James Lovelock “Gaia. A new look at life on Earth”.
Per chi non lo conoscesse è un manuale entrato ormai nella storia.
Narra sinteticamente delle possibili interazioni tra esseri viventi, piante o animali, all’interno dell’ecosistema Terra. Una forma sottile di comunicazione comportamentale non scritta, in cui le modifiche ambientali possono stravolgere totalmente i rapporti di forza tra i vari organismi e la vita stessa del pianeta.
Naturalmente il ruolo umano, quello di una temutissima scimmia evoluta, desta molta apprensione, per la capacità sia di amare la Natura con invenzioni utili e non dannose sia di minacciarla quasi a livello di sterminio di massa.
Varcando l’ingresso della cantina di Elena Fucci ho notato, quasi al limitare, un piccolo vigneto curato come un’opera d’arte, che in seguito ho scoperto essere anche quello più storico.
Avvicinandomi alle piante ne ho osservato la forzuta vigoria, una gioia di vivere espressa ad ogni folata di vento.
Supponiamo (solo per un istante), che la vite non sia semplicemente un generatore biologico di frutti da spremere fino al termine del processo vitale.
Supponiamo che esista una sorta di “empatia” tra esseri viventi che comunicano tra loro, nel bene e nel male, seguendo scie chimiche precise.
Forse è solo pura suggestione, ma vi garantisco che in quel vigneto potevo quasi ascoltare il sussurro provenire dal suolo. Una sorta di umile ringraziamento per le attenzioni quasi maniacali che Elena e il suo staff prestano quotidianamente da oltre 20 anni.
Bastasse solo la passione nel fare le cose, ognuno potrebbe professarsi esperto vigneron. Non è così (e per fortuna): ci vogliono molti anni di studio matto e disperatissimo, un territorio predisposto, con il Vulcano Vulture a guardiano silenzioso carico di ceneri e basalti, che rendono il terreno particolarmente fertile e ricco di sostanze minerali indispensabili al corredo aromatico-polifenolico del vino.
La storia è ormai di dominio pubblico.
La Fucci, classe ’81, suggerisce ai parenti di non vendere l’antica proprietà di famiglia, dedicandoci anima e corpo fin da giovanissima e senza alcuna esperienza.
Metri 600 di altitudine sul livello del mare, vigne oscillanti tra i 20 ed i 70 anni di età per un totale di 6 ettari esposti a Sud Est, unico lato del cono ove la colata ha esaltato la coltivazione della vite (terreno cosiddetto “idroscopico”).
Non esisteva vecchio coltivatore in zona che non usasse un allevamento tra gli 8000 e 10000 ceppi per ettaro; prima ancora di tanti libri scritti, si capiva che la competizione radicale dava frutti particolarmente concentrati e complessi.
Qualcosa deve pur metterci il produttore, ed Elena continua le sperimentazioni sui legni e persino sulle anfore di terracotta.
Vuole valorizzare le qualità tipiche dell’Aglianico del Vulture: acidità – tannicità – mineralità. Lei stessa ama definirsi “moderna ma non modernista”.
Il Titolo (cru che prende il nome dai sassi lavici rinvenuti sui terreni e che ne limitano i confini), è un Aglianico mutante in funzione delle annate.
Mai uguale a sè stesso, diverte per sfumature sempre nuove, date dalla annata e della voglia personalissima di attenderlo nel bicchiere.
A favore del caldo si espone il frutto; nel fresco prevale invece la spezia. Le macerazioni sono brevi per evitare eccessivo stress alle uve; solo dopo la svinatura in acciaio si va in pressa ed in quel momento si sceglie il contenitore idoneo, tra legni di tre tostature differenti o anfora.
– TITOLO 2018 – AGLIANICO DEL VULTURE DOC – il futuro della Denominazione. Un prodotto new style, meno denso e concentrato, più fragrante ed elegante. Inizia indubbiamente chiuso e quasi sulfureo di riduzione. Normale per un ragazzo di questa verve. Pazienti un attimo e cambia come un camaleonte, spaziando dal floreale di viola alle bacche di ginepro, chiodi di garofano e macchia. Sorso agrumato di pompelmo rosa e prugna verde acerba. Il tannino è un fabbro che puntella il gusto donando impressionante finezza. Piccante sul finale.
– TITOLO 2017 – AGLIANICO DEL VULTURE – appena 933 bottiglie dalle tonalità evidentemente scure, quasi di mirtillo. Olfatto muscolare, concentrato tra prugna black, amarene sotto spirito, petali di rosa appassiti. Notabile la presenza alcolica, che tende purtroppo a mascherare alcune essenze delicate. Chiosa finale su pepe bianco e richiami ematici forti, rinvenuti parimenti al gusto deciso e persistente.
Cantina da brividi realizzata sul modello CasaClima, amore per la terra, prodotti unici nel suo genere. Ed Elena..vulcanica più che mai.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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