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ALBAMARINA – IL CILENTO DA SCOPRIRE

Mario Notaroberto, titolare dell’azienda Albamarina, è il classico esempio di cosa voglia dire il motto “la vita è un viaggio”.


In fatto di chilometri Mario Notaroberto ne ha percorsi migliaia nel suo lungo tratto, fino in Lussemburgo dove, dal nulla, è riuscito a diventare un leader nella ristorazione ed esportazione del made in Italy gastronomico e appetitoso.
Gli mancava soltanto produrre vino.
“Una vita da mediano a recuperar palloni, nato senza i piedi buoni lavorare sui polmoni” cantava il Liga, e Notaroberto è davvero l’Oriali della canzone, venuto da tutt’altro mondo cresciuto a tannini e talento, seguendo le orme di altri camaleontici pionieri del Cilento che hanno fatto del territorio una seconda pelle.
Mi chiedo da dove cominciare; dalla classica dovizia di particolari tecnici, indispensabili ad inquadrare l’azienda? Oppure dall’esuberanza vulcanica del suo produttore, che ha messo a dura prova la mia resistenza fisica tra racconti ed assaggi infiniti?
Come sempre, la risposta sta nel mezzo: entrambe le cose, partendo dalle notizie più salienti.


Ben 10 ettari vitati, suddivisi quasi pari merito tra Fiano ed Aglianico, oltre ad altri vitigni autoctoni. Nel 2012 la prima vendemmia e l’anno seguente il debutto sul mercato, con ottimo consenso dalla critica.
Un fratello, Augusto, anche lui ristoratore a Ceraso (Osteria del Notaro), cultore della cucina tipica (se non avete assaggiato il fritto cilentano non potete dire di aver davvero vissuto); in fin dei conti proprio in queste zone è nato il concetto di “dieta mediterranea”.
Per chi volesse sostare in loco e verificare di persona quanto raccontato, compresi i numerosi panorami da urlo, la struttura possiede anche un residence con ben 8 comodi appartamenti.
Veniamo alla parte goliardica dell’incontro.
Mario ed il suo bravissimo cantiniere Alfredo Galietti, mi coinvolgono subito come cavia-degustatore di tutte le vasche di affinamento. Un lavoro difficile vi assicuro, al quale non ho opposto alcuna resistenza, dovendo pur farlo qualcuno..
Così scopro che il Fiano 2020 in acciaio, futuro Valmezzana DOC Cilento, è letteralmente da brividi con le sue note marine profonde ed un tocco iniziale di fiori bianchi rilassante nella visione in lontananza di un tramonto a strapiombo.


Scopro che la medesima annata è stata davvero eccezionale anche per l’Aglianico (che affina in botte grande).
Ma la cosa di maggior importanza è l’assoluta aderenza tra le varie annate, mai uniformi e ricche di diversità intrinseche.
La 2018, ad esempio, tira fuori dal rosso un inaspettato carattere floreale delicatissimo, che dovrà essere sapientemente commisurato alla vigoria alcolica un pò troppo coprente.
Non ci si può accontentare davvero mai; ecco quindi che nella piccola sala degustazione (una vera chicca), comincia un intero campionato di assaggi di ogni tipologia prodotta, senza ordine di tempo.
I migliori, circolettati in rosso dal sottoscritto in stile Rino Tommasi, sono stati i seguenti:

Valmezzana 2014 Cilento Fiano DOP – riconosco la bellezza dell’Alsazia, con quelle note mielose, leggere tostature (e per favore basta indicare solo la nocciola), fiori secchi di ginestra e mimosa. Sarà un caso che in zona crescano copiosamente entrambe le piante? Tocco di salgemma finale che dona al gusto quella vibrazione da abbinamenti arditi che sanno di formaggio stagionato.


Maricinè 2019 – IGT Paestum – rosato da Aglianico con carattere e spessore. Dimenticate i lidi provenzali; già dal colore (ottenuto da salasso) si intuisce la potenza fruttata di amarene appena colte e mirtilli rossi. Chiodi di garofano, pepe rosa in grani e macchia mediterranea in chiusura. Una lunghissima chiusura. Dedicato alla moglie Marina che lo ha sempre sostenuto.


Futos 2016 – IGT Paestum – ogni volta che mi scontro con una 2016 resto esterrefatto. Gli sporadici casi dove ho trovato un vino che non rasentasse l’essere sublime sono le eccezioni che confermano la regola. Giusta densità, materia che si sprigiona in bocca dai richiami di violette appassite e ciliegie, fragoline e cioccolato fondente. Un turbinio che ti spara dritto ad un secondo sorso. Infaticabile.


Agriddi 2013 – IGT Paestum – il top di gamma di Albamarina. Quell’anno Mario fu costretto a comprare parte delle uve. Senza farne alcun mistero lo confessa candidamente alla mia osservazione su come mai non fosse catalogato DOP.
L’imparzialità di colui che vi scrive non può e non deve essere minata da questi particolari seppur di rilievo. Il vino è buonissimo, da grande struttura, perseveranza al palato, con continui richiami di sottobosco, menta, liquirizia. Carnoso e verticale, a differenza del precedente più rotondo. Da bere subito o tra un lustro, non importa.
Caro Mario, anche se hai la fortuna di avere al tuo fianco due meravigliosi figli ed una moglie eccezionale, ricordati cosa recita il finale della canzone di Ligabue: “lì, sempre lì, lì nel mezzo. Finché ce n’hai stai lì”.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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