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A Pozzuoli Prephilloxera e Malazèfest binomio vincente

XIV° Edizione del Festival ArcheoEnoGastronomico dei Campi Flegrei, che coinvolge i comuni di Pozzuoli (organizzatore), Bacoli, Monte di Procida, Quarto, Procida e Napoli.

Ideato da Rosario Mattera sulla base di tre Hub ad itinerari tematici, rende giustizia ad un territorio spesso dimenticato dalle carte nautiche del gusto.

Anzi, ingiustamente sarebbe appropriato dire, dato che qui gli antichi Romani facevano del commercio il punto di forza di quella Campania Felice, ai cui fasti di un tempo Amministrazioni Pubbliche e imprenditori stanno tendendo la mano con sforzi gargantuelici.

All’interno della manifestazione, coincidente con l’inaugurazione del Rione Terra totalmente risanato dal degrado post terremoto, si è tenuto l’evento “Prephilloxera”, il primo salone dedicato esclusivamente ai vini da vigneti a piede franco, in collaborazione con Associazione Italiana Sommelier grazie al Delegato di Napoli Tommaso Luongo.

Numerosi critici e giornalisti del settore presenti, tra i quali spicca la penna illustre di Luciano Pignataro sempre in prima linea nell’esaltare le eccellenze partenopee.

L’occasione è stata propizia per presentare anche un progetto innovativo per istituire il Marchio Vini DON (Denominazione di Origine Napoletana) proposto dagli studenti dell’Università La Sapienza di Roma ben coordinati dalla prof.ssa Paola Panarese. Il target che si pongono i ragazzi è quello di individuare aziende che possano creare e sviluppare una rete vendita dando luce a prodotti locali “km zero”.

A seguire la parola è passata a tre storici produttori di vino, Francesco Martusciello un pioniere dei Campi Flegrei, un’enorme caldera vulcanica recuperata alla viticoltura di qualità negli anni ottanta. Falanghina e Piedirosso ancora a piede franco, con ceppi ultra centenari grazie alla particolare granulometria dei terreni, che non consente la diffusione del tremendo Daktulosphaira vitifoliae in arte “fillossera”.

Proprio questo insetto è il vero convitato di pietra. Ci ricorda che è un vero miracolo se oggi possiamo ancora bere vino dopo la terribile devastazione dei secoli scorsi. Ci ricorda che un’agricoltura errata, con introduzione di specie vegetali e animali lontano dalle zone natie, riserva spesso amare sorprese. Non ultima la diffusione della Xylella fastidiosa (il batterio killer degli ulivi) veicolato dalla “sputacchina” insetto altrimenti  inoffensivo. L’origine della diffusione? L’importazione di piante di caffè in Olanda e Francia, certamente non segnalati per essere grandi coltivatori al pari dell’America Latina.

Ciro Giordano, Presidente della cantina Olivella e del Consorzio Tutela Vini del Vesuvio ha illustrato invece le potenzialità dei suoi 400 ettari e ben 111 coltivatori sparsi su 13 Comuni, con un magnifico filmato di recupero fallanze per il tramite di impianti “a propaggine”, nati da un tralcio della vite adiacente, interrato e da cui dipartiranno nuove radici (e quindi nuova vita).

Prisco Apicella invece, assieme a papà Giuseppe sempre attivissimo, sono stati i primi ad imbottigliare il Tramonti negli anni settanta del secolo scorso, salvando da probabile estinzione il Tintore elevandolo al rango di vino da lungo invecchiamento. Pergolati a raggiera atipica e tecniche millenarie utilizzando talee e propaggini che rendono il vigneto a tutti gli effetti “perpetuo” con età di oltre 200 anni.

I banchi di degustazione

Non poteva mancare infine una meravigliosa degustazione di vini da uve coltivate a piede franco, provenienti da varie parti d’Italia.

I vini

1) MARIOTTI –ABBATIA BRUT NATURE 2016 – zona Bosco Eliceo, da uve Fortana in purezza, è un Metodo Classico dal colore oro rosa, e perlage fine. Note agrumate e petalose, frutto di macerazione, chiosanti su sensazioni iodato-saline che proseguono in bocca. Dalle sabbie dell’Oasi Naturalistica Duna della Puia verso i lidi ferraresi. Raro e complesso.

2) CAVE MONT BLANC – PRIÉ BLANC XT 2015 METODO CLASSICO – coltivato a oltre 1200 metri di altezza, dal colore paglierino timido con riflessi verdolini. Esprime tutta la sua fragranza fatte di  pietra focaia, erbette di montagna, essenze citrine. Leggero al palato, salgemma, unica pecca una morbidezza finale che contrasta le belle sensazioni di freschezza avvertite prima.

3) SANTADI – BAIE DE PLAMAS 2016 – da vitigni ad alberello latino senza sostegno, e viti antichissime, questo rosso della sabbia è caldo, potente, con note forti di liquirizia e frutta rossa concentrata. Sorso ricco e  speziato da prugna Sunsweet, viola mammola, amarene spiritate. Tannini setosi dal Carignano che non ti aspetti.

4) I DOLOMITICI – “PER CISO” 2014 – la storia di Narciso e di una vigna a lui sopravvissuta, destinata al totale abbandono e recuperata da una cordata di produttori capeggiati dal mito Elisabetta Foradori. Enantio del basso Trentino, scorbutico e immaturo, ma dal grande carattere, con i suoi sentori pepati e vegetali e rustici all’assaggio.

5) BELLARIA – CODA DI VOLPE 2017 – chiudiamo con un vino unico nel suo genere, da innesti effettuati su piante selvatiche lungo il fiume Calore della pianura Irpina. Antonio Pepe coltiva questa vigna di 80 anni utilizzando un contratto di fitto che si proroga di ventennio in ventennio. L’esaltazione assoluta del primo vitigno ad aver ricevuto un nome, da Plinio il Vecchio nel  50 D.C. Naso quasi da lampone, pesca melba, mango, orzo e fiori di acacia. Al palato risulta fresco e minerale con richiami canditi e di zagare.

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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