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IRPINIA IN PILLOLE

GUIDO MARSELLA E LA STRAORDINARIA CAPACITÀ DI EVOLUZIONE DEL FIANO

<<Cosa è mancato, caro Guido, al territorio del Fiano di Avellino per raggiungere il posto che merita nel mondo del vino? Cosa è mancato per accelerare una ripresa di immagine, dando un messaggio preciso al consumatore?>> Risponde Guido Marsella non esitando un attimo: <<è mancata la verità!>> Fulmineo e lampante come sempre, mentre ascoltavo le sue parole non riuscivo a non concentrarmi su quanto avevo scritto in agenda. Un diktat fortissimo, proferito senza mezzi termini, senza timore di interpretare il ruolo scomodo di guastafeste per una tipologia storica campana.

Guido Marsella

In lontananza i monti del Partenio, con la cima più importante, quella di Montevergine e del suo santuario. Il ricordo della base Nato posta su queste alture durante gli anni bui della Guerra Fredda, incredibilmente vicini ad un loro sgradito ritorno. In basso Summonte, eletto tra i borghi più belli d’Italia, simbolo di una viticoltura non semplice, dominata da sedimentazioni vulcaniche e rocce calcaree derivanti dalle “recenti” eruzioni vesuviane. Guido coltiva 10 ettari dedicati alla storica varietà Fiano, che ha rischiato persino la scomparsa nei duri anni del dopoguerra. Prima vendemmia datata 1997, grazie ai consigli dell’enologo Carmine Valentino, i cui vini bianchi sono ricordati per grande eleganza e serbevolezza. E proprio dal concetto di longevità vogliamo partire, dalla provocazione iniziale di Marsella che denuncia l’abitudine di immettere nel mercato prodotti troppo giovani, senza la necessaria maturità organolettica.

Lasciare in cantina una bottiglia per oltre 18 mesi, per giunta della tipologia bianco, significa rischiare di non venderne neppure una nel mercato che tendeva (ed in parte ancora tende) a richiedere versioni “carta”, ovvero della stessa annata della vendemmia e da profumi omologati e semplici, per abbinamenti di basso profilo. In questa fase non importa più cosa stai assaggiando, un vino vale l’altro e ciò che è peggio un territorio vale l’altro! L’analisi di chi scrive non può sostenere alcuna tesi stilistica ovviamente. Ravviso soltanto il fatto che il Fiano di Avellino sa essere una delle migliori proposte del nostro made in Italy e, come tale, va trattato con assoluta cura e rispetto e con il tempo giusto di affinamento. Guido Marsella ha saputo creare la “Riserva” quando non se ne parlava neppure nel disciplinare, ed adesso che è stata sdoganata le sue etichette non sono cambiate: resta sempre uno spettacolare esempio di Irpinia.

Abbiamo parlato della sua longevità con l’occasione unica di poterlo assaggiare in tre distinti momenti della vita, tre annate diverse ognuna con una precisa caratteristica.

La 2020 è polposa e floreale, tra gelsomini freschi e mele cotogne. Struttura agile ed elegante, eccellente nei riverberi salini finali e con lunghissima vita davanti a sé. Più accomodante la 2019 nelle note agrumate quasi sulfuree, con nuance di erbe mediterranee e spezie dolci profonde. Meno penetrante e anche meno in tensione rispetto al campione precedente, gioca a piacere fin da subito al palato. Della 2013 non ci resta che una lacrima di pura emozione. Squisitamente perfetta su cedro maturo, ribes e note balsamiche potenti. Non mancano mineralità intrinseche e fiori di zagare essiccati. Un personale 100/100 che racconta con sincerità cosa sia il Fiano, Summonte e l’Irpinia intera.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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