La rubrica “Storiedabere”, che dà spazio alla fantasia ed ai sogni, sempre in qualche modo legati all’enogastronomia, si arricchisce di un altro racconto di Pino Perrone. Una storia d’amore, una gravidanza, ed un oggetto misterioso che sarà svelato solo verso la fine, sono gli elementi che rendono avvincente la narrazione. È presente un errore voluto dall’autore per mettere alla prova l’attenzione del lettore “esperto”. Buon San Valentino a tutti.
“Sei proprio sicura che sia quella?”
“Ti dico di sì, è identica.”
“Quindi che vuoi fare?”
Arrivarono i due cappuccini, appena spolverati di cacao. Avrebbe preferito un tè, erano le cinque del pomeriggio e gli piaceva più del cappuccino, ma lei non lo amava, e data la situazione…
“Mi scusi, potrebbe aggiungere ancora della polvere di cacao? Ne vuoi anche tu?”
Un clacson suonò e per poco una berlina bianca non mise sotto un tizio che indossava un completo azzurro. Parlava al cellulare attraversando dove non era consentito. Senza interrompere la comunicazione fece un cenno di scusa con la mano. Il tassista tirò giù il finestrino, stese il braccio e gli mostrò il medio.
“Federico o Mattia se sarà maschio, Alice o Chiara se è una femmina.”
“Hai deciso tutto tu. E io?”
“Tu hai fatto il danno.”
L’amava troppo per risentirsi. Faceva molto caldo per essere a febbraio, si poteva tranquillamente stare seduti all’esterno del bar per consumare. Quasi tutti i locali si erano attrezzati con pedana e copertura. Mise due bustine di zucchero di canna e cominciò a girare con il cucchiaino guardando la schiuma che cambiava forma e colore, chiarendosi. Alzò gli occhi e si accorse che la stava fissando.
“Cosa c’è? Mi piace dolce.”
Era commessa in part time in un negozio di abbigliamento del centro storico. Lavorava là da quasi un anno con contratto a tempo determinato, con la possibilità di rinnovo per altri due, e poi chissà. Gli affari andavano male per mancanza di turisti. La pandemia aveva tenuto lontano a lungo la loro principale clientela. Circolava voce di un ridimensionamento del personale, e se fosse accaduta la cosa l’avrebbe di certo interessata.
“Vedrai che quando lo sapranno non mi rinnovano il contratto, vedrai tu. Scade fra poco, non mi conviene dirlo a nessuno, in particolar modo a quelle serpi delle colleghe. Te le raccomando, quelle!”
“In maternità un lavoratore non può essere licenziato”.
“Ma quando è terminata sì. E addio proroga, stanne certo” rispose con veemenza.
Sollevò la testa per guardarla. Era proprio bella, ne era follemente innamorato. Ma adesso era anche preoccupato. Fare consegne per l’intera giornata era un lavoro che non consentiva di guadagnare molto. L’affitto gli mangiava oltre la metà del suo compenso. Nel fine settimana era costretto ad arrotondare con qualche trasloco, quando a Danilo occorreva una mano. Se lei avesse perso quel lavoro… Non voleva pensarci, non ora. Continuò ad osservarla mentre beveva un lungo sorso del cappuccino, e rise.
“Hai una macchia sul labbro, quello di sopra”.
“Dovremo sposarci”, disse senza badargli. Lui cambiò espressione di colpo. Non era contrario al matrimonio, ma occorrevano i denari. Tanti. Servivano per qualunque cosa. Se ti scappava la pipì e cercavi un bagno, capitava che te la facevi sotto se non avevi una moneta. Si ricordò di quella volta, in una stazione ferroviaria… anche pisciare non è più gratis. Arriverà il momento in cui saremo costretti a pagare tutto. Potevano contare solo su se stessi. Avevano entrambi perso il padre, e le loro madri vivevano con la sussistenza sociale e qualche saltuario lavoretto di pulizie. Suo padre, in realtà, non l’aveva mai conosciuto, non sapeva chi fosse. Raccontava a tutti che era morto quando era piccolino. Un segreto condiviso con la madre.
“Ho provato a domandare. Mi ha detto che è un ricordo, non vuole vendere. Secondo me non sa il valore”
“Quindi che vuoi fare?”, ripeté ancora.
Dei bambini mascherati si stavano avvicinando, guidati dai loro insegnanti. Ci fu un frastuono di trombette e l’aria si riempì del loro vociare. Si tenevano per mano, in fila per due. Lui prese a fissarne uno mascherato da Captain America. Quando gli fu vicino, tolse la mano che dava alla Fata Turchina affianco e gli gettò dei coriandoli. Gli caddero sul viso e qualcuno sul tavolo, facendo arrabbiare la maestra che si scusò. Sorrise mentre si puliva e li gettava via per terra.
“Rubarla”, disse d’improvviso, e fu come uno scrocchio. Lui non rispose subito, sembrava intontito, e nel caso non avesse compreso bene, lei ripeté di nuovo: “Rubiamola”.
Si girò per controllare che nessuno l’avesse sentita. “Stai scherzando” rispose, senza l’interrogativo. Il volto cambiò immediatamente. Conoscendola non avrebbe desistito facilmente, e cominciò a preoccuparsi per le conseguenze che ne potevano derivare. “Ma perché?”
“Ovvio no? Ci servono i soldi”. La risposta arrivò dritta come un pugno ben assestato. E fu un sollievo aver improvvisamente trovato una giustificazione morale. Non ebbe effetto immediato, non riuscì a rilassarsi. Lei invece ostentava la tranquillità di chi ha la situazione sotto controllo, come se fosse una idea ovvia, normale. La guardò sotto un’altra luce, era cambiata. Forse i nuovi ormoni avevano già iniziato a circolare nel suo corpo, portando chiarezza, determinazione, sopravvivenza. Il fine giustificava il mezzo. La ammirava.
“Sì, ma poi?”. Lei terminò il suo cappuccino e lo fissò dritto negli occhi. Lesse dentro tutta la sua apprensione.
“So a chi venderla. Stai tranquillo, ho pensato a tutto.” Per rassicurarlo proseguì: “Sta lì, tutta impolverata. Che se ne fa? A noi risolverebbe tante cose. Il bambino che sta per arrivare, il nostro matrimonio, il mio probabile licenziamento.”
Quel che avrebbero ottenuto sarebbe bastato solo nel breve periodo, rifletté. Le consegne non avevano risentito della crisi. Anzi, a seguito della pandemia, le persone avevano imparato ad acquistare sul web e la mole di lavoro era aumentata. Ma era cambiata l’organizzazione, e l’incremento non si era tradotto in uno salariale.
“È anziano, che se ne fa?” ridisse. “Non sa neppure quanto vale. Non ci vuole molto a portargliela via. Sarà un gioco da ragazzi. Fidati.”
Un gioco da ragazzi. E loro cosa erano se non ancora dei ragazzi? Poco più che ventenni, avevano iniziato a convivere da un anno e mezzo. Si conoscevano fin dalle scuole elementari. Lui si era preso una cotta per quella bambina bionda con gli occhiali, all’epoca più alta di lui. Aspettava emozionato di vederla durante l’ora di ricreazione. O all’uscita.
“Come puoi essere così certa che non ne conosca il valore? Se invece lo sa? Se sporge denuncia?”, disse trovando assieme alle parole, il coraggio.
“Non lo farà. Per lui è solo un ricordo, e poi non si denunciano gli oggetti di cui non si conosce il valore. Se ci tenesse non sarebbe esposta, impolverata sulla mensola, alla mercé del pubblico. Fidati è così”.
Tutta quella certezza. Perché anziché essere innervosito la stimava? Forse aveva ragione lei, ma se il vecchio le avesse mentito? Se non si fosse trattato semplicemente di un ricordo, se non voleva fargli intendere che ne conosceva il valore? Per contro anche i ricordi meritano cura… A prescindere da tutto, sempre di furto si trattava. Questo era il punto.
“E poi… ma questo c’entra poco, non so… è solo una mia impressione ma… il tizio non mi piace. Ha qualcosa che non mi convince”.
“Mi dici come ti è nata questa idea? Ci vai spesso in questo negozio? ”
“Ci sono stata solamente tre volte finora. Ogni tanto capita che mi mandino a fare una consegna a casa di una cliente importante che ha paura di uscire di casa. Da lei ci sono andata diverse volte. Attraverso il nostro sito web osserva i capi che abbiamo in vendita e io glieli porto, aspettando che li provi. Ciò che sceglie lo paga con bonifico istantaneo. Qualche volta capita che ci ripensi, e io debbo tornare a riprendere abiti e portarne dei nuovi”.
Si prese una pausa che lui sfruttò per dire. “Ho saputo di persone che lo fanno regolarmente, su Azaxon”.
“Lei non compra su Azaxon e non è quel tipo di persona. Non vuole i soldi indietro ma solo fare un cambio. È veramente una brava signora. Ed è molto generosa. Ricordi quella grappa barricata che tanto desideravi e che ti ho regalato per San Valentino? L’ho comprata con una sua mancia”.
“Ah”
“Abita proprio vicino a quel negozio. La prima volta l’ho vista per caso e sono entrata, senza acquistare nulla. La seconda mi sono fermata di più, per osservarla meglio e mentre chiedevo una piccola cosa da comprare ho scattato una foto di nascosto. Tornata al lavoro ho verificato il prezzo su internet. La terza, ho domandato quanto costasse perché volevo regalarla al mio fidanzato”. Adesso lui ne sapeva di più rispetto a quanto, in maniera vaga, gli aveva accennato qualche giorno addietro. Questo suo lato investigativo gli era nuovo, eppure era convinto che, dopo tutti gli anni passati assieme, non avesse più segreti.
“Come è possibile che finora nessuno l’abbia mai notata? Possibile che neanche una persona l’abbia vista informandolo del valore?”
“Non so che dirti. È strano, vero, ma non esiste una risposta per ogni cosa. Può darsi che dipenda da quel posto, che è veramente nascosto. La strada non è una di passaggio. A chi la volesse, conviene fargli sapere quanto valga? Avrebbe fatto come me. Forse il vecchio gli avrà risposto alla stessa maniera, e non ha insistito per non essere smascherato, per provare in avanti”.
“Hai pensato a come fare?”, le chiese dopo un attimo di esitazione.
“Certo. Ho pensato a tutto”, disse abbozzando un sorriso di autocompiacimento. Lui ne fu affascinato e improvvisamente disteso allungò una mano per toccare la sua.
“Hai pensato a tutto tu”.
“Che ti avevo detto? Tranquillizzati perché sarà semplice, non farti prendere dall’ansia, come al tuo solito. Basta usare delle accortezze. Ti ho già detto che è una tabaccheria di piccole dimensioni. In quella strada ci passano pochissime persone, e anche questo te l’ho già detto. La via è nascosta ma sufficientemente larga per lasciare l’automobile in doppia fila. Non davanti al negozio però, venti metri più in avanti, dove sono i cassonetti della spazzatura. Bisogna preparare una borsa capiente, che contenga già qualcosa ma non di vetro, altrimenti potrebbe fare rumore. Il signore è sempre dietro il bancone. Se rallentando con l’automobile il proprietario del negozio è fuori per strada o davanti al bancone, è meglio non fermarsi e fare il giro di nuovo. Oppure tentare il colpo un altro giorno. Perché dobbiamo evitare che associ il conducente al cliente che andrà da lui. Se lo vedesse scendere con la borsa anziché lasciarla in auto, potrebbe insospettirsi. Deve sembrare di passaggio. Sopra al bancone c’è la cassa e davanti, verso il pubblico, un paio di mensole a vista con vari oggetti. È poggiata sulla prima, quella in alto e a portata di mano. Il tabaccaio non la può vedere dal retro. Alle sue spalle c’è una scaffalatura tutta piena di pacchetti di sigarette. Per prendere le marche messe in basso si deve inchinare e ho visto quali sono. Sarà un gioco da ragazzi. Prima bisogna controllare che il negozio sia vuoto. Meglio andarci verso la chiusura, quando trascorsa l’intera giornata sarà meno lucido. Ho letto da qualche parte che la maggior parte dei furti avviene verso la chiusura, lo sapevi questo?”
Non poté fare a meno di constatare la sua di lucidità, un lato del carattere che non finiva di sorprenderlo. Aveva studiato tutto nei minimi dettagli. Era la sua donna, e il suo carattere lo eccitava e al contempo, talvolta, preoccupava. Avrebbe sposato una autentica donna del crimine.
“E se ti dovesse riconoscere?”
“È la ragione per cui andrai tu. Ti spiego dov’è.”
*
Andò tutto liscio come l’olio. Verso l’orario di chiusura si recò nella tabaccheria con la sua auto color crema che lasciò in doppia fila, dove lei gli aveva detto. Pagò le sigarette e se ne andò senza che il commerciante si accorgesse di nulla. Né in seguito denunciò il furto, o perlomeno loro non ne ebbero notizia. Tutto bene quindi, tranne per una cosa. A partire da quel giorno, quasi in ogni notte lui ebbe degli incubi. Spesso in questi si trovava in tribunale e il giudice era suo padre. Perlomeno nel sogno sapeva che era tale, non conosceva il suo volto non avendolo mai incontrato. Veniva condannato alla detenzione proprio dal padre che gli gridava contro additandolo: “È questo lo spirito con cui ti ho cresciuto?” Altre volte era la sua futura moglie a finire in galera col bambino. Era nato in carcere. In quelli peggiori, dove il piccolo era gravemente ammalato, lui si svegliava gemendo. Prese un’abitudine: prepararsi una tisana la sera dopo aver cenato, che ebbe l’effetto di farlo addormentare prima del solito senza variare i sogni. Al mattino aveva il volto tirato e i superiori cominciarono a domandarsi cosa stesse accadendo. Senza l’attesa della paternità sarebbe probabilmente impazzito. All’apparenza, invece, lei non provava alcun rimorso per quanto avevano commesso e dormiva della grossa, come normalmente avviene in una donna che attenda un bambino. Si stava sviluppando una vita e la sua pancia cresceva, e quando giunse al sesto mese di gravidanza si vide nettamente. Restò in casa in maternità, perché come aveva intuito, il contratto scaduto non le fu rinnovato. Passava le giornate a mangiare e a leggere, aspettando il rientro del suo compagno. Attesero quasi tre mesi, nell’eventualità che il furto fosse stato denunciato e consentire che si calmassero le acque. L’oggetto rubato era stato accuratamente pulito, con molta attenzione che non si rovinasse. Per maggior sicurezza l’avevano avvolto in del cellophane e ora trionfava sopra la libreria a fianco a dei gialli di una nota casa editrice, in attesa di essere venduto. Avevano letto di quotazioni molto alte, in un caso a cinque cifre, ma cederlo attraverso la rete web era rischioso. Meglio recarsi da un negoziante del settore: lei ne conosceva uno che faceva al caso. Avrebbero ottenuto di meno del valore effettivo, ma di sicuro alcune migliaia di euro, che sarebbero state di grosso aiuto per loro. Un aiuto per affrontare le spese per la creatura in arrivo, come i vestitini che lei non vedeva l’ora di acquistare per Alice, giacché l’ultima ecografia non aveva lasciato dubbi che fosse femmina. Per il matrimonio avevano deciso di attendere ancora: la nascita della bambina veniva davanti a ogni cosa. Nella casa circolavano ora anche riviste premaman oltre a quelle di motociclismo. Lui sognava una moto di grande cilindrata, ma sapeva di non potersela permettere per il momento, quindi si accontentava di guardare le figure.
Arrivò il giorno in cui decisero. Lei spiegò dove andare e cosa dire. Non avrebbe potuto farlo lei, per la pancia e, preferendo non esser vista, perché troppo vicino a dove fino a qualche mese prima lavorava. Occorreva recarsi lì due volte. Prima, mostrare al titolare una foto e chiedere se fosse stato interessato all’acquisto. Era quasi certa di sì: un suo ex collega gli aveva raccontato che là compravano da privati per rivendere a clienti con alta facoltà di spesa. Doveva dire che era del suocero morto di recente, l’avevano trovata nell’abitazione mettendo a posto le sue cose. Far intendere che ne conosceva il valore di mercato e che si sarebbe accontentato di un prezzo inferiore. Dal momento che gli affari si fanno in due… Stabilirono una soglia al di sotto della quale non sarebbero scesi. Trovato l’accordo sarebbe tornato per portargliela. La notte prima del giorno stabilito ebbe il suo ennesimo incubo: stava per trattare sul prezzo quando il tabaccaio entrò nel negozio per reclamare la merce rubata. Lui fuggiva inseguito dal defraudato per i vicoli del centro storico. Col fiatone di chi non è avvezzo all’attività fisica, si rifugiava all’interno di un portone. Saliva le scale e arrivato al primo piano si rendeva conto di trovarsi in una clinica di neonatologia. La moglie stava per partorire, e il medico lo chiamò ad assistere. Quando giunse il momento, la sua donna diede alla luce, non una bambina, ma una stecca di sigarette. Si svegliò strillando, tutto sudato. Lei lo cinse con un braccio rassicurandolo. Poco dopo si riaddormentò.
*
“Bella, molto bella. È sua?”
“Di mio suocero.”
“E il suocero se ne vuole sbarazzare?”
“Non c’è più, purtroppo.”
“Oh, mi spiace tanto. Era un collezionista? Ne ha delle altre?”
“No, non lo era, teneva in casa solo quella. Diceva che era un ricordo”, disse abbassando lo sguardo arrossito.
“E lei vorrebbe venderla… Posso chiedere la ragione? È un ricordo appartenuto al padre di sua moglie. A lei non dispiace privarsi di un oggetto appartenuto al papà a cui probabilmente teneva?”
“Ad essere sinceri non ha fatto in tempo a diventare mio suocero… Con la mia compagna abbiamo deciso di sposarci a breve. Sa, vogliamo venderla perché aspettiamo una bambina e i soldi non sono mai abbastanza. La mia futura moglie ha perso il lavoro di recente. Suo padre non aveva nulla da lasciarle. E la madre non ha nulla in contrario se decidessimo di venderla. Anch’io persi mio padre, quando avevo due anni”. Disse tutto senza difficoltà e, con sorpresa, scorrevolmente. In fondo era tutto vero, tranne la provenienza della cosa.
“Capisco. State vivendo dei momenti difficili, ma vedrà che ne seguiranno di migliori. Sta per diventare padre, e questa è una bella notizia, sarà una grande emozione. Bisogna esserci passati per capire la portata di un evento del genere. Venendo a noi, lei mi sta mostrando una foto. Ovviamente ho bisogno di vederla dal vivo. Le anticipo comunque che, verificate alcune cose, sono interessato all’acquisto. Quanto pensavate di ottenere?”, gli domandò restituendo il cellulare al ragazzo.
“Abbiamo visto su internet alcune quotazioni. Non dico proprio quelle però… insomma ci dica lei, certamente ne sa più di noi. Lei è del mestiere”, rispose con un certo imbarazzo.
Il commerciante si tolse gli occhiali e assunse un’aria solenne. “Purtroppo non ci si può fidare dei prezzi che si trovano in rete. Per certi versi internet è stata una invenzione tecnologica tanto utile quanto dannosa. Le persone si svegliano la mattina, inseriscono una cifra, e chi la legge pensa sul serio che corrisponda al valore effettivo. Ma non è così. È solo una richiesta economica. Non è detto che sia realistica o che qualcuno la acquisti a quell’importo. Spesso restano in vendita per anni, perché nessuno è disposto a pagare quel prezzo. Talvolta è fatto di proposito, per attirare l’attenzione, senza che ci sia reale volontà di vendere. Ahimè quel prezzo rimane lì, a fare danni a chi lo osserva. Vede, io ne ho alcune per le quali chiedo cifre nettamente inferiori a quanto domandano, per analoghe, alcuni colleghi. A volte la differenza al ribasso è notevole, addirittura dei multipli. Una follia. Eppure non riesco a venderle lo stesso. Per avere una idea del valore effettivo, occorre monitorare ciò che accade nelle aste con il prezzo di aggiudicazione, e anche lì non sempre si ha una certezza assoluta. Ci sono trucchi per fare alzare l’importo. Ma non la voglio annoiare con questi discorsi che a lei interessano fino a un certo punto, veniamo al sodo. Una volta veduta dal vivo, avrei almeno un paio di clienti a cui inviare una proposta. Sono degli stranieri che saltuariamente frequentavano il negozio. Ora siamo in contatto via mail, per la ragione che potrà immaginare, per segnalare rinvenimenti di loro interesse. Quando sono interessati, spedisco. Lei, da solo, difficilmente sarebbe in grado di fare altrettanto, contattare persone di questo genere. Ci vuole un rapporto basato sulla fiducia e conoscenza, e occorrono anni per costruirli. Comprenderà che dovrò tenere un margine di realizzo per l’attività. Pertanto la cifra che posso offrire deve tener conto di tutti questi fattori. Concludendo, se ciò che ho visto in foto corrisponde al vero, quella in suo possesso appare conservata bene, cosa che è molto importante ai fini della valutazione. Le avrei chiesto se aveva da parte anche la scatola originale, aumenta il valore dell’oggetto, ma in questo caso non mi è mai capitato di vederla, quindi probabilmente non era prevista fin dall’origine. Voglio essere molto franco e diretto con lei, visto la situazione che sta vivendo. Ho anch’io una figlia che attende un bambino, un maschietto… La quotazione, tenuto conto dell’ottimo stato di conservazione, è attorno ai 9000/9500 euro. Per vendere celermente dovrò scendere di circa il 10-15%, diciamo che realizzerò attorno agli 8000 euro. A lei potrei offrirne 6000. Una cifra senz’altro adeguata, che nessun’altro commerciante le avrebbe concesso, mi creda, e che l’aiuterebbe in questo frangente particolare.”
*
Tre giorni dopo portarono la bottiglia al negoziante, accettando l’offerta. Era un whisky scozzese, un single malt chiamato Macallan, millesimato 1951, imbottigliato sul finire degli anni ’60 e importato da una ditta italiana di Bologna. Il compratore finale di Singapore fu molto soddisfatto dell’acquisto fatto.
Il 2 agosto con due settimane di anticipo, nacque Alice. Pesava poco meno di tre chili. Tommaso e Deborah, questi erano i nomi dei genitori, decisero di sposarsi quando la bambina avrebbe compiuto 9 mesi, il 2 maggio dell’anno successivo. Ad inizio aprile, un mese prima delle nozze, cercando sui siti web una località per un seppur breve viaggio matrimoniale, incapparono in un quotidiano on-line con un’ultima ora. Era stata sgominata una banda dedita alla pedopornografia. Fra gli insospettabili c’era un anziano tabaccaio.
A partire da quella notte Tommaso non ebbe più incubi.
Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.
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