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IL PROGETTO ITINERANTE DI JAKO WINE

A volte per raccontare una storia bisogna partire dal presente e andare a ritroso nel tempo.
E l’odierno sa di originalità e innovazione, ben visibili nelle etichette stesse del new-brand Jako Wine.
Nato nel 2015 da una idea di Gianluca Berti, imprenditore bolognese attivo nel settore trasporti e logistica, ben coadiuvato da Severino Barzan ex patrono di Antica Bottega del Vino a Verona, consulente per diverse realtà enologiche mondiali.

Personalità eclettica, ambito sopratutto in Francia, dove la Revue du Vin nel 1998 ha voluto omaggiarlo quale “uomo dell’anno” nonostante la cittadinanza italiana. Chiudono il quadro il prof. Valenti per la parte agronomica ed il giovane enologo Lorenzo Dionisi.
Fin qui nulla di nuovo direte: un appassionato investitore, consulenti preparati di caratura internazionale, studio grafico del brand multicolor e accattivante con tanto di “flamingo” (ovvero il fenicottero rosa) in risalto. Calma amici, pazientate ancora un attimo nella lettura.


L’idea dei suddetti protagonisti, è stata quella di ricercare in tutta Italia particolari areali qualificati dove poter realizzare i sogni prefigurati dai wine-maker.

Si parte quindi dal vino, o meglio dall’idea del vino da proporre al mercato, per andare a caccia del vigneto perfetto con annessa cantina da gestire in affitto e sotto la rigida supervisione dei tecnici aziendali in ogni fase del processo produttivo.
Si avvicina vagamente all’idea di “negocian” d’Oltralpe, che presto porterà l’azienda ad ampliare ulteriormente i terroir d’elezione nel nostro Paese, in un momento in cui è più facile dividere che unire. Ecco perchè l’ho definito un progetto itinerante.
Le etichette assaggiate per voi lettori di Vinodabere sono le seguenti (e garantisco la sopresa nella scelta del miglior assaggio):

BRUT ROSÉ METODO CLASSICO MILLESIMO 2012: 100% Pinot Nero proveniente da tre ettari in Oltrepò Pavese. 96 mesi di sosta ed ancora un attacco di bocca imperioso, quasi giovanile, se non fosse per una salinità finale degna del tempo trascorso in bottiglia. Tutta parvenza di rosa rossa e piccole ciliegie fresche che rendono viva l’attenzione. Propongono anche una Riserva da 132 mesi di riposo al momento non degustata.
BRUT NOIR METODO CLASSICO MILLESIMO 2015: sempre dall’Oltrepò Pavese..with love. Sorprendente soprattutto per la bevibilità e l’estrema piacevolezza al palato. 90% di Pinot Nero e un piccolo saldo di Chardonnay, senza quella nota selvatica e acerba irruenta che si avvisa in molti omologhi italiani e che molti definiscono come “purezza del sorso”. Io preferisco chiamarla piuttosto imprecisione tecnica nel domare il varietale. Esprimo meglio il concetto: calcolando il fatto che nella maggior parte dei brand la bollicina viene costruita a tavolino, perchè non renderla immediatamente gradevole senza tanti artifici o giri di parole? Qui abbiamo erbe officicinali (salvia in primis), macchia mediterranea, stone fruit a polpa bianca e grande acidità. Elegante. What else?
SIRESOL 2015: è un omaggio di Severino Barzan all’Amarone, fatto con uve Corvina, Rondinella, Oseleta, Croatina e Cabernet Sauvignon appassite per 60 giorni. Serve molto tempo in ossigenazione per superare le tostature boisé iniziali. Ne emerge un’amarena confit preponderante, unita ad effluvi balsamici che richiamano un buon sigaro o del cioccolato. I 16 gradi alcolici non sono semplici da gestire. È chiara l’intenzione di competere in un particolare tipo di mercato, ancora non allineato sul concetto recente di “less is more”, ovvero dalle minori concentrazioni e maggiori freschezze.

GRISO VENEXIAN PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE 2018: Nove euro e un rapporto qualità prezzo infinito! È il mio assaggio del cuore, non me ne voglia la Proprietà. Sarebbe facile dare il premio ad uno dei due Metodo Classico peraltro di ottima fattura. Ma la mano di un bravo imprenditore del settore la si vede proprio con queste tipologie a buon mercato e spesso piatte, banali persino in un normale aperitivo. Il colore attira già il mio occhio pigro: una bellissima sabbia dorata. Naso di pesca melba, pietra focaia, ardesia, ananas e finale dolce di maracuja. Gusto vibrante, sapido e mai noioso.
La strada sembra giusta, le risorse sia in termini economici che di competenze ci sono; serve continuità, costanza ed una buona dose di fortuna (che non guasta mai).

Ad maiora.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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