Giovannino Guareschi sosteneva che i personaggi di Don Camillo e Peppone glieli avesse suggeriti “la Bassa” pianura padana, chiaro esempio delle mille contese o campanilismi italici. Capita poi che, in tali dispute, due paesini confinanti e contrapposti da bricchi (collinette morbide) diversi, possano sotterrare l’ascia di guerra e decidere di unire le forze per affrontare insieme le sfide del futuro. La nostra fotografia si ferma al 1959, quando nasce Vinchio Vaglio, attuale marchio della storica Cantina Sociale di Vinchio – Vaglio Serra e Z.L. scarl.
Un bellissimo scorcio dei “bricchi” del Monferrato
Ai tempi non esisteva nulla, se non poche strade e mal attrezzate, dove viaggiavano carri spinti da animali per trasportare le uve appena vendemmiate e le botti di vino. Un gruppo di 19 viticoltori dei borghi di Vinchio e di Vaglio Serra si radunano sulla propria linea di demarcazione, fondando il primo corpo aziendale in territorio neutro, giusto per non scontentare nessuno. Il successivo incontro con Giuliano Noè, guru dell’enologia piemontese e nominato affettuosamente “barberologo” dagli addetti del settore, è stato metaforicamente il classico faro nella notte per guidare gli avveduti soci verso le luci della ribalta. Dove la gramigna è vista con occhio benevolo è il motto di chi produce per conto della cantina sociale; significa l’apprezzamento per i vecchi filari, preservati dagli espianti e coltivati con cure amorevoli per offrire quel qualcosa in più ai vini.
Fino agli anni ’80 del secolo scorso si produceva quasi tutto sfuso, talmente buono ed apprezzato da raggiungere cifre da record ancora imbattute alle aste di vendita. Adesso la compagine si è ampliata, raggiungendo le 197 unità per complessivi 480 ettari vitati, con 35 referenze tra le quali una linea per le Barbera più gioviali ed economiche e le selezioni da appezzamenti vocati e piante vetuste. Questo è stato possibile, con grande sacrificio, perché i proprietari dei terreni vengono ricompensati ad ettaro e non a quintale, azzerando quasi il rischio ed i costi di annate meno abbondanti. Piccole realtà da meno di 2 ettari per famiglia, che fanno da presidio al territorio, abbellendolo e limitando l’avanzare dei boschi e delle monocolture. Non per niente le colline del Monferrato sono state elette Patrimonio Unesco anche per la biodiversità garantita dalla mano dell’uomo.
Terreni compositi, misti tra sabbie marine, argille grigie e rosse, tufi e marne. Rese bassissime in vigna per le selezioni storiche, appena 50 quintali per ettaro. Sacra l’attenzione per il turista, con tour e momenti dedicati tra degustazioni, merende sui prati e l’utilizzo dei “nidi della Barbera”: costruzioni ovali composte da fascine di legno, poste lungo sentieri naturistici di incredibile bellezza.
Qui è possibile passeggiare nella Riserva naturale della Val Sarmassa, dimenticando per un breve istante i pensieri affaticanti della routine quotidiana. Dopo tanto camminare è il momento ideale per dedicarci alla degustazione tecnica proposta da Lorenzo Giordano, Presidente della cooperativa e da Tessa Donnadieu responsabile commerciale per l’estero. Un doveroso grazie anche a Maddalena Mazzeschi per aver curato alla perfezione ogni particolare della nostra visita. Ci guida negli assaggi l’enologo Giuseppe Rattazzo che ha preso il posto di Giuliano Noé.
Barbera d’Asti Docg 2020 Vino Biologico – l’orgoglio di casa Vinchio Vaglio, realizzato anche per merito di un clima ormai caldo ed asciutto che allontana problemi di peronospora e marciume di cui la Barbera soffre. Vinifica in acciaio con 7 giorni di macerazione pellicolare e successivo riposo in contenitori di cemento. Semplicità e sapore, a patto di non essere schizzinosi con alcune note burbere ed erbacee del varietale. A mio avviso molto aderente alla tipologia ed al territorio. Ciliegia succosa, chiodi di garofano ed un tocco di garrigue che non guasta.
Barbera d’Asti Superiore Docg 2019 I Tre Vescovi – dedicato al punto di giunzione tra i vescovadi di Acqui Terme, Alessandria ed Asti è il vino emblema della cantina. Mentre la 2020, vedremo in altre etichette, è maggiormente performante, la precedente ha dato qualche sorpresa in negativo. Minor struttura e spalla acida, fondamentale per donare pronta beva. Sosta in botti di rovere di varie dimensioni: si osservano toni evoluti da speziatura scura, prevalente sul frutto, con un finale sapido.
Barbera d’Asti Docg 2020 Vigne Vecchie 50 – presentato in occasione del cinquantennale, lavora solo in inox e cemento come per il biologico. Buonissimo ed espressivo, ampiamente oltre i 90 centesimi in termini di punteggio con possibilità di migliorarsi ulteriormente. Vigne di almeno 50 anni di vita allevate a guyot. Finale balsamico, unito a ricordi di marmellata di visciole, mirtillo nero e liquirizia.
Nizza Docg 2019 Laudana – dai crinali rivolti verso Mombercelli, è un vino possente, avvertibile fin dalla nota calorica iniziale. Conferma l’annata interlocutoria per l’areale, con piogge e frescure in momenti nefasti per la corretta maturazione delle uve. Chiude ematico, su note di fave di cacao.
Barbera d’Asti Superiore 2017 Vecchie Vigne – etichetta nata nel 1987, in pieno uragano metanolo, quando Vinchio Vaglio decide di rivoluzionare i metodi di coltivazione censendo con precisione le vigne agée delle migliori esposizioni. Un ragazzo nelle sue eterne nuance da ciliegia ed arancia sanguinella. Vira succoso verso pesca sciroppata ed albicocche mature. Tannino presente, palpabile, un miracolo ottenerlo di questa finezza da una varietà conosciuta per averne in dotazione pochi e rustici. Assaggiato in una commovente 2011 ancora vivida, fresca ed avviluppante, in grado di cancellare ogni preconcetto sulla resistenza della Barbera allo scorrere del tempo.
Nizza Docg Riserva Sei Vigne Insynthesis – mini verticale per questa versione modernista, da vecchi appezzamenti e quattro anni tra barriques nuove e vetro. Cominciamo dalla 2016 verdeggiante, con amarene succose ed opulenze gustative di parvenza boisé. Ha lustri in prospettiva. La 2011 è fuori concorso, semplicemente straordinaria come per la coetanea del Vecchie Vigne. Il terziario diventa riverbero salino, quasi ferroso, chiudendo su tabacco scuro e pepe nero in grani. La 2004 infine è un vino di puro cuore, incredibilmente scattante. Se gli dai tempo, lui ti ripaga con dell’ottimo tempo.
Le proposte dell’osteria “Terzo Tempo” ad Asti
Chiudiamo i sipari con una digressione sulla cucina di quest’angolo di Piemonte. Si beve bene e si mangia meglio, con i classici piatti che vanno dalla battuta di carne razza Fassona, alle acciughe in bagnèt, passando per i tajarin ai 40 tuorli con i sughi della tradizione e concludendo con il coniglio alle olive per la vicinanza con i confini liguri. Senza scordare la bravura nei formaggi ed il bonet a fine pasto, una sorta di budino al cioccolato con amaretti sbriciolati. In questo, non soltanto nel campanilismo, l’Italia è davvero imbattibile.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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