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DEPERO A RIETI: MANIFESTO DEL BERE FUTURISTA

Il futuro può riservar sorprese particolari

ti può accadere di essere tra i destinatari

di un invito stampa in cocktail bar futurista

che è di proprietà di un tuo ex corsista.

Otto anni son passati e non invano

pensai fissando il locale dal divano

e seppur di tessere l’elogio sarei portato

di professionalità da sempre son paludato

se infin il lettore encomio ha ravvisato

esser certo può l’encomio fu meritato.

 

L’ironia si rivolge all’eclettico Antonio Tittoni, imprenditore e patron di ben cinque locali situati in un capoluogo di provincia laziale: un cocktail bar chiamato Depero Club, e in ordine di successione, un whisky bar (ma anche cocktail bar) il The Wanderer, un’altro cocktail bar ma di ispirazione e interpretazione dello stile Tiki (drink freschi, a carattere fruttato, in highball, ispirati alla cultura polinesiana o esotica e principalmente a base di rum): il Tukana, un’azienda di produzione di ghiaccio per locali beverage: il Freezco, e infine (ma saranno veramente finiti?) un laboratorio drink di prossima apertura, lo Studio Futura, dove domicilierà Luca Bruni e del quale parleremo in maniera più approfondita in seguito.

Antonio Tittoni e Chiara d’Orazio

Siamo a Rieti, in Via Terenzio Varrone, in pieno centro, a due passi dalla Porta Cintia, apertura delle mura costruite per cingere la città, inizialmente in epoca romana dal console Manio Curio Dentato e poi ampliate nel medioevo. Più in là scorre il Velino, il più grande affluente della Nera, e il maggiore subaffluente del Tevere.

 

Il Depero Club è un cocktail bar futurista. Non ci dispiace affatto il movimento marinettiano, principalmente quello del primo periodo, con una nostra personale ossessione nei confronti di Umberto Boccioni. Meno la seconda fase con l’eccezione appunto del roveretano Fortunato Depero al quale periodo questi appartiene: per lui nutriamo una grande stima artistica poiché in verità non era propriamente classificabile, e dedicargli il nome di un cocktail bar, che come scopriremo non è solo tale, ha un senso ed è profondamente attinente. Vediamone il perché.

 

A seguito dell’esposizione alla Biennale di Venezia nel 1926 del suo dipinto Squisito al selz, tra Fortunato Depero e Davide Campari inizia un sodalizio che porterà alla realizzazione di centinaia di manifesti pubblicitari, culminando nel 1932, quando l’artista futurista disegnò (finalmente possiamo usare un termine abusatissimo e qui invece, trattandosi di immagine, appropriato) l’iconica bottiglietta triangolare del Campari Soda, il primo aperitivo monodose della storia, prodotto negli stabilimenti di Sesto San Giovanni.

 

È un Columbus Day il giorno del varo del locale che nasce ufficialmente il 12 ottobre 2012, sotto il segno della Bilancia: ci attendiamo quindi decisioni razionali prese dopo aver valutato pro e contro nella drink list. L’idea è di Antonio Tittoni che al termine degli studi universitari torna alla città natale con l’idea di organizzare un evento per il centenario sul futurismo. Perché non creare proprio un cocktail bar basandosi sul medesimo spirito?

 

L’esterno onestamente non è particolarmente accattivante, ma probabilmente è voluto difatti valicato l’uscio lo shock, stavolta temporale anziché termico, è altamente percepibile: sembra di essere proiettati altrove.

Se si eccettua, forse, per divani, tavolini e sedie, tutto il resto è in perfetta sintonia con l’assunto. Lo si respira facendo una passeggiata nel locale. Manifesti pubblicitari, scritte luminose, lampade, lampadari e accessori che si rifanno all’epoca del movimento avanguardista, con un bancone serpeggiante dove domina il rosso, richiamato nel suo frontale e dalla seduta degli sgabelli con lo stesso colore, dietro al quale una bottigliera con almeno 300 tipi di liquori e distillati sta lì immobile, come a dire che con lo stile si gioca ma fino a un certo punto. Perfino le giacche del personale del cocktail bar, non sono frutto di una scelta casuale: color bianco per simboleggiare lo stile del servizio italico, e il rosso a richiamare il macchiato dello street bar, uno sporco che ha ispirato di aggiungere tasche esterne di spugna d’egual tono, a modo di asciugamano. Come vedremo più avanti la coerenza al movimento spinge a usare ogni termine in italiano: un locale altamente filologico.

Dirty Jacket

A proposito di giacche: le grafiche di queste, come quelle dei menu, le foto, e le stampe all’interno del locale sono opera dell’artista illustratore e fotografo Jean Philippe Vaquier (il tutto elaborato assieme alla proprietà) aka Folzer (il soprannome fa riferimento a una poesia di Victor Hugo intitolata Peuples! Écoutez le poète! dove si grida che il poeta è un portatore di fiamma), il quale vanta esperienze grafiche per il liquore Italicus, l’Amaretto Adriatico, il Ruta Maya Rum, e collaborazioni con numerosi cocktail bar romani, ne cito solo alcuni noti, The Court, The Barbershop, Club Derriere, Freni e Frizioni. Si tratta di un talentuoso trentatreenne, reatino di adozione, proveniente da Parigi dove ha conseguito una laurea in filosofia alla Université Panthéon Sorbonne, che ha scelto Rieti come posto tranquillo dove vivere. La sua influenza artistica è certamente segnata da Depero (più che al futurismo vero e proprio, ma l’abbiamo già detto che questi sfuggiva a una classificazione certa), con ulteriori referenze avanguardiste e moderniste, al fine di reintrodurre un po’ di fantastico nel mondo del presente, fin troppo schiavo della razionalità.

 

Su una delle pareti trionfa, come accadeva spesso in quel periodo, una scritta i cui caratteri sono ispirati a quelli di A Clockwork Orange (Arancia Meccanica) di burgessiana e kubrickiana memoria: Vivi pericolosamente.

A chi scrive l’epigrafe ricordò Nietzsche, e la metafora sul Vesuvio contenuta ne La Gaia Scienza, complice il viaggio del filosofo a Napoli nel 1877: Perché – credete a me! – Il segreto per raccogliere dall’esistenza la fecondità più grande e il diletto più grande, si esprime così: vivere pericolosamente! Costruite le vostre città sul Vesuvio! Spedite le vostre navi in mari inesplorati! Vivete in guerra con i vostri simili e con voi stessi! Finalmente la conoscenza stenderà la mano verso ciò che le spetta – vorrà signoreggiare e possedere, e voi con essa!

Se invece si cerca sul web, troneggia pacioso Osho.

Per non commettere errori di esegesi abbiamo chiesto la ragione della scelta del motto direttamente ad Antonio Tittoni, il quale ci ha risposto che l’idea gli venne dopo il covid, quando la gente aveva paura anche a salutarsi, baciarsi, abbracciarsi, insomma il suo era un invito a tornare alla normalità, e al contempo a seguire quell’atteggiamento tipico dei futuristi, più vicini al dandismo che al dadaismo, della ricerca del pericolo di vivere la vita facendo il pieno di emozioni. Ci troviamo in un locale destinato all’ospitalità, e questo spirito di Antonio lo troviamo pertinente, e giacché siamo epicurei anche noi, il proposito ci coglie favorevolmente, con le dovute proporzioni.

 

Ufficialmente il Depero può ospitare 40 posti nella zona aperitivo, più altri 60 per bere e mangiare, come vedremo. Vi lavorano 13 persone, più un altro paio che fungono da jolly. Chi voglia osservare tutti e 15 i loro volti è sufficiente che entri nel sito web (link): sono tutti rappresentati nella foto di copertina all’insegna di un sincero lavoro di squadra.

La foto in questione e altre presenti sono intensamente dinamiche, e anch’esse si ispirano al moto d’avanguardia del futurismo, ricordandoci il senso di movimento proprio di Boccioni.

Chiara D’Orazio

L’altra metà del Depero è la metà di Antonio, Chiara D’Orazio che si occupa della cucina. Perché il cocktail bar è anche pizzeria di livello (e non solo) aspetto di cui lei si occupa, grazie all’esperienza avuta con due locali di famiglia nella stessa Rieti ,chiamati La Sosta. Le farine utilizzate provengono dal Molino Santa Susanna di Rivodutri. Noi ne abbiamo assaggiati quattro tranci di differenti gusti e ci sono sembrate ben lievitate, digeribili e gustose. Particolarmente riuscite una immancabile Depero (fiordilatte, cavolo nero, pachino confit, grana 36 mesi, mandorle in lamelle, burrata) e la Bufala, Erbette, Alici, Peperone Crusco.

Menu solido futurista

Oltre alla pizzeria il locale propone una vasta selezioni di antipasti, tra i quali una Tartare di Manzetta Prussiana che il direttore di vinodabere che era affianco a noi sembra abbia apprezzato, dei fritti, hamburger che scopriamo sono stati anche premiati (non li abbiamo provati), e le Avanfocacce. Di queste abbiamo gradito la versione Burrata, Datterini e Pesto.

Avanfocaccia Burrata, Datterini e Pesto

Dopo la proposta solida passiamo a quella liquida, occasione per menzionare alcuni dei protagonisti incontrati durante la nostra visita: Andrea Vetere è il Bar Manager, Luca Biondini è il Bartender capo. I barman sono invece: Marco Colasanti, Riccardo De Sousa, Andrea Iacuitto, Tommaso Mearelli.

Il responsabile di sala è Simone Bianchetti, all’ingresso ad accogliervi c’è Elisa Ratini.

Infine c’è una figura enigmatica che aleggia nel locale e prima menzionata, poiché c’è e non c’è e, continuando a giocare con l’arte pittorica, è un assente/presente, come alcuni ossimori presi da Vasilij Vasil’evič Kandinskij per titolo dei suoi quadri (Molle dureté, Complexité simple, Rond et pointu, Montée-descente). Stiamo parlando di Luca Bruni, ciò che altrove verrebbe definito come un Head Mixologist, vale a dire un responsabile che coordina le drink list, l’occhio supremo che mira a coordinare le idee della lista, aiutando nell’eventualità a definirla per la chiusura.

 

La drink list è composta da due parti chiamate direttive, con otto referenze cadauna. A sua volta in ciascuna ci sono quattro cocktail serviti in bicchiere Highball (per la verità qui vengono chiamati Spritz per mantenere quell’idea di italianità dei termini tipica del futurismo, e anche se la parola Spritz non rimanda proprio all’italiano, il cocktail invece sì), due con vino come ingrediente e due senza, e quattro in bicchiere Negroni (anche qui avremmo potuto di Tumbler basso e vige il discorso fatto sopra), due con il bitter e due senza.

 

HIT MANIA è una rivisitazione (tecnicamente si chiamano twist) dei drink di largo consumo, che hanno creato il mito dell’aperitivo italiano. Sono: Americano Scomposto, Barbie, Bella Napoli, Insalata Siciliana, Latte e Menta, Nudo e Famoso, Risciò, Smash.

 

DISCO ERA è una rivisitazione e tributo ai best seller delle discoteche italiane degli anni ’80. Sono: Aperitivo Colada, Mele-Visione, Merenda Liquida, Morte a Venezia, Negroni Sunrise, Pornstar Negroni, Puzzle Iced Tea, Qo-Qo Cola’.

 

Noi ne abbiamo assaggiato uno per lista.

Nudo e famoso

 

Dalla prima abbiamo scelto il Nudo e Famoso servito in bicchiere da Negroni.

Si ispira al Naked and famous, un cocktail ufficiale IBA aggiunto nel 2020,  creato da Joaquín Simó alla Death and Company di New York nel 2011, e dove si utilizza lo shaker, composto da parti uguali di Mezcal, Chartreuse gialla, Aperol e succo di lime fresco. In questa versione c’è più Chartreuse e il Verjus (vale a dire l’agresto che  è un condimento acidulo ottenuto dalla cottura del mosto di uva acerba con l’aggiunta di aceto e di spezie) è al posto del succo di lime, che invece orna il cubo di ghiaccio ed è processato lavorando soltanto le bucce, e man mano che si diluisce entrano nella bevanda la parte aromatica degli olii essenziali. Piacevole e bilanciato, con il lime che all’inizio risultava garbato, e continuando il sorso si accentuava, ma alla fine rimaneva un cocktail di tendenza dolce, dove l’affumicato del Mezcal era decisamente misurato.

Morte a Venezia

Memori dei nostri studi universitari cinematografici, dalla seconda lista abbiamo scelto il Morte a Venezia, servito in un bicchiere Highball. Si ispira al Sex on the Beach (da amanti sia di Thomas Mann che di Luchino Visconti, l’allusione pruriginosa in un primo momento non ci era piaciuta. Successivamente ci siamo rammentati che eravamo in un locale futurista, quindi incline alla trasgressione), altro cocktail ufficiale IBA incluso nel 2004, probabilmente creato nel 1987 da Ted Pizio, allora barman del Confettis a Jacksonville in Florida, a base di vodka, succo di arancia, succo di cranberry (l’ossicocco una specie di mirtillo rosso), e schnapps di pesche. Il twist di Depero è piuttosto rivoluzionato, poiché concettualizza il Bellini e il Cosmopolitan come se fossero degli ingredienti: il Bellini in cordiale sostituisce lo schnapps in cui la componente zuccherina è data dalla pesca e quella acida dal prosecco; al posto dei due succhi e della vodka c’è direttamente il cordiale di Cosmopolitan in versione leggera d’alcol per evidenziare l’aroma del mirtillo rosso, e il mentolato, la nota d’anice e l’amaricante sono un regalo dovuto al Fernet, per rendere il tutto meno stucchevole; infine il drink viene per intero gassificato. In cima al ghiaccio a cilindro (ovviamente tutto ogni cubetto adoperato a Depero proviene da Freezco) un lecca lecca alla pesca. Interpretazione riuscita, dissetante, con le varie componenti in equilibrio, e il Fernet che smorza la componente pescosa del Bellini e dona appunto un lato meno dolce.

 

Uscendo dal Depero Club siamo tornati alla normalità realista, e quasi ci dispiaceva non essere più immersi in quel movimento di colori e da quelle forme acute. A pochi passi da lì ci attendeva un altro luogo, ma questo è l’inizio di un’altra storia…

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Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.

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