Una sfida difficile per entrambi da una parte un vino rosso di fama internazionale lo Chateau Margaux in un annata, la 2003 veramente di difficile interpretazione, visto il grande caldo.
Dall’altra uno chef stellato Daniele, Lele per gli amici, Usai che ha costruito la sua fama, sulla capacità di lavorare con estro una materia prima sempre di altissima qualità: il pesce.
Una sfida nata dal mio voler festeggiare un bel momento, l’anniversario di matrimonio, e dalla gran voglia di andarlo a trovare nella nuova location del Tino a Fiumicino.
Un confronto di questo tipo deve essere innanzitutto goliardico, senza alcuna pretesa iniziale in particolar modo riguardo all’abbinamento cibo-vino, lasciando allo chef la libertà di inventare, senza pressione alcuna, per ricercare un connubio che per molti, vista la materia prima utilizzata, sarebbe veramente difficile.
Tuttavia per metterlo un pochino a suo agio, mentre mi recavo alla location insieme a mia moglie Raffaella, ho deciso di portare anche un vino bianco per entrée. Naturalmente non poteva essere un bianco banale ! Avrei sminuito la bravura di Lele, allora via con un Corton Charlemagne 2004 gran cru di Joseph Drouin.
Giustissima la richiesta di Daniele di poter assaggiare il vino appena aperto, ma sì accontentiamolo, un piccolo aiuto ci vuole!
Il Corton Charlemagne si presenta con note speziate (zenzero e liquirizia) a cui si associano miele, profumi di fiori secchi e pasticceria secca. L’assaggio è strepitoso per potenza, eleganza e dinamicità, sembra che il tempo abbia ben svolto il suo lavoro e il finale di miele, anice e liquirizia ci spinge a berlo con continuità.
Intanto dalla cucina arrivano, a ritmo regolare, un susseguirsi di piatti che vogliono stupire e contemporaneamente assecondare questo grande vino d’oltralpe.
Iniziamo:
Guancia di rana pescatrice marinata in sale bilanciato ed erba cedrina, in Brodo dashi dalle lische della rana pescatrice. Il benvenuto dello chef, ci permette di capire al primo assaggio cosa ci riserva questa serata. Sapido e delicato allo stesso tempo.
Giardino iodato – 7 pesci dell’asta di Fiumicino abbinati alle erbe aromatiche dell’orto di Lele, su decotto di basilico, menta, finocchietto, salicornia e alghe.
Un piatto semplice e complesso allo stesso tempo, i sapori delle diverse varietà di pesce si mostrano in modo distinto o in combinazioni a seconda di cosa la nostra posata prenda dal piatto. Un piatto molto intrigante ma che risulta troppo delicato per un vino che fa della complessità il suo punto di forza.
Continuiamo con il nasturzio, pesce bianco affumicato, crema di rosso d’uovo e parmigiano, caviale, crioestrazione di capperi con olio ai peperoni crucchi.
Abbiamo cambiato marcia, il bocconcino da assaggiare tutto in una volta esprime tutta la freschezza della materia prima e la nota di peperone crusco sa condurlo nella giusta direzione del vino che lo accompagna. Bene ci siamo quasi.
Arriva in tavola uno dei piatti più interessanti della serata: Testa e cuore
Un omaggio a colui che è l’anima di un ristorante: lo chef.
L’idea è di mettere insieme le principali caratteristiche che ogni bravo cuoco deve avere, il cuore, rappresentato dal gambero rosso e la testa, dalla coppa di maiale fatta in casa. Il tutto su una base pan brioche con salsa alla senape, sempre fatta in casa, e sorbetto alla mela verde e rafano.
Un piatto che oltre a coniugarsi al meglio con il vino che abbiamo nel bicchiere, stupisce ad ogni boccone, tanto da far sperare che non finisca mai. Lo assaggiamo assaporando tutti gli ingredienti prima singolarmente poi nel loro insieme, non ci sono sbavature e i sapori risultano precisi e ammalianti, e, all’occorrenza, sanno crearne di nuovi, sia unendosi tra di loro, sia accompagnandosi al vino. Indimenticabile.
Si va avanti con i tagliolini all’uovo con bucce di limone nell’impasto, burro affumicato, limone, ricci di mare, bottarga di ricci e sale al limone.
Un piatto dove il burro diventa il protagonista, mettendo in secondo piano un riccio di grandissima qualità. Bella la nota acida fornita dal limone ma nel complesso si nascondono le note dell’attore principale: il riccio. Forse sono troppo pignolo.
Ultimo piatto in abbinamento con il vino bianco, penso sia una rivisitazione di un’antica ricetta emiliana in chiave marinara: Tortello pAnna (creme fraiche fatta in casa) e prosciutto (di ventresca di tonno) su fondo di tonno rosso.
Un piatto che non necessita commenti va soltanto mangiato, in questo caso l’abbinamento non lo ritroviamo completamente. Il fondo su cui adagiano i tortelli, pur dando carattere al piatto, non ha punti in comune.
Finalmente decidiamo di cimentarci con lo Chateau Margaux 2003 premier gran cru classe all’assaggio non lascia dubbi sulla sua grandissima classe e ci conferma che anche in annate difficili i grandi viticoltori riescono ad ottenere risultati stupefacenti.
Trattasi di un annata la 2003 dove le condizioni climatiche estreme dell’estate, un caldo estremo ha portato ad avere basse rese e ad una raccolta leggermente anticipata. Inizialmente pensavamo di trovare aromi di frutta molto matura, invece sono frutti rossi (ribes) e note di macchia mediterranea, con il mirto in evidenza, a farla da padrone. Poi note speziate con accenni di chiodo di garofano, liquirizia e china ci introducono ad un sorso fresco ed elegante con un acidità che non ti aspetti, in linea con la fama che gode questo vino che termina in un finale lunghissimo di macchia mediterranea ed eucalipto.
Iniziamo la seconda serie di portate con un piatto che ha permesso allo chef di scaldare la “mano“.
Risotto allo scorfano dove la polpa viene utilizzata per fare un prosciutto da porre sopra il riso, crudo, poi con lische e testa del pesce, viene fatta una salsa alla cacciatora con cui si cuoce il riso stesso, accompagnandolo con peperone crusco, pasta di lime amara e erbe dell’orto.
Mi soddisfa molto, elegante, deciso con il peperone crusco che sa assecondare il sorso alla perfezione. Abbiamo fatto un bel passo avanti nella nostra sfida.
Si prosegue con un pesce di fondale alla diavola su salsa di peperone gialla e rossa. Il pesce viene cotto al carbone accompagnato da un friggitello spellato ripieno di ricotta e bruciato. Ci sorprende la morbidezza del pesce, interessantissimo il friggitello soprattutto per come si accompagna con il nostro bordeaux.
Ma in cuor mio non sono ancora pienamente soddisfatto perché sono certo che Daniele può fare molto di più.
Con il piatto successivo le mie aspettative vengono confermate, anche se mi erano sorti dei dubbi quando il piatto è giunto sulla tavola.
bouillabaisse servita in tre servizi, prima il coquillage crudo di lupini, poi bisque allo zafferano con patate e seppie e ….
…. i tre pesci da spina provenienti dell’odierna asta di Fiumicino, accompagnati da 2 crostacei.
Inizialmente mi chiedo come sia possibile bilanciare un vino che coniuga eleganza e struttura, allo stesso tempo, con un piatto all’apparenza così semplice seppur invitante?
Ma i dubbi svaniscono come quando una folata di vento spazza le nubi in una giornata uggiosa e fa tornare il sereno.
Una salsa da brodo di cottura fatta con le teste del pesce e granchio locale viene versata al momento e riesce a creare e quel connubio che trova il suo “essere infinito“.
I sapori dei pesci da spina e i crostacei si fondono con la salsa, mostrando sapidità e freschezza ad accompagnare i profumi e sapori del nostro mare.
Lo Chateau Margaux incornicia il piatto con dolcezza e intensità sapendo di aver accanto a sé un partner di pari livello, seducente e allo stesso tempo deciso. Strepitoso.
Daniele è riuscito a materializzare il mio sogno, un abbinamento sublime tra una materia prima di straordinaria qualità, il pesce, con un vino che non ha eguali nel panorama enologico internazionale.
Non possiamo fermarci qui ho portato anche un vino dolce, un reasling acquistato alle aste tedesche Graacher Domprobst Riesling Ausleese 2016 di Weingut Kees Kieren. grande acidità associata a note di albicocca, smalto e agrumi e tanto tanto equilibrio tra freschezza e dolcezza.
Partiamo con un Pre-dessert costituito da un sorbetto ai mirtilli con ciliegie sciroppate.
Per passare ad un Semifreddo all’amaro nepeta con le erbe dell’orto fresche e cristallizzate.
I dolci proposti, molto interessanti, in particolar modo il semifreddo che ci conduce in un viaggio sfizioso tra profumi di erbe aromatiche, non sembrano essere il giusto connubio con il vino proposto, ma ad onor del vero Daniele non era stato messo al corrente dell’ultimo venuto e aveva così deciso di chiudere il percorso culinario con due proposte molto particolari.
Sono allora intervenute le giovani sommelier del Tino, Alba e Alessandra, che hanno consigliato un abbinamento completamente diverso , mostrandomi, uno dei segreti che fanno grande un ristorante: il lavoro di squadra.
Si decide così di includere, in questo stratosferico percorso, un terzo dolce, un connubio tra formaggio e albicocca.
Parliamo del Tortino di Borgognone di Viterbo ( erborinato di capra) e albicocche.
Seppur provato non posso tirarmi indietro, ci rimarrebbero sicuramente male.
Accidenti un dolce che sembra essere nato per questo vino, e, anche se ormai sono al limite, la mano non riesce a smettere di affondare nel piatto e pian piano lo finisco.
Finiamo il tutto con delle bombette ripiene di crema al caffè.
Sono sazio ma completamente soddisfatto, una serata strepitosa, che mi permesso di festeggiare nel modo migliore ed entusiasmarmi come l’ultima volta che sono andato a trovare Lele alla sua vecchia location ad Ostia.
Tornerò più e più volte al Tino per farmi coccolare e stupire da un ottimo cibo e da un servizio preciso ed accogliente.
Ha fondato Vinodabere nel 2014. Laureato in Economia e Commercio specializzazione mercati finanziari, si è dedicato negli ultimi dieci anni anima e corpo al mondo del vino. Vanta diverse esperienze nell'ambito enologico quali la collaborazione con la guida "I vini d'Italia" de l'Espresso (edizioni 2017 e 2018), e la collaborazione con la guida Slow Wine (edizioni 2015 e 2016). Assaggiatore internazionale di caffè ha partecipato a diversi corsi di analisi sensoriale del miele. Aver collaborato nella pasticceria di famiglia per un lunghissimo periodo gli garantisce una notevole professionalità in questo ambito.
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