Sui banchi di scuola di un qualsiasi corso da Sommelier non manca mai un approfondimento di un particolare areale della Docg Chianti Classico. A pochi chilometri da Greve in Chianti, quando la strada si inerpica ad altitudini elevate quasi estreme per la maturazione del Sangiovese, si trova il piccolo comprensorio di Lamole. Poche aziende, ancor meno anime che popolano le pendici dei Monti del Chianti, dove la viticoltura si fa eroica tra storici terrazzamenti (cosiddette “lame”) e dislivelli furiosi. In mezzo ci sono realtà artigiane come Castellinuzza e Piuca di proprietà di Giuliano Coccia aiutato dai figli Simone e Francesco che fanno del vino un’arte e dell’arte il racconto del proprio territorio.
Simone Coccia mentre mi guida tra le vigne
Appena 2 ettari e mezzo con piante di oltre 50 anni ed una produzione che si definirebbe “di nicchia” a confronto di altre zone. Tanto si riesce a fare considerando le particolari condizioni pedoclimatiche: terreni ricchi di argille e galestro, forti escursioni termiche tra il giorno e la notte ed un clima gelido invernale e torrido in estate. Il risultato è una sfida continua per il vitigno cardine della Toscana, favorendo espressioni più delicate, floreali e di lunga prospettiva.
Il nonno era un mezzadro del vecchio borgo di Castellinuzza e si adattava tra allevamenti e coltivazioni agricole, un po’ come accadeva a chiunque ai tempi del dopoguerra. Nel 1985 avviene la divisione delle terre, intanto acquisite, tra i vari fratelli prendendo ognuno la propria strada da produttore vitivinicolo. Fino al 2003 Simone non imbottigliava, preferendo il ruolo di conferitore o di commerciante di vino sfuso. In verità un primo tentativo era stato fatto per un rivenditore tedesco a metà degli anni ’90, ma ci volle l’annata tremendamente calda del 2003 a dare nuovo stimolo al progetto della bottiglia, complice un forte abbassamento dei prezzi di vendita. L’aggiunta di Piuca al nome societario lo si deve invece ai possedimenti nell’omonima località vicino la chiesa di Casole, con le sue vigne storiche.
La formula magica per creazioni che restino nella memoria di chi assaggia non esiste. O meglio: è sempre la stessa! Il tipo di suoli, le difficoltà della vite nell’approvvigionamento idrico, le inclinazioni collinari in funzione delle ore di irraggiamento ed il giusto clima per sviluppare al meglio la parte antocianica ed aromatica. In cantina Castellinuzza e Piuca aggiunge davvero poco a ciò che arriva già in ottima salute. Fermentazioni spontanee con lieviti autoctoni, saggio ricorso ai contenitori di legno, scegliendo quelli di medie dimensioni che abbiano già avuto qualche passaggio. Rese per ettaro talmente basse che i limiti del disciplinare di produzione risultano quasi irrilevanti. Una delle poche zone a permettersi di non “coccolare” il Sangiovese utilizzando blend con altre varietà meglio accomodanti. Bere Lamole significa anzitutto freschezza agrumata, mineralità ed un insolito tocco di fiori viola che richiamano la delicatezza del giaggiolo (appartenente alla famiglia degli Iris).
Non possiamo dilungarci oltre dato che la degustazione chiama, ma un viaggio in tali luoghi merita senza bisogno di qualsiasi altra parola. Gli assaggi di giornata dimostreranno tutto il potenziale evolutivo dei vini, con una mini verticale di Chianti Classico da togliere il fiato. Lo faremo assegnando anche un punteggio, proprio per determinare una scala meritoria senza ovviamente essere irrispettosi od eccessivamente enfatici verso questa o quella tipologia.
Chianti Classico 2020 – imbottigliato da un paio di mesi, già all’esame del colore si ritrovano quella trasparenza e luminosità carminia da autentico marchio di fabbrica. Suscita tenerezza nei suoi sentori di petali di rosa, pesca gialla e ciliegia succosa. Una trama tannica dal finale salino che si sviluppa in perfetta progressione da 95/100.
Chianti Classico 2015 – straordinariamente gustoso. Roba da urlo, peccato se ne trovino ormai pochi esemplari in commercio. Aromi da mela rossa, uva spina, nespole e visciole. Chiosa sapido verso sensazioni quasi salmastre ed ematiche. Il concetto di perfezione assoluta forse non esiste..ma lui c’è molto vicino con i suoi 98/100.
Chianti Classico 2011 – le cartucce vanno sparate finché ci sono munizioni. Vive ormai una fase discendente pur conservando il suo vestito da agrume rosso, chinotto e pepe nero in grani. Bocca mentolata e da torrefazione, si ferma a 88/100.
Chianti Classico Gran Selezione 2017 – le annate ricordate eccessivamente calde qui godono di luce propria. Tanta materia, struttura e tannini da specchiarsi. Energico nelle sue nuance di arancia sanguinella e polvere di pepe bianco. Immediato, fragrante ed elegante da 94/100.
Chianti Classico Gran Selezione 2016 – già 6 anni sul groppone senza sentirli per niente. L’opposto del campione precedente, più esile in bocca e più nervoso nell’attacco astringente dei polifenoli. Eppure in prospettiva sembra promettere un futuro radioso; per il momento ci limitiamo ad un 92/100.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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