che insistono in quest’area.

Le uve Carignan e Grenache, le ritroviamo in Spagna ed anche in Sardegna con i nomi di Carignano e Cannonau. Sempre in Spagna troviamo il Mourvèdre, con il nome di Monastrell.

Mentre sono originarie della valle del Rodano il Syrah ed il Cinsault. Seppur quest’ultimo sia giunto nel Salento dove lo ritroviamo con il nome di Ottavianello.

Insomma è come spostarsi su un gradiente di colori tra Spagna e Valle del Rodano con tutta una serie di sfumature intermedie, frutto del caso, di viaggi, di uomini e idee che hanno plasmato questo terroir.

Siamo in una zona culturalmente e tradizionalmente imperniata sui blend – del resto non siamo distanti dalla Châteauneuf-du-Pape AOC, con le sue 13 uve – che in quest’area vengono rappresentati con alcune sigle del tipo: GSM (Grenache-Syrah-Mourvèdre) o GSMC (Grenache-Syrah-Mourvèdre-Carignan).

A questo si aggiunga la complicazione di suoli, microclimi, latitudini, nonché diversi assemblaggi  che possono cambiare di anno in anno, ovviamente da un produttore all’altro e ancora persino tra le varie cuvée del medesimo produttore.

LE DENOMINAZIONI 

Il sistema di denominazioni non si sottrae alla complessità diffusa. Ci viene in aiuto il sito dedicato alla Languedoc AOC (www.languedoc-aoc.com) che chiarisce l’apparato delle denominazioni.

La Languedoc comprende ben 39 AOC, ora tutte quante contenute nella denominazione Languedoc AOP, riconosciuta con decreto il 30 aprile 2007.

La Languedoc AOP nasce infatti come ampliamento della denominazione Coteaux du Languedoc (che risale al 1960) e copre i vigneti di tutte le zone a denominazione controllata della Languedoc, con lo scopo di creare un marchio unico, semplificare la comunicazione al consumatore e creare uno spazio più flessibile per il produttore fuori dalle altre AOC ma pur sempre legato al territorio.

L’impostazione delle denominazioni vuole tendere ad una sorta di gerarchia qualitativa, da non interpretare in maniera rigida in quanto è più un modello che non un dato di fatto, riscontrando nell’enorme panorama produttivo territori o produttori capaci di fughe in avanti, indipendentemente dalla loro collocazione per così dire gerarchica.

Il modello prevede comunque una denominazione regionale (appunto Languedoc AOP) articolata in ulteriori 11 sottodenominazioni, denominazioni subregionali ed infine denominazioni comunali che dovrebbero identificarsi come nicchie di eccellenza.

Per completezza riportiamo:

La denominazione Languedoc AOP e le 11 sotto-denominazioni, dunque tutte riportanti il prefisso Languedoc, ovvero: 1) Languedoc – Cabrières, 2) Languedoc – Grés de Montpellier, 3) Languedoc – La Méjanelle, 4) Languedoc – Montpeyroux, 5) Languedoc – Pézenas, 6) Languedoc – Quatourze, 7) Languedoc – Saint Christol, 8) Languedoc – Saint Drézéry, 9) Languedoc – Saint Georges d’Orques, 10) Languedoc – Saint Saturnin, 11) Languedoc – Sommières

Le 15 denominazioni subregionali: 1) Cabardès, 2) Clairette du Languedoc, 3) Collioure, 4)Corbières, 5) Côte de Roussillon, 6) Côte de Roussillon Village, 7) Limoux, 8) Malepère, 9) Minervois, 10) Pic Saint Loup, 11) Picpoul de Pinet, 12) Saint-Chinian, 13) Saint-Chinian Berlou, 14) Saint-Chinian Roquebrun, 15) Terrasses du Larzac.

Le 5 denominazioni comunali: 1) Corbières-Boutenac, 2) Faugères, 3) Fitou, 4) La Clape, 5) Minervois la Livinière.

In ultimo, 3 denominazioni sono dedicate ai vini frizzanti di Limoux: 1) Crémant de Limoux, 2) Limoux Blanquette de Limoux, 3) Limoux méthode ancestrale.

E 5 denominazioni dedicate ai vini dolci: 1) Maury, 2) Muscat de Frontignan, 3) Muscat de Lunel, 4) Muscat de Mireval, 5) Muscat de Rivesaltes.

Totale, appunto, 39 denominazioni.

DEGUSTAZIONE

La degustazione si concentra su 2 sole AOC: Terrasses du Larzac e Languedoc – Montpeyroux.

Quest’ultima è probabilmente prossima a svincolarsi dal prefisso Languedoc, dunque ci riferiremo anche semplicemente con la dicitura Montpeyroux.

Sono due denominazioni ubicate nell’area settentrionale della Languedoc, poco più ad est di Montpellier, adiacenti l’una con l’altra o meglio, si potrebbe dire che la piccola Montpeyroux è praticamente contenuta nella più vasta area di Terrasses du Larzac.

 Montpeyroux

Il vigneto di Montpeyroux è l’ultima estensione del massiccio centrale. La produzione è contenuta ad appena 11.000 bottiglie. I vini sono composti da almeno tre vitigni provenienti da Syrah, Grenache, Mourvèdre, Carignan, Cinsault.

Le abbondanti precipitazioni annuali del Larzac e i temporali facilitano la crescita della vite e le riserve d’acqua, utili nei periodi di siccità. Il clima è tipicamente mediterraneo, con una circolazione d’aria praticamente permanente che contribuisce favorevolmente alla sanità delle uve.

Un’altra specificità di Montpeyroux è la sua posizione strategica: fin dal Neolitico costituisce una via di comunicazione tra il Rouergue e la bassa pianura, diventando un vero e proprio corridoio di passaggio. Strada romana, poi mulattiera, strada reale, via del sale… i resti che costellano il terreno testimoniano la vita dei suoi popoli.

Terrasses du Larzac

Terrasses du Larzac riunisce ben 32 comuni ed una produzione di oltre 2 milioni di bottiglie. I vini sono composti da almeno due vitigni provenienti da Grenache, Mourvèdre, Syrah, Carignan, Cinsault.

l’altopiano del Larzac, da cui il nome, che descrive perfettamente la sua posizione geografica. posizione. Il vigneto è infatti adagiato sui pendii sud e sud-est dell’arido altopiano calcareo, del Larzac, che lo protegge dagli influssi del vento del nord.

A nord di Lodève e ad est di Saint-Félix-de-Lodez nel Gange, le viti si trovano sui ghiaioni argillosi-calcarei e sui terrazzamenti pietrosi dell’Hérault. Nella parte occidentale – da Saint-Jean-de-la-Blaquière a Lodève – il colore brillante delle “ruffes” conferisce ai paesaggi grande originalità. Il potere drenante e la povertà del suolo agiscono come regolatori naturali.

I vini

Tutti i vini in degustazione seguono il regime biologico o biodinamico.

Il primo vino in degustazione è un Languedoc AOP. È di fatto un vino per così dire entry level. Tecnicamente potrebbe attingere a più vigneti distribuiti nella vasta AOP regionale, tuttavia sappiamo che è prodotto ad Aniane, all’interno della zona di Terrasses du Larzac.

Qui troviamo elementi fortemente caratterizzanti che ci permettono già di tracciare un profilo generale del vino, che di fatto poi ritroveremo.

Infatti, abbiamo importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte, che arrivano a oltre 20°C, con conseguente contributo all’aromaticità del vino. Inoltre i terreni sono costituiti da Marne gialle di Gignac, ovvero terreni sabbiosi-limosi-argillosi, mentre nelle antiche terrazze dell’Hérault, troviamo ciottoli e argilla rossa, tutti elementi che tendono a favorire la morbidezza del vino e tannini fini.

Languedoc Les Griottiers Aoc 2022 | Mas de la Seranne. Assemblaggio di Syrah (30%), Cinsault (25%), Grenache (20%), Carignan (10%), Mourvèdre (10%), Counoise (5%).

Impatto sfacciatamente accattivante e profumato. Trionfa la marasca, anche sotto spirito e la fragola surmatura. Poi toni speziati, rabarbaro, pepe, mirto. Ingresso morbido, solare. Tannini sottili, quasi defilati, in una struttura che purtroppo risulta piuttosto esile, chiudendo celermente la parabola gustativa.

Il secondo, terzo e quarto vino, provengono tutti dalla AOP Languedoc-Montepeyroux, stesso millesimo 2020 e medesima azienda: Domain D’Aupilhac, di Sylvain Fadat.

Auphilhac è sostanzialmente un cru di 18 ettari nei pressi di Montepeyroux. Tre generazioni di Fadat hanno coltivato fin dal XIX secolo, ma solo nel 1989 l’attuale membro della famiglia Fadat, Sylvain, ha finalmente registrato il Domaine come viticoltore indipendente.

I vigneti di Aupilhac si trovano su terrazze all’interno di un antico anfiteatro di origine vulcanica. Oltre al basalto, vi ritroviamo argilla, ghiaioni calcarei e marne azzurre del Miocene che corrispondono infatti a depositi fossili marini. L’esposizione è sud-ovest e notevole è anche l’influenza del mediterraneo. Conduzione in regime biodinamico.

 Languedoc-Montpeyroux Cuvée Aupilhac AOP 2020 | Domaine D’Aupilhac – Sylvain Fadat.

La cuvée Aupilhac è un blend di vitigni che vede il Mourvèdre con quasi il 40% e a seguire in quantità non precisate Carignan, Syrah, Grenache, infine in misura minore, Cinsault. Raccolte a mano, le bacche vengono vinificate in modo minimamente interventista. Macerano tra le due e le tre settimane e sono sottoposte a follature. Il vino riposa poi in piccoli tini oltre che in botti usate per due anni e mezzo.

Cupo concentrato. Intriganti sensazioni di erbe aromatiche, alloro, mirto, poi lavanda che prevalgono su note di frutto scuro, prugna, mora di rovo. Infine sentori di tè nero ed un cenno fumé. Sorso sferico, con una dinamica vivace ed un’ottima sinergia tra le componenti, seppur non ecceda in volume e struttura.

Languedoc-Montpeyroux Les Cocalières AOP 2020 | Domaine D’Aupilhac – Sylvain Fadat.

Les Cocalières è il nome di una parcella su cui sono coltivate uve diverse che contribuiscono al vino nelle seguenti proporzioni: Syrah 40%, Grenache 30%, Mourvèdre 30%. Le vigne sono state ripiantate ad inizio millennio, su terreni composti da calcare, argilla e basalto. L’altitudine supera i 350 metri e l’esposizione guarda a nord e nord-ovest, contribuendo ad una più sofisticata finezza ed una più lenta maturazione, al punto che la vendemmia è ritardata fino a tre settimane rispetto agli altri vitigni della denominazione. La vinificazione avviene con una lunga macerazione ed affinamento in botte per 15 mesi.

Cupo e concentrato. I profumi sono altrettanto cupi e al contempo originali. Si riconosce il mazzetto garni per l’arrosto, alloro, foglie di tè nero, anice stellato, frutti scuri, fiori appassiti, ghisa. Simile al precedente ma probabilmente più verde e minerale. Il sorso è agile e disimpegnato, teso, con una buona struttura, tannini levigati ed una bella chiusura solare, con un vago ricordo di menta.

Languedoc-Montpeyroux Le Clos AOP 2020 | Domaine D’Aupilhac – Sylvain Fadat

Le Clos è la Cuvée più prestigiosa della cantina, prodotta in tiratura limitata e pensata per un lungo invecchiamento. Sono impiegate vigne che arrivano ai 70 anni e alcune delle quali ubicate sulle marne azzurre, di origine marina. L’assemblaggio prevede Mourvèdre e Carignan in parti uguali al 40% e Syrah per il 20%. Il vino matura per circa trenta mesi in legno.

Rubino impenetrabile. Incipit fruttato con note di ribes nero, prugna, che poi si allontana con ricordi di rosmarino, macchia mediterranea, liquirizia, anice stellato, pepe, cenno vanigliato. Un percorso articolato e profondo, ben rifinito. Il sorso è ampio ed equilibrato, con ritorni di liquirizia, una piacevole freschezza e vena sapida guidano un percorso lungo con un finale terso.

Dal quinto all’ottavo vino ci si sposta nella Aop Terrasses du Larzac, con quattro aziende distinte, che tuttavia riescono a mettere in luce tratti comuni, soprattutto nelle note aromatiche legate alla macchia mediterranea ed alle erbe aromatiche, nonché ad una componente acido-sapida ben definita.

Terrasses du Larzac Clapas Aop 2021 | Pas de l’Escalette

Pas de l’Escalette si trova a 350 metri di altitudine, ai piedi dell’altopiano del Larzac. L’azienda coltiva in biodinamico circa 20 ettari su terrazzamenti. Clapas è una parola francese di origine occitana che significa “frammenti di rocce” o “mucchi di pietre” e richiama sia i muretti a secco che contraddistinguono i terrazzamenti della zona, che i ghiaioni calcarei, dove troviamo i vigneti.  Il vino è un assemblaggio di Syrah (50%), Carignan (30%) e Grenache (20%).

A note di frutta rossa dolce e matura, si sovrappongono ricordi di liquirizia, poi note verdi di felce e origano e toni salmastri. Coerente all’assaggio, enfatizza la sapidità. I tannini sono sottili e l’acidità regala una dinamica gustativa agile e dissetante. Persistente.

Terrasses du Larzac Terre de Jonquières Aop 2019 | Mas Cal Demoura

Cal Demoura in occitano significa “Dobbiamo restare”. È questo il manifesto della cantina, fondata negli anni ’90, con grande passione e fiducia da Isabelle e Vincent Goumard intorno a Jonquières, nel cuore delle Terrasses du Larzac.

Qui i terreni sono argillosi-calcarei con ciottoli calcarei ed il clima è rinfrescato dai venti settentrionali provenienti dal Causse du Larzac. I vitigni impiegati sono 5: Syrah, Cinsault, Grenache, Mourvèdre, Carignan. L’affinamento avviene tenendo le parcelle separate per 12 mesi in botti da 500/600 litri poi l’assemblaggio sosta in tini, prima dell’imbottigliamento.

Intriganti accenti olfattivi su macchia mediterranea, lentisco, mirto, liquirizia, chinotto. Sorso succoso, ricco di una acidità agrumata che ravviva e da ritmo alla progressione. Tannini levigati, in una struttura solida che evidenzia buon equilibrio e profondità.

 Terrasses du Larzac Les États d’âme Aop 2020 | Mas Jullien

Mas Jullien è uno dei nomi che contano in Languedoc soprattutto perché sta tracciando la rotta qualitativa dei vini di Languedoc. Come il campione precedente siamo a Jonquières. Qui Olivier Jullilen coltiva circa 15 fin dal 1985.

Anche qui troviamo ciottoli calcarei e argille e le uve impiegate per questo blend sono Syrah, Mourvèdre e Carignan, vinificati per parcella e affinati per circa 18 mesi in botti da 500/600 litri.

La cifra stilistica ricorda il precedente, accomunati dalla freschezza agrumata che qui si esprime con ancor più enfasi andando a cercare note di tamarindo e arancia amara. Poi timo, rosmarino, frutti di bosco, more. Sorso teso e vibrante, con tannini sottili e buona persistenza in chiusura.

Terrasses du Larzac Ode aux Ignorants Aop 2020 | Mas Combarèla

Olivier Faucon ha creato Mas Combarèla nel 2016, in un piccolo paese chiamato Saint-Jean-de-Fos, a nord-ovest di Montpellier. Il suo vigneto si estende per 11 ettari, tra l’AOC Terrasses du Larzac e l’IGP Saint-Guilhem-le-Désert.

La cuvée Ode aux Ignorants è un tributo al fumetto Les ignorants di Ètienne Davodeau (in collaborazione con Richard Leroy), che ha ispirato la vocazione di Olivier Faucon. Il vino è un assemblaggio di Syrah (50%), Carignan e Grenache. Le rese sono moderate e la raccolta è manuale, spesso al mattino per preservare la freschezza. In cantina, la vinificazione è delicata e poco invasiva, per valorizzare il frutto dei tre vitigni. Segue un affinamento di 18 mesi in botte.

Naso complesso, caldo, di non facile lettura, inizialmente selvatico. Poi frutta e spezie scure. Carrube, timo essiccato, cuoio, cenni balsamici. Sorso vivido con una spiccata sapidità, comunque ben governata. Pieno e strutturato.

CONCLUSIONI

La scoperta di un territorio importante ma “minore” rispetto ai grandi nomi di Francia è di per sé un valore, per la valenza storica, etnografica e in generale culturale.

I vini dell’area esplorata, rappresentano un impegno concreto e di livello di diversi viticoltori, votati alla qualità.

La presenza di vitigni non comuni come il Mourvèdre ed il Cinsault, permette una caratterizzazione unica e peculiare dei vini, di cui si sono potuti notare tratti comuni, soprattutto tra diversi produttori dell’Aop Terrasses du Larzac.

Di contro, la presenza di altre uve in blend, nonché l’uso del legno tende a far da contrappeso, ovvero a mediare alcuni elementi a favore di una espressione più corale, che media alcune peculiarità.

Complessivamente la lettura del territorio, sembra avere un suo fil rouge che passa dalla mediterraneità aromatica dei vini, senza eccedere nella muscolarità della struttura.

Nel gioco di cercare alcune analogie con vini del nostro territorio – e non necessariamente con le medesime uve – si tende a ricadere nei vini nel sud e questa è alquanto singolare, tenuto conto della latitudine e delle quote altimetriche.

In definitiva, al di là delle preferenze e delle interpretazioni che molto hanno del personale, ancora una volta è apprezzabile osservare con la lente un territorio, la sua storia, le sue persone e le loro storie. Perché in definitiva, e non ci stancheremo di ripeterlo, siamo cacciatori di storie.

[1] Attilio Scienza nell’appendice di Roma Caput Vini di Giovanni Negri ed Elisabetta Petrini

[2] Idem

[3] Idem

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Scritto da

Michelangelo Fani, da oltre 15 anni appassionato di vino, distillati e gastronomia. Nel 2010 scrive occasionalmente su Dissapore. Nel 2012 collabora alla guida Bibenda 2013. Negli anni successivi partecipa ai panel per le Guide “ai sapori e ai piaceri regionali” di Repubblica (Lazio, Abruzzo, Marche Umbria, Puglia, Sardegna) e collabora con l’associazione Ateneo dei Sapori. Dal 2019 scrive sulla guida ViniBuoni d’Italia, edita dal Touring Club. Degwineandspirits.com è il suo taccuino di viaggio nel mondo del vino e dei distillati. Perché in fin dei conti, “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla” (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento – Novecento, A. Baricco).

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