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Umbria

Montefalco – Fongoli e la sua visione del Sagrantino

Ci sono aziende che si raccontano da sé. Una di queste, nell’areale di Montefalco, è proprio Fongoli,  che esprime, sin dal secolo scorso, la propria visione del Sagrantino, varietà ostica e affascinante al tempo stesso. Vini materici, ricchi di nerbo e sostanze antocianiche, ove il controllo delle sensazioni marcatamente astringenti diventa un affare per pochi (e comunque non per tutte le annate).

Angelo Fongoli, erede della dinastia che dai primi del ‘900 porta avanti l’attività di viticoltori in questo lembo incantevole d’Umbria, ce lo spiega in maniera esaustiva, non dimenticando nessun passaggio, anche quello più difficile. Fare Sagrantino ancora alla vecchia maniera, rispettando l’essenza stessa del varietale e contando sull’attuale progressione delle stagioni verso maturazioni idonee ad offrire immediatezza di beva impensabili nel passato.

A patto, si intende, di non esagerare con il clima caldo e siccitoso. Le piogge sono necessarie per la presenza di terreni di origine lacustre sedimentaria, che non consentono un buon drenaggio d’acqua. E mentre tutti hanno ormai abbandonato il retaggio dell’allevamento a palmetta, la famiglia Fongoli tutela quest’arcaico sistema nei campi, testimone delle tradizioni mai dimenticate.

Le uve provenienti dalle piante giovani che crescono utilizzando la classica spalliera andranno nella versione d’annata del Montefalco Sagrantino, degustata in una verticale strepitosa durante la recente Anteprima 2023. Le selezioni dalle palmette costituiranno l’anima del Fracanton, quel Sagrantino che va controcorrente e che sa regalare momenti davvero indelebili.

Partiamo in un crescendo tannico dal passato fino al presente, traghettati dalla verve di un vino emblema di un territorio. Chiuderemo col racconto proprio del Fracanton, descrivendone le originali fasi produttive.

Montefalco Sagrantino 2011 – Di buon equilibrio, riesce a dosare sensazioni terziarie di cuoio e sigaro, unite ad amarene sotto spirito e ricordi di erbe officinali. Avvolgente e lungo, fuori persino dagli schemi gastronomici e godibile anche in solitudine.

Montefalco Sagrantino 2012 – L’annata calda fa sentire la sua voce nel calice e non rende giustizia a questa etichetta.

Montefalco Sagrantino 2013 – la migliore e tra le migliori mai assaggiate nella mia vita. Anima rossa, tra lamponi di bosco e fragoline selvatiche su finale di arancia sanguinella. Aspetti floreali nel finale di bocca, uniti a salsedine e note sanguigne. Elegante fino al midollo.

Montefalco Sagrantino 2015 – potente, scattante, lunghissimo. Lascia la bocca avviluppata da un candido sentore mellifluo, in contrasto con la mordenza del palato. Ha ancora parecchia corsa da fare… al galoppo.

Montefalco Sagrantino 2016 – quando ci si rende conto, a posteriori, che annate eccessivamente celebrate agli inizi non sempre reggono lo scorrere delle lancette. Nulla di ossidativo, anzi. Restano in piedi le parti dure del vino, tra acidità agrumate nervose e tannini erbacei in fase di lenta integrazione.

Montefalco Sagrantino 2017 – vale l’inverso per la 2016 tanto celebrata. La 2017 venne ritenuta non perfetta, con troppa impazienza e a causa della presentazione alla stampa di numerosi campioni di botte. Dimostra certamente calore ed è difficile immaginarlo lontano da un congruo pasto pantagruelico, ma i tannini sono setosi e ben svolti.

Montefalco Sagrantino Fracanton 2013 – non convince appieno come la versione base. O meglio, riteniamo sia ancora in piena pubertà evolutiva. Dimostra carattere e forza, ma saprà contenersi nel futuro?

Montefalco Sagrantino Fracanton 2015 – immenso. Vigne coltivate con tecniche biodinamiche, fermentazione prolungata con lieviti autoctoni in giare di terracotta aperte con affondamenti giornalieri manuali del cappello e macerazione post fermentativa per 5 mesi. Sosta minimo 5 anni in botti vecchie di rovere di Slavonia con travasi. Il vino così ottenuto viene imbottigliato senza filtrazione né aggiunta di solforosa.

Ci sarebbero mille incognite nella riuscita di un simile prodotto, eppure ha stoffa da vendere, declinato su un’intera gamma di nuance boschive dalla mora selvatica al gelso per finire su humus e note terrose. Bocca vibrante come un diapason azionato a mano, con ricordi di ribes rosso e iodio in chiusura.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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