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Tutti pazzi per Ponza

IL FARO DELLA GUARDIA DI CASALE DEL GIGLIO E LA RISCOPERTA DEL BIANCOLELLA A PONZA

Per Ponza si può impazzire sul serio! Comincia da qui il resoconto del mio viaggio su un’isola affascinante e selvaggia al contempo, dove persino i pensieri subiscono le influenze marine. Quattro storie diverse ricche di cultura enogastronomica, di ricerca e di coraggio; vivere in mezzo al Tirreno non poteva essere differente. Il primo racconto lo dedico al mondo vitivinicolo, settore che ben conosco con le cantine della “terraferma” e che riserva grandi sorprese osservando le realtà isolane. Casale del Giglio non è nuova alle sperimentazioni: la famiglia Santarelli da generazioni commerciava vino sino al 1967, anno in cui Berardino Santarelli, originario di Amatrice, decide di iniziare un nuovo progetto nell’Agro Pontino in località Le Ferriere del Comune di Aprilia (LT).

Da sinistra l’enologo Paolo Tiefenthaler con Antonio Santarelli

I riconoscimenti non tardano e così si ha uno scatto di passo verso le varietà alloctone che ben attecchiscono nell’Agro Pontino, con etichette memorabili nel pubblico di appassionati e critici. Eppure nella mente di Antonio Santarelli e del suo enologo Paolo Tiefenthaler qualcosa manca all’appello, un qualcosa di un territorio un po’ diverso. Nasce l’esigenza di tornare a valorizzare i vitigni autoctoni, spesso evitati per alcune espressioni “rustiche” complici, in passato, tecnologie di cantina non proprio all’avanguardia. Uno di questi è senza dubbio la Biancolella, che venne importata dai coloni campani sotto il regno borbonico. All’epoca e per molti anni Ponza era considerata provincia di Caserta. Un gemellaggio quindi con Ischia, con numerosi punti di contatto primo fra tutti la natura vulcanica dei suoli. Vigneti a strapiombo suddivisi in una decina di microscopici appezzamenti dove coltivare diventa missione per pochi.

A parlare sono le immagini che hanno richiesto al sottoscritto ed alla paziente Monia Scarpellino, sommelier addetta alle visite, un piccolo sforzo da veri professionisti del trekking. Ci si chiede come sia possibile che le piante, seppure con estrema difficoltà, crescano in un contesto aspro e dalle ripide pendenze come questo. A rendere maggiormente ostica la situazione complessiva si aggiunge il fenomeno dell’erosione e del conseguente dilavamento del terreno, che richiede immediato intervento dell’uomo per il tramite di muretti a secco dove si annidano bellissime piante di capperi. Senza considerare vento, pioggia e sole, di intensità amplificate rispetto al clima del continente.

Infine sorge una domanda spontanea: quanto dovrebbe costare una bottiglia proveniente da tali luoghi? Che prezzo siamo in grado di riconoscere a chi sa di lottare contro eventi ambientali estremi, solo per il sogno di restituire splendore a vitigni fortemente identitari? Se non sappiamo dare una risposta a questa domanda allora sarà meglio alzare le mani ed arrenderci all’evidenza che la qualità a buon mercato è pura utopia. Casale del Giglio non ha bisogno di arrivare a numeri tali da soddisfare le enormi richieste. Non potrebbe mai riuscirci data la scarsissima resa per ettaro e le circa 4000 bottiglie annue (quando va bene) del loro Faro della Guardia, dedicato nel nome all’omonimo faro costruito nel 1886, che si erge maestoso sul lato meridionale di Ponza.

La direzione commerciale ha così ristretto l’ambito di vendita alla sola isola ed ai turisti che vogliono visitarla, ascoltando una storia magnifica, evitando di depauperare il territorio di un suo gioiello. Una scelta encomiabile che vale di per sé il prezzo del viaggio. Dopo tante parole passiamo con destrezza ai fatti nell’assaggio dell’IGT Lazio Biancolella 2021 “Faro della Guardia” in un tripudio di erbe officinali, macchia mediterranea, fiori di ginestra e frutta agrumata di pompelmo rosa, arancia e cedro. Colpisce la profondità del sorso, salino e speziato dal finale elegante e tagliente su note iodate.

Per scelta raramente parlo del colore di un vino, ma qui posso permettermi un’eccezione di lusso. I riflessi dorati e luminosi lo rendono un quadro di rara bellezza e, diciamocelo, a volte anche lo sguardo vuole la sua parte. Ridotte al minimo le lavorazioni in cantina, tutte in acciaio e con sosta in vetro per circa 6 mesi prima di essere immesso in vendita al consumo. Un approccio stilistico ben diverso da quello vissuto dall’azienda negli anni ’90, giocato più su dinamicità e compostezza e meno su possenze nate da estrazioni marcate o da affinamento in contenitori piccoli di legno. La “luce del faro” brilla splendente per Ponza e per l’Italia intera.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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